MILANO (WSI) – Ventisei cantoni, 2.400 comuni, quattro lingue ufficiali (tedesco, francese, italiano, romancio e alcune minoranze linguistiche), religioni diverse e un tempo, gli antenati degli Svizzeri di oggi, si sono fatti pure la guerra. Sembra l’Europa in piccolo, ma è la Svizzera.
La Federazione attuale si basa su una coesione molto forte della popolazione e uno dei pilastri della solidarietà politica dei cittadini svizzeri è quello della democrazia diretta: la popolazione può dire la propria – nel vero senso della parola e non solo per esprimere un parere – dal livello amministrativo comunale fino alle decisioni cantonali e federali. Possono proporre e decidere anche modifiche della costituzione e delle leggi.
I cittadini svizzeri vanno alle urne in media ogni tre mesi per decidere su questioni che possono andare dal tipo di pavimentazione di una città e dei suoi costi, alla necessità di ammodernare delle infrastrutture di trasporto, ai diritti civili delle coppie omosessuali, al prefissare un limite alle retribuzione dei manager.
Insomma i cittadini esercitano un ruolo attivo nell’amministrazione e nella politica e questo aspetto modella la struttura federale in una maniera unica al mondo: non esiste una contrapposizione governo (consiglio federale) e opposizione. I rappresentanti politici dei maggiori partiti, nominati dal parlamento, governano in modo collegiale e lavorano per cercare un consenso della popolazione.
E l’opposizione? Siamo noi – si sente dire spesso dai cittadini svizzeri. Possiamo intervenire su tutto e senza il nostro consenso non succede nulla.
Lo scorso 9 giugno si è votato in Svizzera su due temi: regolamentazione più restrittiva del diritto d’asilo politico e nomina diretta dei membri del governo. I cittadini hanno approvato il primo tema, il sentimento popolare è stato: maglie troppo larghe nel sistema in cui si insinuano richiedenti non adeguati. E hanno respinto il secondo tema: poca chiarezza sul tetto di spesa in campagna elettorale e pericolo di vittoria dei candidati e dei partiti più ricchi. Meglio che sia il parlamento a nominare l’esecutivo.
I processi decisionali in Svizzera, a causa di questo meccanismo, sono spesso più lenti – dice il cancelliere dello stato del Canton Ticino Giampiero Gianella – ma alla fine, presa una decisione, la stabilità è garantita.
Molti studi su questo sistema di democrazia – prosegue il cancelliere Gianella – hanno messo in evidenza uno stretto rapporto tra partecipazione alle consultazioni e buoni risultati economici del territorio. Dato che i cittadini, esprimendosi anche su temi economici e finanziari, alla fine esercitano un controllo della spesa pubblica.
Tuttavia – conclude il cancelliere del Canton Ticino – i territori non sono in competizione e non esistono recriminazioni se un Cantone produce un Pil superiore rispetto a un altro. Un sistema di perequazione garantisce la redistribuzione della ricchezza. E l’organizzazione così com’è non è messa in discussione, perché quello che conta è la forza della Federazione nel suo complesso.
Ancora una volta viene da pensare all’Europa. A come potrebbe essere.
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