ROMA (WSI) – Ora che il filo si è spezzato, non serve farsi prendere dal panico. Che la situazione sia pessima è evidente a tutti e non da oggi. Per questo chi ha un po’ di buonsenso ha il dovere di metterlo sul tavolo.
Il pericolo incombente è che la crisi di governo sia solo il segmento di un dramma più profondo che investe il quadro istituzionale e lo sconvolge. Non a caso il Quirinale era da giorni sotto attacco da parte del centrodestra. L’accusa rivolta a Napolitano, in modo più o meno subdolo, è di non aver voluto salvare Berlusconi dalle forche caudine giudiziarie. Il che tradisce una visione deformata dei rapporti costituzionali, ma al tempo stesso espone il capo dello Stato a una guerriglia assai insidiosa.
Sono pochi gli italiani, anche fra i seguaci del Pdl, che credono ciecamente alla tesi di una crisi aperta per protestare contro il blocco del decreto sull’Iva. Tutti sanno bene che l’Iva in questo caso vale molto meno della pistola di Sarajevo da cui ebbe origine la prima guerra mondiale. La vera causa è la questione della decadenza dal Senato, l’impossibilità per Berlusconi di accettare le norme della legge Severino (peraltro votata da tutti i parlamentari del Pdl, gli stessi che oggi fingono di dimettersi per protesta contro quelle norme), la volontà di proseguire in ogni modo la guerra contro i magistrati, quali che siano i danni che ne derivano.
C’è in questo modo schizofrenico di procedere, ormai privo di razionalità, una spinta auto-distruttiva. Un uomo che sente di essere giunto al termine della sua parabola pubblica, si ribella alla realtà e alla perdita del vecchio smalto. E tenta di cancellare tutto (gli ostacoli, le sconfitte patite, il tempo trascorso) con un gran colpo di dadi. In passato il gioco gli riuscì – si pensi alla Bicamerale buttata all’aria nel 1998 – ma adesso la mossa risulta incomprensibile, per un verso, e parecchio auto-lesionista, dall’altro. Un errore che potrebbe segnare l’epilogo ventennale di Forza Italia nelle sue varie incarnazioni.
A meno di un repentino cambio di rotta, con i ministri che ritirano le dimissioni (e niente ieri sera lo lasciava presagire), Berlusconi porterà il suo partito all’opposizione, con tutti i rischi connessi. A lui convengono le elezioni, da giocare a questo punto su una piattaforma massimalista e populista. Ma nessuno crede che Napolitano gliele concederà come se si trattasse di un bicchier d’acqua. Più facile immaginare un governo “del presidente” per fare due o tre cose prima del voto (la legge di stabilità, in primo luogo, ma anche uno sforzo in vista della riforma elettorale). Quale sarà allora il vantaggio di Berlusconi? Si ritroverà isolato e privo delle leve di governo e potrebbe finire per rimpiangere le larghe intese di cui era uno dei maggiori azionisti, certo il più capace di farsi valere.
D’altra parte, le mosse di Enrico Letta sono obbligate dalle circostanze. In primo luogo la crisi va portata in Parlamento. Proprio perché non si tratta di una crisi tradizionale, ma c’è in essa un elemento torbido e devastante in grado di minacciare l’assetto istituzionale, è opportuno che lo psicodramma si compia lì dove lo sfortunato governo di “grande coalizione” aveva avuto origine pochi mesi fa fra Camera e Senato. Sarà in quelle aule che Letta dovrà spiegare in modo molto chiaro, rivolgendosi agli italiani e anche agli europei, quale grave responsabilità si assume chi apre questa finestra sull’ignoto. Magari dirà anche se era proprio necessario – pur in presenza di uno smottamento del quadro politico – bloccare il decreto sull’Iva. Qualcuno pensa che non sia stata una mossa felice, se non altro per l’occasione offerta a Berlusconi.
In ogni caso, bisogna ripartire dal Parlamento. Proprio perché si coglie il sottinteso istituzionale di questa brutta vicenda, sarà opportuno tessere il nuovo filo partendo dall’istituzione parlamentare. Per la formula politica si vedrà. Ma fin da ora vien da chiedersi se esiste davvero la famosa ala moderata e dialogante del Pdl. Se non sono un’invenzione, questo è il momento in cui le fatidiche colombe dovrebbero prendere il volo.
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