Mercati

Festa finita, Wall Street giù dai massimi

Questa notizia è stata scritta più di un anno fa old news

NEW YORK (WSI) – Wall Street chiude contrastata mentre si spegne l’euforia per la decisione della Federal Reserve di proseguire la sua politica monetaria accomodante. Neanche i dati odierni sul fronte macroeconomico riescono a tenere gli indici sui nuovi record segnati ieri. A fine seduta, il Dow Jones arretra dello 0,26% a 15.636 punti, il Nasdaq guadagna lo 0,14% a 3.789 punti e lo S&P 500 scende dello 0,20% a 1.722 punti.

Il petrolio ha chiuso la seduta in rosso: il contratto a ottobre ha perso 1,68 dollari a 106,39 dollari il barile. Nel frattempo, i titoli di Stato americani continuano negativi con rendimenti in aumento al 2,75% per il titolo decennale e al 3,8 per il titolo trentennale. Sui mercati valutari, l’euro avanza a 1,3526 mentre il biglietto verde sale a 99,23 yen.

Di fatto, alla vigilia, l’indice S&P 500 è salito fino al record di 1.725,52 punti, massimo storico che sembra prossimo a essere sfondato al rialzo. Occhio a tal proposito alla performance dello S&P 500 Relative Strength Index, un indicatore tecnico del momentum dei mercati, che ieri è salito fino a 72,13; un livello superiore ai 70 indica una situazione di ipercomprato, per la prima volta dallo scorso 2 agosto, secondo i dati compilati da Bloomberg.

A distrarre il mercato dalle notizie riguardanti il piano di acquisto di Treasuries, sono i timori sulle discussioni che ben presto si alimenteranno nel Congresso Usa, riguardo alla necessità di aumentare il tetto sul debito, per evitare il default. Una soluzione urgente è stata auspicata dal segretario al Tesoro Usa, Jack Lew, qualche giorno fa.

Dal fronte economico, reso noto il dato relativo alle richieste di sussidi di disoccupazione, che sono salite a un ritmo inferiore rispetto a quanto atteso. La performance è in qualche modo ingannevole, per alcuni cambiamenti che hanno interessato i sistemi informatici degli stati di California e Nevada. Ma la media delle ultime quattro settimane, un indicatore più attendibile, rimane comunque ai livelli minimi dall’ottobre del 2007, a conferma del miglioramento del mercato del lavoro.

Oltre ai sussidi, una valanga di dati macro è stata resa nota oggi negli Stati Uniti. A partire dall’indice sull’attività economica della regione di Filadelfia che e’ salito in settembre, oltre le attese, a 22,3 punti dai 9,3 punti di agosto. Nello stesso mese, il superindice dell’economia degli Stati Uniti e’ aumentato dello 0,7%, in linea con le attese degli economisti. L

Nel mese di agosto, invece, le vendite di case esistenti negli Stati Uniti sono aumentate dell’1,7% alla quota destagionalizzata di 5,48 milioni di unita’. Il dato, il piu’ alto dal novembre del 2007, e’ migliore delle attese degli analisti che si attendevano un livello di vendite a quota 5,25 milioni. In agosto il prezzo medio delle abitazioni e’ cresciuto del 14,7% rispetto a un anno fa a 212.100 dollari.

L’azionario globale ha brindato alla decisione del presidente della Fed Ben Bernanke di non ridurre il piano massiccio di liquidità a favore dei mercati finanziari, che con la forma attuale del quantitative easing avviene attraverso l’acquisto di Treasuries e di titoli legati ai mutui per un valore di $85 miliardi, ogni mese.

Una vera e propria droga, che ha permesso allo S&P 500 di segnare un rally superiore al 150% dai minimi del 2009; subito dopo le parole di Bernanke, Wall Street ha assistito a nuovi record assoluti per il Dow Jones e lo S&P 500, l’oro ha segnato la sessione migliore dal gennaio del 2009, i tassi sui Treasuries a 5 anni sono calati al ritmo più forte dal marzo del 2009. La decisione di Bernanke è stata scontata dal dollaro, che ha registrato la terza sessione peggiore in un anno.

Il timoniere della Fed è stato però aspramente criticato: JP Morgan lo ha definito uno smidollato e l’investitore Marc Faber ha avvisato che la prospettiva di un “Quantitative Easing illimitato” potrebbe essere dannosa, portando benefici soltanto al 3-5% della popolazione.

Groupon prosegue in rally (+8,92%) grazie ad un upgrade degli analisti di Stifel Nicolaus che hanno alzato il rating sul titolo da “hold” a “buy”. Sul Dow Jones Disney cede il 2,1%, fanalino di coda tra le blue chip, a causa di un downgrade di Morgan Stanley, il primo in oltre 4 anni. Dopo la trimestrale, Oracle cede lo 0,83%. La societa’ tecnologica ha diffuso stime per l’anno in corso inferiori alle previsioni del mercati. Tra i migliori, Tesla Motor guadagna il 7,74% grazie ad una raccomandazione degli analisti di Deutsche Bank, che hanno alzato l’obiettivo di prezzo per il titolo da 160 a 200 dollari per azione. La peggiore performance tra i settori la segnano i beni di prima necessita’.

Oracle sotto pressione, dopo che nella giornata di ieri il colosso software ha annunciato di prevedere che gli utili, escluse alcune voci di bilancio, si attesteranno tra 64 e 69 centesimi per azione nel suo secondo trimestre fiscale, contro i 69 centesimi attesi in media dal consensus.

In ambito valutario, euro +0,17% a $1,3543; dollaro/yen +1,36% a JPY 99,26; euro/franco svizzero +0,06% a CHF 1,2339. Euro/yen +1,52% a JPY 134,42.

Sui mercati delle commodities, i futures petrolio +0,07% a 108,15 dollari al barile; quotazioni oro +4,91% a $1.371,90.