ROMA (WSI) – Se qualcuno si illude che la grande coalizione in fieri con i socialdemocratici possa spingere Angela Merkel e il suo guardiano dei conti, Wolfgang Schäuble, ad ammorbidire la posizione tedesca sui salvataggi delle banche, si sbaglia.
Il braccio di ferro tra Berlino e il resto d’Europa riprenderà giovedì al Consiglio europeo come da copione, oltretutto su un dossier fondamentale come l’esame della salute di 130 banche europee che la Bce si appresta ad avviare in vista dell’Unione bancaria.
Sin dalla scorsa estate, Mario Draghi ha espresso pubblicamente la sua preoccupazione per l’asimmetria delle tappe dell’Unione bancaria (prima l’autorità di sorveglianza, poi quella di risoluzione) e l’auspicio che si decidano in fretta le modalità del “backstop”, del paracadute dei governi, nel caso che l’analisi degli asset degli istituti di credito emergano voragini che azionisti, creditori e tutti i soggetti coinvolti nella gerarchia di salvataggio decisa nei mesi scorsi dalla Ue, non riescano ad appianare.
Proprio perché la Germania è convinta invece che debba prevalere lo “schema Cipro”, che l’intervento europeo attraverso il fondo salva-Stati Esm, insomma con i “soldi dei contibuenti”, debba essere l’ultimissima istanza.
Draghi ha anche citato nei mesi scorsi il caso sfortunato degli stress test svolti dall’Eba nel 2011, per sostanziare la sua tesi: allora i buchi e i bisogni di ricapitalizzazione emersi in molti istituti di credito hanno gettato in allarme i mercati proprio perché non era chiaro chi avrebbe “pagato”. In vista dell’Unione bancaria il presidente Bce chiede un approccio più flessibile rispetto a quello scritto negli accordi europei.
Il tema verrà discusso a partire dalla cena di giovedì sera, alla quale parteciperà il presidente della Bce. E un primo risultato del braccio di ferro tra l’Eurotower e i governi è che nell’ultima bozza di conclusioni Ecofin, l’Ue vuole anticipare la fissazione dei dettagli del “backstop” a novembre.
Ma già stamane l’Eurotower renderà intanto noti alcuni dettagli importanti dell’esame delle banche che la Bce si appresta ad affrontare. Secondo indiscrezioni la richiesta sarà quella di anticipare gli obbligati “cuscinetti” che Basilea III imporrà alle banche dal 2019: chiederà di portare all’8% i requisiti di sicurezza sul capitale per le grandi banche, al 7% le piccole.
In particolare, i dettagli che verranno svelati stamane da Ignazio Angeloni, capo della stabilità finanziaria della Bce, dovrebbero prevedere un innalzamento del Core Tier 1 al 7%, più un 1% per le banche di rilevanza sistemica, le famose “too big to fail”, che rappresentano minacce per Paesi interi, se falliscono. Il sovraccarico, in base alle regole di Basilea, avrebbe potuto arrivare fino al 2,5%.
Il progetto dell’Unione bancaria è nato a giugno del 2012 per spezzare il circolo vizioso tra debiti sovrani e debiti bancari, e di recente Draghi ha detto che una premessa essenziale è che si «diradi la nebbia» attorno al sistema bancario. L’esame degli asset e gli stress test che la Bce e l’Eba condurrano a breve sono propedeutici a un avvio credibile del progetto.
A patto, come ha sottolineato il presidente Bce, che siano «trasparenti e rigorosi». E che nel caso di incidenti, si sappia in anticipo chi farà da paracadute. Sin dalla scorsa estate, Mario Draghi ha espresso pubblicamente la sua preoccupazione per l’asimmetria delle tappe.
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