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PD ora chiede governo con M5S: “Molliamo Berlusconi”

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ROMA (WSI) – Segretario della rifondazione, anzi reggente a tempo. Incalzato dal Movimento 5 stelle sull’inellegibilità di Silvio Berlusconi condannato, accusato di tradimento dalla base più vicina a Sel per l’appoggio al Governo di larghe intese, atteso dal Congresso di ottobre, il Pd è nel limbo. Inutili, ad oggi, i tentativi di accordo fra le varie componenti su una candidatura unitaria per la segreteria. Sullo sfondo, il difficile rapporto con il governo Letta, il vicesegretario: molti vedono all’orizzonte (o auspicano?) il ripetersi della fine del governo Prodi, nel 2007, con l’ascesa di Veltroni alla segreteria.

Finalmente qualcosa di sinistra: documento “Molliamo Berlusconi”

Colei che si era definita la piu’ grillina del PD e la piu’ Pieddina del Movimento 5 Stelle ha preparato un documento con il quale intende spingere la dirigenza a rinnovarsi, ribaltando i piani di governo di largh intese, per riconquistare l’elettorato della fascia piu’ vicina alla sinistra e piu’ anti berlusconiana.

Laura Puppato, ex candidata alle primarie per la leadership del partito, vuole convincere i ribelli guidati da Pippo Civati e dai prodiani a dare una nuova forma al Pd con due elementi cardine: l’antiberlusconismo e una alleanza di governo con Cinque Stelle e Sel. L’impressione e’ che sia pero’ troppo tardi per fare marcia indietro.

Nel documento che sarà presentato all’assemblea alla Fiera di Roma si legge chiaramente che l’idea del nuovo Pd dell’asse dei ribelli passa dalla ineleggibilità di Berlusconi ad un governo con Grillo.

Non è il Governo del Pd, nessuna pacificazione con il Cavaliere

I Giovani turchi chiedeno a gran voce un Pd “leale ma autonomo” e dalle pagine de La Stampa Rosi Bindi assesta una spallata poderosa al Governo Letta:
“Noi dobbiamo sostenere con lealtà il governo ma sapendo che non è il governo del Partito Democratico; io, personalmente, farò quanto possibile: ma il Pd che ho in testa – e non credo di essere la sola – è un partito alternativo alla destra”. E ancora: “L’idea che è giunto il tempo di una ‘pacificazione’ col berlusconismo è irricevibile: vent’anni di storia non si cancellano così”.

Ultima chiamata

Bindi aveva già manifestato pubblicamente il suo dissenso al momento di votare in Parlamento il Def: “Se sostenere insieme al Pdl il governo Letta significa riscrivere la storia per assolvere Berlusconi dalle sue responsabilità politiche, sarà l’ultima volta che mi adeguerò alle indicazioni del gruppo”, aveva detto.

AAA cercasi segretario

Già, ma intanto chi deve guidare il Pd dopo Bersani? “Abbiamo bisogno di un segretario al quale non si possa attribuire la responsabilità della situazione nella quale ci troviamo, un uomo o una donna – dice Bindi – che non venga dal gruppo dirigente che ha fatto tanti errori, altrimenti tanto vale chiedere Bersani di restare fino al Congresso”.

Ritorno al futuro

L’altro rischio che denuncia Bindi è la tentazione di tornare al Pds: “Non vorrei che quanto accaduto faccia nascere nella componente Ds – che non ha mai vinto – la convinzione che sfumata quest’occasione, occorra rifare un partito di sinistra, che si rassegni e si accontenti, magari, di gestire una qualche forma di consociazione”.

Qualcosa di sinistra

E invece no, sostiene a caratteri cubitali Il Manifesto: servirebbe proprio “qualcosa di sinistra”. Difficile che arrivi da un partito che “sabato eleggerà un leader, ma poi ne cercherà un altro. Attento a non minare la strada già in salita del governo Letta. Una posizione unitaria c’è, nel Pd – ironizza il Manifesto – finché non si prendono decisioni. Quindi evitare accuratamente di prenderne, finché è possibile. È la sintesi della riunione di ‘caminetto’ del Pd che ieri al Nazareno doveva preparare per l’assemblea di sabato una posizione unitaria per lo spappolato gruppo dirigente democratico, almeno per evitare l’ennesima messa in onda delle divisioni interne”.

Ma una soluzione o un nome non si sono ancora trovati.

Il Campo

Guarda a sinistra anche Goffredo Bettini, che lancia l’idea di un nuovo partito a sinistra, che potrebbe chiamarsi ‘Il Campo’,”proprio per dare l’idea di una cosa nuova e aperta”, un “nuovo soggetto politico di tutta la sinistra e di tutti i moderati che guardano a sinistra. Non solo una semplice sommatoria tra Pd e Sel, ma molto di più, una casa comune nella quale possano trovare posto tutti coloro che in questi anni ci hanno consentito di vincere le ultime
elezioni amministrative”, spiega a La Stampa.
Nel frattempo, il reggente ideale potrebbe essere l’esperto Piero Fassino.

Renzi, batti un colpo

Stefano Menichini, su Europa, chiama fuori Matteo Renzi: basta tatticismi, “per averci visto prima e meglio, Renzi deve farsi carico dei destini del Pd, senza rinviare l’assunzione di una responsabilità esplicita, chiara, diretta. E deve farlo… adesso!

Questo non significa necessariamente proporsi per la segreteria, tanto meno se si tratterà di una reggenza in vista del congresso.
Significa però prospettare fin da domani un percorso certo, onesto, di affiancamento e non di intralcio col governo Letta, in vista di una candidatura alla leadership che non potrà aggirare il macigno della rifondazione del Pd: piaccia o non piaccia, statuto o non statuto, la via da Firenze a Palazzo Chigi passa dal Nazareno”.

I nomi per sabato

All’assemblea di sabato accanto ai nomi di Piero Fassino, Anna Finocchiaro o Sergio Chiamparino cercano di decollare quelli di Cuperlo o Martina e del capogruppo alla Camera, Roberto Speranza, che potrebbe contare sull’appoggio dell’ala bersaniana e di Areadem che hanno numeri pesanti in assemblea. Ma non fanno salti di gioia, all’idea, i dalemiani e i giovani turchi (“sarebbe meglio restasse a fare il capogruppo”, dice Silvia Velo).

Resa dei conti

Il rischio caos in Assemblea sembra dietro l’angolo. E nella discussione i ‘ribelli’ Dem sono pronti a portare il tema delle larghe intese.
Laura Puppato, una tra i tanti che hanno mal digerito l’alleanza di governo con il Pdl, porterà sabato un documento che rivendica la centralità del ruolo del Parlamento e chiede che la sua azione sia svincolata da quella del governo ipotizzando, di fatto, maggioranze variabili sui provvedimenti e un dialogo con l’opposizione di Sel ed i Cinque Stelle.

Una mina sulla strada del futuro segretario e, soprattutto, su quella del premier Enrico Letta.

PdL guadagna quasi un punto nei sondaggi, M5S scende al 22%

Il Pdl guadagna quasi un punto (+0,8%) in una settimana e si conferma primo partito nelle intenzioni di voto con il 27,6 percento dei consensi. In lieve crescita il Pd (+0,2%) al 24 per cento, mentre perde quasi due punti (-1,9%) il Movimento 5 Stelle, che si attesta al 21,8 percento. E’ quanto emerge da un sondaggio realizzato dall’Istituto Swg in esclusiva per Agora’, su Rai Tre.

Calano Scelta Civica (-0,3%) e Sel (-0,2%), rispettivamente al 5,4 e al 4,9 percento, mentre cresce leggermente (+0,3%) la Lega Nord, che si attesta al 4,5 per cento. Perde qualcosa (-0,3%) l’Udc, all’1,7 per cento, mentre Fratelli d’Italia-Centrodestra nazionale guadagna piu’ di mezzo punto (+0,6%) attestandosi all’1,8 percento.

“E’ sorprendente la tenuta del Pd – ha osservato Roberto Weber, presidente dell’Istituto Swg – dovuta probabilmente alla generosita’ del suo elettorato. L’incrinatura del Movimento 5 Stelle inizia a diventare significativa”.
(Agenzie)