ROMA (WSI) – Alert da Mediobanca. La seconda banca italiana ha riferito che “l’indice del rischio di insolvenza” relativo all’Italia sta lanciando segnali di allarme. Di fatto, in una nota pubblicata sul quotidiano inglese The Telegraph, Antonio Guglielmi, analista numero uno dell’istituto di Piazzetta Cuccia, ha detto “che il tempo sta per scadere” per la terza economia dell’Eurozona.
“La situazione macro italiana non è migliorata nel corso dell’ultimo trimestre, piuttosto il contrario”, ha detto Gugliemi.
L’Italia, “inevitabilmente finirà con il presentare una richiesta di aiuti all’Unione europea” a meno che non riesca a contare su un calo dei costi di finanziamento e su una ripresa più ampia” dei fondamentali dell’economia. Roma potrebbe essere così costretta a bussare alla porta di Bruxelles presto, entro sei mesi. Gugliemi fa notare come qualcosa come “160 grandi società italiane sono state costrette a ricorrere a una gestione speciale della crisi” che le ha colpite.
Il debito italiano, pari a 2.100 miliardi di euro, è il terzo più consistente dopo gli Stati Uniti e il Giappone. Basta qualsiasi stress che si riaffacci sui mercati per rinfocolare le tensioni in Eurozona. E tali stress si sono già manifestati, dopo che Ben Bernanke, numero uno della Fed, ha precisato che la Banca centrale americana potrebbe ritirare liquidità dai mercati a partire già da quest’anno.
I tassi sui BTP decennali italiani sono balzati di 100 punti base, al 4,8%, da quando la Fed ha iniziato a parlare di una tale possibilità, a partire dal mese di maggio.
Ma Mediobanca è preoccupata in modo particolare della differenza che si è venuta a creare tra i tassi dei titoli a breve termine (ovvero dei Bot) e quelli dei titoli di stato a lungo termine (BTP), che hanno una maturity che scade allo stesso tempo. I Bot che scadono il 31 luglio presentano infatti un rendimento pari allo 0,48%, mentre il BTP equivalente presenta un rendimenti dello 0,74%.
Nicolas Spiro, strategist del debito sovrano, ha detto che il “terrore del tapering” – ovvero della riduzione del Quantitative Easing – sta innervosendo gli investitori dell’Eurozona, tanto che anche i bond considerati beni rifugio come quelli svizzeri e tedeschi sono stati venduti pesantemente. Il rendimento decennale del Gilt inglese è balzato inoltre al massimo in due anni, al 2,53%.
I tassi sono balzati al 5,1% in Spagna, al 6,7% in Portogallo. Tale situazione sta provocando una seconda ondata di shock nei mercati obbligazionari societari, strozzando la ripresa. “La Banca centrale europea deve adottare misure molte aggressive per compesare tale (fenomeno) – ha detto Marchel Alexandrovich di Jefferies Fixed Income – stiamo assistendo a un sell off in tutti i mercati (dei bond). Se la Bce non agirà, tutti i guadagni (dei bond) a cui abbiamo assistito nell’arco degli ultimi nove mesi svaniranno nell’arco di due settimane”
In Italia, le pressioni sui titoli di stato hanno portato lo spread Italia-Germania a 10 anni a oscillare attorno a quota 300 punti base.
I dati economici non promettono nulla di buona e l’Italia sembra essere destinata ad assistere non alla contrazione del debito, ma piuttosto a un suo rialzo fino al 144%, come ha avvertito la Banca dei regolamenti internazionali.
Mediobanca e’ convinta che a far esplodere la crisi in Italia potrebbe essere un eventuale piano di salvataggio per correre in aiuto della Slovenia o un peggioramento della situazione in Argentina, che rischia di tornare sull’orlo del default.
A preoccupare gli analisti finanziari e’ in particolare Buenos Aires, che ha stretti rapporti industriali con l’Italia e dove uno scenario di default e’ sempre piu’ realistico.
La produzione industriale italiana e’ calata del 25% dai massimi toccati il decennio scorso, mentre il reddito e’ sceso del 9% e le vendite di case sono scivolate ai livelli visti nel 1985, quasi 30 anni fa.
Rispetto al 1992, quando l’Italia ha evitato il peggio, ‘la camicia di forza dell’euro non offre la stessa flessibilita’ valutaria oggi. Con la svalutazione della lira l’Italia e’ riuscita a sgonfiare il debito, una cosa che non puo’ piu’ fare ora”.
Ci potrebbero volere piu’ di 10 anni per tornare a livelli di produzione pre-crisi.