Società

Francia: finanziare cultura con tassa su tablet e cellulari

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PARIGI (WSI) – La Francia si appresta a varare una tassa su tablet e telefonini per finanziare la produzione culturale. Dovrebbe essere questa la novità più importante contenuta nel rapporto – 75 proposte e 2,3 chilogrammi – che Pierre Lescure presenterà lunedì 13 maggio al presidente François Hollande, dopo 10 mesi di lavoro. Lescure, giornalista, manager, fondatore di Canal Plus e da cinque anni direttore del Théâtre Marigny, ha ricevuto dal governo il compito di mettere al passo con i tempi l’«eccezione culturale», cioè l’idea difesa per la prima volta dalla Francia durante i negoziati dell’Uruguay Round (1993) che i prodotti culturali non possano essere considerati una merce come le altre.

IL RAPPORTO – Hollande e la ministra della Cultura, Aurélie Filippetti, avevano chiesto a Lescure di fornire raccomandazioni per affrontare la rivoluzione digitale con criteri meno repressivi rispetto a quelli del predecessore Nicolas Sarkozy, fautore della legge Hadopi e dello «staccare la spina» al terzo download illegale. Il rapporto Lescure in effetti non prevede più l’interruzione del servizio ma una multa (probabilmente di 140 euro) per chi scarica illegalmente film libri o musica, e soprattutto introduce la proposta di finanziare l’industria culturale francese con una tassa sull’hardware: i giganti Apple, Samsung, Google, Amazon e gli altri produttori di tablet e telefonini saranno chiamati a contribuire.

Secondo le anticipazioni del Figaro, Lescure sostiene che molti utenti esitano ancora a comprare legalmente un album a 9,9 euro mentre sono pronti a spendere da 300 a 800 euro per iPad o smartphone: i consumatori li compreranno comunque, immagina, se qualche euro in più andrà a sostenere il cinema, la musica o le case editrici francesi. Una scommessa senza precedenti al mondo, che se confermata dovrà passare al vaglio del presidente della Repubblica e del Parlamento.

L’«ECCEZIONE CULTURALE» – La ministra Filippetti, in un’intervista di qualche mese fa al Corriere, aveva già sostenuto l’attualità dell’«eccezione culturale»: «Sono convinta che lo Stato debba intervenire per sostenere la creazione. Non è vero che i prodotti culturali sono come gli altri. Le leggi del mercato hanno difficoltà a funzionare in generale, come si vede, figurarsi nella cultura». Filippetti sosteneva il principio che «chi fa profitti distribuendo i contenuti (come Google, Apple o Amazon, ndr) deve contribuire a finanziarne la creazione». Quel principio viene ora applicato anche a chi fabbrica gli apparecchi (telefonini e tablet) che servono per godere di quei contenuti.

Il contenuto di questo articolo, pubblicato da Il Corriere della Sera – che ringraziamo – esprime il pensiero dell’ autore e non necessariamente rappresenta la linea editoriale di Wall Street Italia, che rimane autonoma e indipendente.

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