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Wall Street, effetto Fed: Dow sotto quota 15.000

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NEW YORK (WSI) – Alcuni membri della Federal Reserve giudicano che sia giunto il momento di rallentare il programma di stimoli all’economia americana. Lo si legge nei verbali dell’ultima riunione dell’Fmoc, le famose “minute”. “Alcuni membri del Federal Open Market Committee suggeriscono che potrebbe presto giungere il momento di rallentare il ritmo” di acquisto di titoli di stato, strumento attraverso il quale la Fed immette denaro nell’economia Usa.

Stante la quasi certezza che il momento di uno stop agli stimoli Fed si avvicina e quindi i tassi Usa volgeranno al rialzo, la seduta non e’ facile per il mercato azionario americano.

Alla chiusura, Dow Jones -0,70% a 14897, Nasdaq -0,38% a 3600. Tassi sul Treasuries a 10 anni in netto rialzo e sui massimi in due anni, al 2,896%. Nuovo record anche per il bond a 30 anni a 3,924%. Il Dow ha chiuso in negativo nelle ultime 11 sessioni su 13.

Secondo il comunicato, i governatori del FOMC (Federal Open Market Committee) della Federal Reserve nell’ultima riunione che si e’ tenuta a Washington il 30-31 luglio, “si sono detti ampiamente d’accordo con il piano del Chairman Ben Bernanke di cominciare a ridurre l’acquito di bond nel corso dell’anno se l’economia migliora, con alcuni governatori a favore di un intervento piu’ rapido”, si legge nelle minute.

“Quasi tutti i membri del comitato sono stati d’accordo sul fatto che un cambiamento nel programma di acquisto di titoli di stato Usa non e’ ancora appropriato” e “alcuni hanno detto che potrebbe venire presto il momento di rallentare in parte l’ammontare di acquisti stabiliti nel piano”.

Non c’e’ unanimita’ dunque, visto che alcuni governatori hanno sottolineato l’importanza di essere pazienti prima di decidere di ridurre il programma da 85 miliardi di dollari al mese di stimoli all’economia. Tuttavia, i membri del FOMC, concordano sul fatto che il programma di stimoli dovra’ essere limato entro la fine dell’anno, per poi cessare completamente entro la meta’ del 2014, a condizione pero’ che l’economia statunitense prosegua a migliorare.

“Se le condizioni dell’economia proseguiranno a migliorare in maniera consistente – si legge nei verbali – il Comitato ridurra’ il ritmo degli stimoli a passi moderati e concludera’ il programma intorno alla meta’ del 2014. Nello stesso momento, se l’economia evolvera’ lungo le linee attese, la rirpesa avra’ guadagnato ulteriore slancio, con il tasso di disoccupazione che dovrebbe attestarsi intorno al 7% e l’inflazione che dovrebbe aggirarsi intorno all’obiettivo del FOMC del 2%”.

Wall Street aveva proseguito le contrattazioni all’insegna del ribasso anche dopo la pubblicazione del dato relativo alle vendite di case esistenti, che a luglio hanno testato il massimo dal 2009, confermando la rimonta del mercato immobiliare.

In realtà, il balzo pari a +6,5% delle vendite di case è stato scatenato soprattutto dall’intenzione dei cittadini americani di acquistare una casa prima che i tassi di interesse sui mutui crescano troppo. Ma Wall Street non apprezza l’indicatore che a questo punto sembra quasi confermare che il dado è tratto: ovvero che la Fed staccherà la spina al QE.

Le vendite della vigilia hanno portato il Dow Jones a scendere per la quinta sessione consecutiva. La fase ribassista del Dow Jones è la più lunga dall’ultima settimana del 2012; il listino ha inoltre accusato la perdita in 12 giorni più duratura degli ultimi nove mesi. Lo S&P 500 ha perso -3,4% dal record di sempre, testato lo scorso 2 agosto.

Le minute della Fed serviranno a sapere quello che la banca centrale intende fare con le misure straordinarie di allentamento monetario e se opererà o quanto meno lascerà aperta la porta a un possibile rallentamento del programma di acquisto di titoli pubblici.

Da un sondaggio condotto da Bloomberg News tra il 9 e il 13 agosto, emerge che il 65% degli economisti intervistati ritiene che la Fed deciderà probabilmente di ridurre l’acquisto mensile di bond legati ai mutui e Treasuries per un valore attuale di $85 miliardi, in occasione nel prossimo meeting del 17-18 settembre.

Oltre che per le minute, l’attesa è anche per la riunione dei banchieri centrali che si svolgerà a Jackson Hole, nello stato americano dello Wyoming, questa settimana. Ben Bernanke dovrebbe essere però assente, per cui non si prevedono dichiarazioni che possano sconvolgere i mercati.

Una cosa comunque è certa: il QE, ovvero l’insieme di misure di politica monetaria espansiva che sono state concepite dalla Federal Reserve, più che risollevare in modo sostenuto l’economia, ha creato un divario tra i fondamentali economici da un lato, e l’azionario e obbligazionario dall’altro.

In poche parole, come hanno avvertito diversi economisti, ha dato vita a una bolla, permettendo allo S&P 500 di balzare più del 150% dal mercato orso in cui era precipitato nel 2009. Le iniezioni di liquidità di Bernanke e company hanno anche “gonfiato” gli utili delle aziende americane: delle 472 società quotate sullo S&P che dal 2009 hanno comunicato i bilanci, il 72% ha battuto le stime sugli utili.

Nessun grosso scossone dalle notizie societarie, con le trimestrali che continuano a mostrare piu’ luci che ombre. Toll Brothers ha riportato utili in crescita in linea con le stime. Anche per Target profitti e ricavi in sintonia con le attese.

Tra i titoli, focus sul tonfo di Staples -12,5%, dopo che la società di retail ha abbassato le stime per il 2013. Lowe’s, società di attrezzature per la casa, +5,76%, Apple +0,81%, riesce a resistere dopo la notizia secondo cui la quota di mercato dei tablet in Cina è scesa al 28% nel secondo trimestre dal 49% dell’anno precedente. Google +0,62%, Facebook +0,91%, Microsoft +1%. Tra i finanziari Goldman Sachs -0,83%, Bank of America piatta, Citigroup -0,80%, Morgan Stanley -0,93%, JP Morgan -0,68%.

In ambito valutario, euro -0,23% a $1,3386, dollaro/yen +0,37% a JPY 97,62; euro/franco svizzero -0,01% a CHF 1,2307. Euro/yen +0,15% a JPY 130,66.

Sui mercati delle commodities, i futures sul petrolio -0,43% a $104,66 al barile, oro -0,70% a $1.363,50 l’oncia. Quanto ai Treasuries, i tassi decennali avanzano di 2,2 punti base al 2,839%.