ROMA (WSI) – Mai come ora, si naviga a vista. In un attimo, può franare tutto. Basta una discussione all’apparenza banale, come quella sul calendario dei lavori della giunta che deve decidere della decadenza di Silvio Berlusconi, a svelare la fragilità della tregua tra Pd e Pdl che tiene in piedi il governo delle larghe intese. Per ora tiene, domani non si sa. Anche se Matteo Renzi è pronto a scommettere: per il Cav è “finita”, ma lui “non provocherà la crisi”.
Dopo il monito di ieri del presidente Giorgio Napolitano, il premier Enrico Letta torna a ricordare che “l’instabilità costa miliardi” all’Italia e che basta “un attimo” a buttare all’aria la “stabilità che abbiamo conquistato faticosamente” e tornare “in grandissima difficoltà”.
Ma non c’è ragione che tenga, per il Movimento 5 Stelle: “Voto subito. Fuori i delinquenti dal Parlamento!”, proclama dal suo blog Beppe Grillo, che rivendica ai suoi ‘grillini’ il ruolo di “moralisti del cazzo”, in un Parlamento che è diventato “postribolo della democrazia”. Ma a sentir dare quotidianamente del ‘delinquente’ a suo padre, Barbara Berlusconi non ci sta.
E così ingaggia un confronto a distanza con il barricadero Grillo: Silvio Berlusconi “non è un delinquente”, rivendica la figlia, “la sua è una storia imprenditoriale e politica, non criminale”. Insomma, non solo il Pdl, come ricorda Angelino Alfano, è un “monolite” attorno al suo leader. Ma anche i figli sono pronti a scendere nell’arena del dibattito politico per difenderlo. Mentre le ‘sentenze di condanna’ si moltiplicano ogni giorno. Ultima, quella del presidente dell’Europarlamento Martin Schulz: “Non ci sono alternative all’applicazione delle leggi”.
“In un qualsiasi Paese dove un leader politico viene condannato, la partita è finita. Game over”, dichiara Matteo Renzi, che invita Letta a “lavorare per il bene di tutti” e “non avere paura”. Ma Alfano non ci sta: “Il caso Berlusconi non è chiuso”, ribadisce da giorni. E smentisce le voci di un passo indietro: “Non credo che si dimetterà prima del voto del Senato sulla decadenza, non ci sono motivi”. L’atteggiamento del leader del Pdl, racconta chi gli è vicino, è di attesa per le decisioni della giunta ma anche per eventuali segnali che vengano dal Colle. Quello stesso Colle che, secondo Renato Brunetta, ha “frenato l’accelerazione sbagliata” impressa in un primo momento al Senato dal Pd.
Quel che è certo, è che i dem non sono disposti a cedere di un millimetro sull’applicazione della legge Severino al Cavaliere. Lo dimostra il nuovo braccio di ferro ingaggiato nella giunta di Palazzo Madama con i colleghi del Pdl: i democrat vorrebbero che il voto sulla relazione di Andrea Augello si tenga martedì della prossima settimana, senza dilazionare ulteriormente i tempi, il Pdl chiede di arrivare a giovedì.
I 5 Stelle sostengono al contrario che si potrebbe votare, se solo si volesse, già questo fine settimana. Il risultato è lo stallo. Ogni decisione viene rimessa al presidente della giunta, Dario Stefano, che probabilmente domani, quando proseguirà la discussione, proporrà una mediazione sul voto a mercoledì prossimo. Ma dal Pdl Renato Schifani torna ad accusare il Pd di portare sulle spalle la responsabilità di un’eventuale caduta del governo, con il suo atteggiamento.
E ricorda che in passato la giunta si riuniva una volta la settimana: si va insomma “contro la prassi” pur di danneggiare Berlusconi. Fino a quando reggerà questa tregua armata, non è dato sapere. Il momento del redde rationem politico non è ancora arrivato. Ma intanto il vicepresidente del Csm Michele Vietti prova a mettere un punto fermo: “Sono irricevibili le teorie complottiste che attribuiscono alla magistratura strategie persecutorie”. Sicuramente, però, il Cav non è di questa idea e, dice Alfano, “in qualunque modo finisca non si zittirà”. (ANSA, di Serenella Mattera)