NEW YORK (WSI) – Che ci sia speculazione sui mercati finanziari, ormai lo sanno anche vedove e orfani. Ma che si debba continuare a mettere in evidenza gli abusi e le palesi abnormita’, senza mai abituarsi, crediamo sia ancora compito di un sito di economia e politica come Wall Street Italia.
Per cui oggi non si puo’ passare sotto silenzio il crollo negli ultimi minuti di contrattazioni, del prezzo del petrolio. Nessuna notizia, nessun annuncio da parte di Obama, Cameron, Putin, ne’ dal consiglio di Sicurezza dell’Onu, Assad, Al Qaeda – niente di niente: no news. Ma se guardate il grafico di Bloomberg qui a fianco, vedete chiaramente che i futures sul greggio WTI sono scesi a picco, di $1.50 (che non e’ poco in pochi minuti alla chiusura) in un crescendo di volumi, come si vede dall’impennata dall’istogramma che indica gli scambi.
Bene, ovvio che qualcuno ha speculato e giocato d’anticipo, aspettandosi domani in apertura un andamento ribassista del prezzo del petrolio. Forse una scommessa sul fatto che non ci sara’ alcun intervento in Siria? Per questo motivo, chi sa (o immagina di sapere) ha venduto futures sul greggio (o acquistato put, giocando short).
Vedremo se la sindrome dell’Irak contagera’ Cameron a Londra e Obama alla Casa Bianca. Infatti un intervento militare degli “alleati” non servirebbe assolutamente a nulla, secondo le rispettive opinioni pubbliche in America e in UK, e aizzerebbe nuovamente il sentiment anti-occidente nei paesi islamici, come 10 anni fa quando si volle eliminare Saddam; soltanto i repubblicani e la destra Usa – guerrafondaia al 100% – non lo capiscono.
In ogni caso al pit di Chicago (e al corrispondente New York Mercantile Exchange) simili possibili scenari hanno comportato un calcolo preciso (ragionevole, del resto) oppure una pefetta azione da “insider trading”, da parte di chi ha venduto ieri sera molto prima della chiusura di Wall Street, mentre gli altri (il pubblico degli investitori) ancora erano all’oscuro e credevano alla storia della guerra che gli era stata propinata negli ultimi giorni.
O forse (terza e ultima ipotesi) semplicemente i prezzi del WTI erano saliti troppo e troppo in fretta, sfondando quota $110, per cui qualcuno ha deciso di smobilizzare, realizzando i profitti accumulati, in vista di una chiara inversione “tecnica” di tendenza, ovviamente giudicando come catalisti di entrata e di uscita del prezzo l’uso di armi chimiche, i 100.000 morti in Siria, i 2 milioni di rifugiati. Il mercato non e’ roba per vedove e orfani.
Wall Street nel frattempo si avvia a chiudere in rialzo, ma con i prezzi che hanno perso l’80% della spinta propulsiva della mattinata. Protagonisti soprattutto i buy sui tecnologici. Bene anche i titoli finanziari. Passate le 21:30 ora italiana il Dow Jones faceva segnare +0,54% a 14.904,60; S&P 500 +0,51% a 1.643,25; Nasdaq +1,04% a 3.630,60. Cali dei Treasuries, rendimenti decennali salgono al 2,78%. Leggere Wall Street in rialzo, ma si sgonfia proprio sul finale
Focus sulla revisione del pil Usa, che ha dimostrato che l’economia migliora più del previsto (+2,5% nel secondo trimestre rispetto a +1,7%).
Confortante anche il dato sulle richieste iniziali dei sussidi di disoccupazione, in linea con le previsioni degli analisti.
Sotto i riflettori di nuovo l’incertezza per le prossime mosse della Fed: i dati resi noti stamane confermano sia il miglioramento del mercato del lavoro – la media delle ultime quattro settimane dei sussidi è sui minimi dal 2007 – sia la maggiore sostenibilità della ripresa economica, con il Pil che è stato rivisto al rialzo da +1,7% inizialmente reso noto.
“Gli investitori tornano a focalizzarsi sui dati economici, in particolare su quelli provenienti da Stati Uniti ed Europa, sul tapering della Fed, visto che i mercati sembrano aver capito che qualsiasi conflitto in Siria avrà ripercussioni solo nel breve periodo”, commenta in una intervista a Bloomberg Manish Singh, responsabile investimenti presso Crossbridge Capital a Londra – Sono dell’opinione che la Fed inizierà a staccare la spina agli stimoli monetari, a prescindere dai dati”.
Lo S&P 500 ha perso -3% ad agosto, segnando la perdita maggiore su base mensile più sostenuta in più di un anno, proprio sulla scia dei timori sulle mosse della Fed e sulla possibilità di un conflitto in Siria.