ROMA – Il problema è sempre lo stesso, trovare le coperture e far quadrare i conti. Per questo il Consiglio dei ministri di oggi dovrebbe prorogare fino a dicembre di quest’anno soltanto il bonus del 55% per gli interventi che migliorano l’efficienza energetica delle case, in scadenza alla fine di giugno.
Mentre, nonostante le pressioni e i tentativi di mediazione, non dovrebbe essere rinnovato il bonus per le ristrutturazioni semplici, quello sgravio del 50% richiesto a gran voce dal settore dell’edilizia, anche questo in vita fino a giugno. Dovrebbe restare ferma anche un’altra misura allo studio, l’incentivo per l’acquisto di cucine e mobili da parte delle giovani coppie al quale sta lavorando il ministro per le Infrastrutture Maurizio Lupi.
Per il momento sono stati trovati solo gli 80 milioni che servono per il bonus sull’efficienza energetica. Un incentivo che, negli ultimi tre anni, è stato utilizzato da quasi un milione e mezzo di famiglie per interventi che riducono i consumi di energia, come l’istallazione di nuovi infissi o di una caldaia a basso consumo, e che hanno creato 50 mila posti di lavoro l’anno.
Per coprire anche le ristrutturazioni semplici, ad esempio chi rifà il bagno senza migliorare l’impatto ambientale dell’appartamento, bisognerebbe trovare altri 120 milioni solo per gli ultimi sei mesi di quest’anno. Per il bonus giovani coppie forse ne servirebbero ancora di più. Ma per il momento niente da fare. Anche perché a frenare la caccia ai soldi per il bonus è arrivato il richiamo di Enrico Letta.
Il presidente del Consiglio chiede di dare la precedenza assoluta ai 2 miliardi di euro che si devono trovare subito per fermare l’aumento dell’Iva previsto per l’inizio di luglio. I tempi sono stetti, i soldi pochi ed è su questo obiettivo, per nulla scontato, che il governo ha deciso di concentrare gli sforzi. Di tutto il resto si parlerà dopo.
Il bonus sull’efficienza energetica, però, non si poteva fermare. Proprio su questo tema l’Italia ha subìto una procedura d’infrazione europea per non aver attuato una direttiva comunitaria.
Quel provvedimento prevede, tra l’altro, che debbano essere a consumo zero tutti gli edifici italiani, quelli pubblici entro il 2019, quelli privati entro il 2021. Obiettivo ambizioso con il bonus e impossibile senza, per il nostro disastrato patrimonio edilizio. E, visto che proprio dall’Europa dovrebbe arrivare una parte dei soldi per gli altri interventi in cantiere del governo, a partire da quelli sul lavoro, è importante applicare la direttiva e chiudere prima possibile la procedura d’infrazione.
Proprio dell’importanza del bonus energetico, del resto, aveva parlato il ministro per lo Sviluppo economico Flavio Zanonato nel suo intervento all’assemblea di Confindustria. Una lunga lista di impegni precisi che però in alcuni casi hanno un costo anche elevato.
Non c’è solo un nuovo intervento sulle liberalizzazioni, il potenziamento del fondo centrale di garanzia per favorire l’accesso al credito da parte delle imprese e il rafforzamento delle procedure per saldare i debiti arretrati della pubblica amministrazione con un ruolo più forte della Cassa depositi e prestiti.
Zanonato ha detto anche di voler abbassare la soglia minima per defiscalizzare le grandi opere infrastrutturali: «Oggi – ha spiegato dal palco dell’auditorium di Roma – si applica solo agli investimenti superiori ai 500 milioni di euro e quindi riguarda una decina di casi. Noi vogliamo ridurla a 50 milioni di euro, allargando in modo sensibile la platea delle opere beneficiate».
Un intervento che potrebbe aiutare il settore delle costruzioni e anche avere un impatto sul Pil. Ma che, come ogni bonus fiscale, ha bisogno di una copertura ancora tutta da studiare. E prima di aprire la pratica c’è da risolvere il rebus Iva.
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