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Mercati emergenti, semaforo rosso ma ancora per poco

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NEW YORK (WSI) – Sono considerati un ottimo investimento nel lungo periodo, ma nel breve gli analisti guardano ai mercati emergenti con grande cautela. E’ sufficiente dare uno sguardo all’andamento del MSCI Emerging Markets Index per capire per aria tira: a fronte di un rialzo del 16% di guadagni segnato dallo S&P 500 da inizio anno, l’indice che misura la performance dei mercati emergenti ha segnato un calo del 4,7%. Anche l’Europa, in piena recessione, ha fatto meglio: da gennaio il MSCI Europe ha mostrato guadagni del 7%.

Quali sono i motivi alla base di tanto pessimismo? Se si cerca la risposta nell’andamento della crescita delle economie, si avrà – dicono gli esperti – solo una parte della verità. La ragione principale perché gli acquisti si stanno concentrando nella parte occidentale dell’emisfero si deve principalmente alle politiche di stimolo monetario della Fed e della Bce, nettamente più espansive rispetto a quelle messe in atto nei paesi emergenti. In questo quadro, l’indice diventato agli occhi degli analisti più attraente in assoluto è lo S&P 500.

“Nel breve termine, la liquidità è concentrata negli Stati Uniti e qualche mercato emergente sta beneficiando delle politiche espansive della Fed” fa notare Nicolas Jaquier, economista di Standard Life Investment, specificando che nel lungo termine le prospettive degli emerging markets restano brillanti per via del basso debito, tassi di crescita superiori a quella dei paesi occidentali. Ma nel breve la sua view resta negativa. “Le politiche si quantitative easing sono appena iniziate in Giappone. Ed è nel mercato nipponico che gli investitori inizieranno a investire, complice un calo dei tassi di interesse. Finora, l’asset che nei BRIC è risultato più attraente è stato quello obbligazionario per via dl differenziale tra gli spread sul debito sovrano rispetto ai T-bond americani”. Per quanto riguarda l’azionariato, la musica è diversa. Provar a far entrare gli investitori nei mercati emergenti, alla luce delle recenti performance, è diventata – per i gestori di fondi – un’impresa sempre più ardua. E ciò nonostante un futuro le cui prospettive appaiono solide.