NEW YORK (WSI) – Cinque anni dopo il crack di Lehman Brothers, non solo la crisi non è finita, ma “stavolta è anche peggio”. Parola di William White, ex responsabile economista della Banca dei Regolamenti Internazionali (BRI) che, in un articolo pubblicato sul Telegraph, lancia un preciso avvertimento, oltre a rimproverare aspramente la linea di Mario Draghi.
Strigliando anche il numero uno della Bank of England – il governatore Mark Carney – l’esperto sottolinea che lo sforzo di utilizzare una guidance sui tassi per il futuro – al fine di garantire che i tassi a lungo termine rimangano bassi utilizzando solo il mezzo della retorica – ha semplicemente fallito. “Ci sono limiti su quanto efficiente la comunicazione possa essere nel guidare i mercati. E questi limiti sono diventati tutti visibili”, ha detto.
La situazione attuale, sottolinea White, “appare molto simile di nuovo a quella del 2007, se non peggio”. E White non è uno qualsiasi, non solo per il ruolo che ha ricoperto presso la banca delle banche con sede in Svizzera, ma anche per aver lanciato un avvertimento in passato sulla performance dei mercati dei debiti, prima che la crisi finanziaria colpisse il mondo nel 2008.
Il vero problema risiede nella “caccia ai rendimenti“, che sta portando gli investitori a puntare in massa su strumenti ad alto rischio, “un fenomeno che ricorda l’esuberanza precedente alla crisi finanziaria globale” (e che dunque rischia di creare nuove bolle). E tutto ciò accade mentre la Federal Reserve si prepara a ridurre la quantità di stimoli monetari finora assicurata all’azionario globale, iniziando a drenare la liquidità di dollari dai mercati.
“Tutti gli squilibri del passato esistono ancora. Nei paesi avanzati i livelli dei debiti pubblici e privati rapportati al Pil sono superiori del 30% rispetto a quanto lo fossero ai tempi (di Lehamn), e in più abbiamo il nuovo problema della bolla dei mercati emergenti“, ha detto White, che al momento è presidente della divisione di revisione e sviluppo economico dell’Ocse.
Per non parlare del fatto che la BIR, nella sua revisione trimestrale, ha messo in evidenza che l’emissione di debiti subordinati – che espone chi eroga crediti a perdite maggiori nel caso di mancata restituzione dei finanziamenti – è balzata più di tre volte tanto rispetto allo scorso anno, a $52 miliardi in Europa, crescendo allo stesso tempo di 10 volte tanto negli Stati Uniti, a $22 miliardi.
Ancora, la percentuale di “leveraged loans”, che presentano estremi rischi sul credito, a cui ricorrono i debitori più fragili, è volata al record di tutti i tempi, pari al 45%, 10 punti percentuali superiore al massimo testato nel biennio 2007-2008.
In definitiva, avverte la BIR, “nessuno sa quanto i costi di finanziamento globali saliranno con la Fed che inizierà a staccare la spina”, o “con quale disordine l’intero processo si presenterò….”. Il consiglio è quello di “evitare la tentazione di credere che il mercato rimarrà liquido in condizioni di stress, dunque evitare l’illusione della liquidità“.