BUENOS AIRES (WSI) – Le statistiche ufficiali diffuse dall’Istituto Nazionale argentino (INDEC) hanno potenziato le prospettive di pagamento dei buoni legati alla crescita economica segnalando un aumento del Prodotto Interno Lordo (PIL) del 3% nel primo trimestre dell’anno. La notizia ha influenzato in maniera significativa i prezzi dei buoni, cresciuti di oltre il 10% in pochi giorni. Secondo l’agenzia di consulenza argentina ‘Ecolatina’, però, «paradossalmente, l’entusiasmo del mercato si basa sulla sovrastima dell’indicatore ufficiale delle attività, mentre secondo i nostri calcoli la crescita del PIL nei primi tre mesi dell’anno è stata nulla».
Secondo i dati diffusi dall’Indec, alla base della crescita del PIL nel primo trimestre ci sarebbe un aumento dei consumi attestabile al 6,1%, ma anche in questo caso esistono studi alternativi secondo cui i consumi non solo non sarebbero cresciuti ma, anzi, in alcune voci sarebbero addirittura in negativo.
Nell’analisi settoriale, le proiezioni relative alla produzione di beni sembrano riflettere la realtà ma, secondo gli specialisti di ‘Ecolatina’, l’importante espansione dei servizi, al 5,4%, sarebbe quanto meno sospetta, soprattutto in comparazione con il miglior trimestre del 2012, periodo in cui le cose andavano decisamente meglio e i servizi avevano raggiunto quota 6,5%.
L’ottimismo percepito dagli investitori nei primi mesi dell’anno, quindi, si sposta al futuro; per raggiungere il livello di crescita che innesca il pagamento dei buoni, fissato al 3,22%, il PIL ufficiale dovrebbe crescere al massimo del 2,8% in quel che resta del 2013. Una possibilità assolutamente verosimile, considerando che andrebbe comparata con il peggio del 2012.
Ora, secondo le proiezioni di ‘Ecolatina’ l’economia, nel migliore dei casi, crescerà nel 2013 del 3% al massimo, ovvero ben al di sotto della quota limite per il pagamento dei buoni. Il vero problema è che l’unico valore di riferimento a fare testo è quello diffuso dall’Indec, che con tutta probabilità sarà superiore al fatidico 3,22%.
La parzialità dei rilevamenti dell’Istituto nazionale di Statistica, del resto, non è affatto nuova ed è stata al centro di una polemica con il noto settimanale inglese The Economist, che già nel 2011 chiedeva che le stime diffuse dall’istituto non venissero prese in considerazione. La differenza, in questo caso, è che una sovrastima dei livelli di attività economica potrebbe fare la differenza, per il Governo, tra l’affrontare o meno un salato pagamento addizionale.
Lo sforzo dell’esecutivo per mostrare una crescita maggiore, insomma, si presenta come un’arma a doppio taglio: se è vero che potrebbe essere conveniente dal punto di vista politico, d’altro canto potrebbe comportare un alto costo fiscale.
Il superamento del tetto del 3,22% previsto per il 2013, infatti, implicherebbe un aumento delle scadenze in moneta straniera attestabile sui 2,8 miliardi di dollari da pagare nel 2014. Il ministero dell’Economia, dal canto suo, ha già reso noto che prevede un aumento delle attività pari al 4,4% e, di conseguenza, che ci sarà anche il pagamento dei buoni. Questa è la ragione principale per cui i risparmiatori continuano ad acquistarli in massa, nonostante i tanti dubbi.
Il Governo, inoltre, calcola di poter recuperare circa 2,5 miliardi di dollari attraverso il Certificato di Deposito per Investimenti (CEDIN), il nuovo strumento di pagamento emesso in sostituzione dei dollari detenuti all’estero o in patria ma non dichiarati, che secondo i piani della Casa Rosada dovrebbe essere una sorta di via di mezzo tra il peso il dollaro.
Il Cedin, vera e propria sanatoria sui capitali in dollari che ha l’obiettivo di fermare l’emorragia di riserve ufficiali del Paese, nei piani della Casa Rosada dovrebbe anche riattivare il mercato immobiliare, paralizzato dai blocchi sui cambi di valuta applicati dall’esecutivo nel corso dell’ultimo anno.
Secondo l’analista finanziario Rodrigo Álvarez “è difficile pensare che il meccanismo di pagamento dei buoni nel 2014 non scatti”. Per Álvarez, infatti, l’unico modo per tenere la crescita al di sotto del 3,2% sarebbe che “l’Indec ritocchi i dati in negativo già dalla stima prevista per il prossimo agosto”, dato che però viene reso pubblico solo in ottobre, lo stesso mese in cui avranno luogo le elezioni legislative.
Appare difficile, quindi, che l’istituto emetta un dato negativo in un momento così delicato, in cui l’esecutivo gioca la complessa partita della rielezione. “È difficile – aggiunge Álvarez – ma con l’economia creativa non è impossibile”. I principali elementi che frenano la crescita, sempre secondo l’analista, sono “il cambio di umore degli investitori rispetto ai Paesi emergenti, che colpisce l’Argentina indirettamente attraverso il Brasile” e “il rischio latente di una nuova risalita dei prezzi del dollaro non ufficiale”.
Prima delle già menzionate elezioni di ottobre, inoltre, il Governo presenterà il suo nuovo indice di misurazione dell’inflazione, chiamato Indice dei Prezzi al Consumatore Nazionale (IPCN). Lo strumento dovrebbe permettere all’esecutivo di evitare una sanzione da parte del Fondo Monetario internazionale (FMI) sostituendo l’attuale indicatore, censurato ufficialmente dall’Fmi lo scorso primo febbraio per la sua scarsa qualità. In quell’occasione il Board diede tempo all’Argentina per correggere il tiro fino al prossimo 29 settembre, data in cui i tecnici del Fondo si riuniranno per rianalizzare il caso.
L’idea del Governo, ad ogni modo, è di far coesistere i due indicatori per non destabilizzare il valore dei Buoni di Stato, scelta, anche questa, che potrebbe rivelarsi pericolosa: la mozione di censura del fondo Monetario, infatti, rappresenta il primo passo verso sanzioni ben più pesanti. L’ennesima grana per l’esecutivo guidato da Cristina Kirchner.
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