ROMA (WSI) – Time out. Almeno fino ad ottobre il temuto aumento dell’Iva dovrebbe essere scongiurato. In attesa di arrivare poi a definire fra tre mesi anche la partita dell’Imu sulla prima casa, tornando a farla pagare solo ai più ricchi e lasciando definitivamente al 21% l’imposta sul valore aggiunto che grava sui beni di più largo consumo.
Con una copertura finanziaria intessuta soprattutto sfoltendo la giungla di agevolazioni fiscali, per contribuenti e imprese.
Che il Governo abbia deciso di non far scattare il 1° luglio l’aumento Iva lo ha fatto capire il Ministro della sviluppo economico, Flavio Zanonato. Che solo la settimana scorsa si era preso i fischi della platea di Confcommercio alzando le mani sulla copertura finanziaria e che ieri a incassato gli applausi dei commercianti di Confesercenti, dichiarando che «ogni strada sarà battuta evitare l’aumento».
«Il lavoro in questa direzione c’è», ha aggiunto, per ribadire che l’esecutivo è forse vicino a risolvere il cubo di Rubik che vede sempre più intrecciati i destini di Iva e Imu. Si perché rinunciare all’aumento della prima e disapplicare la seconda su tutte le seconde case costerebbe troppo: 8 miliardi l’anno. Trovarli ora non si può «ma ad ottobre non solo è il momento delle legge di stabilità ma è anche il periodo in cui si concludono le procedure per i nuovi fondi europei», ha chiarito il titolare del Lavoro Enrico Giovannini, facendo capire che una mano nelle coperture ce la darà l’Europa. Ma sicuramente non potremo tendere la mano più di tanto perché già abbiamo incassato qualche concessione per saldare i debiti della Pa. Per questo al palazzo dell’Economia hanno da tempo rispolverato tabelle e relazione della «Commissione Vieri Ceriani», quella incaricata da Berlusconi prima e da Monti poi di fotografare e sfoltire la giungla delle 720 agevolazioni fiscali delle quali beneficiano famiglie e imprese.
La fotografia c’è ma le forbici sono rimaste nel cassetto perché su 253 miliardi di sgravi tagliabili saranno si e no 3-4. Gli sconti che riguardano famiglia e lavoro sono quasi tutti blindati. Solo i primi valgono 21 miliardi mentre le detrazioni per lavoro dipendente pesano per ben 58 miliardi. Anche se qui qualcosa lavorando di bisturi si può sfoltire, sicuramente non tagliando le detrazioni per coniuge e figli a carico ma ad esempio innalzando le franchigie per spese minori, come quelle veterinarie o per i figli in palestra. Intoccabili sono i bonus fiscali che puntano alla semplificazione o a far emergere base imponibile.
Qualcosa si sta cercando di sfoltire negli oltre 60 miliardi di agevolazioni alle imprese, soprattutto quelli che non hanno prodotto effetti nè sull’occupazione, nè sugli investimenti. Il grosso dei tagli riguarderebbe però le agevolazioni sulle rendite catastali degli immobili e quelle sulla stessa Iva. Qui si sta cercando di mettere un po’ d’ordine tra i prodotti ad aliquota agevolata del 10% che tanto beni di prima necessità non sono. Alcuni di questi, come telefonini, tabacchi non lavorati, birra, spezie o cacao, per fare qualche esempio, potrebbero transitare al 21% e rendere meno onerosa la rinuncia all’aumento di un punto dell’aliquota ordinaria. Più un po’ di tagli alle agevolazioni fiscali e con il contributo di un altro po’ di fondi europei per l’Iva basta e avanza.
Ma c’è anche l’Imu sulla prima casa che vale altri 4 miliardi. Che potrebbero dimezzarsi. Da un lato esentando solo i proprietari con redditi Isee meno elevati e scontando un po’ l’imposta al restante 15%. Dall’altro prendendo come base imponibile anche per le seconde case i valori delle micro zone, censite dalle agenzie del territorio e molto più vicine al vero valore commerciale delle case rispetto alle rendite catastali. Poco più di tre mesi e vedremo come e se il cubo di Rubik sarà risolto.
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