PARIGI (WSI) – La rottura di un tabù non vuol dire necessariamente che un’azione radicale è alle porte. Ma il fatto che all’Eliseo francese abbiano iniziato a discutere dell’ipotesi di abbandonare l’area della moneta unica è sicuramente un fatto sorprendente.
In particolare di questi giorni in cui assistiamo all’ascesa nei sondaggi e nelle elezioni amministrative del candidato terzo incomodo alla presidenza nel 2017, Marine Le Pen, convinta anti europeista e protezionista, leader del Fronte Nazionale di estrema destra. Il partito considera l’euro un esperimento fallimentare e ha pronto un piano dettagliato per mettere in pratica l’uscita dal blocco a 17 e il ritorno al Franco francese.
La verità è che le richieste di imposizione di una rottura del castello di sabbia dell’Eurozona hanno raggiunto anche i piani alti dell’establishment politico, toccando il cuore delle autorità filo europeiste. Da europeo convinto lussemburgo-francese, che rinnega l’eurofobia dilagante di estrema destra, l’autore del libro “La Fin du Rêve Européen” (La fine del sogno europeo), il professor François Heisbourg, sostiene che il “cancro dell’euro” deve essere asportato dal corpo per salvare il resto del progetto dell’Unione Europea, prima che sia troppo tardi.
“Il sogno è diventato un incubo – scrive il partigiano di un’Europa federale. Dobbiamo accettare la realtà che l’esistenza dell’UE da sola è minacciata dall’euro. Gli sforzi compiuti per salvare la moneta unica stanno mettendo in pericolo l’Unione ancora di più”, se possibile.
“Non c’è niente di peggio – si legge nelle pagine del testo – che dover confrontarsi tutti i giorni con le mattine senza sole (“matins blêmes”) di una crisi senza fine, ma non faremo più finta di niente negando la realtà e solo Dio sa per quanto tempo le autorità Ue in carica hanno evitato, per default, di affrontare il problema”.
Questo “rifiuto ha condannato le nostre risposte all’eterna insufficienza davanti alla crisi”, si legge nell’introduzione del libro. “Accoglieremo la fine del sogno e il ritorno al reale, non come un disastro, ma come una sfida da superare”.
Prima o poi, scrive Heisbourg, i leader europei dovranno rilanciare il progetto dell’euro, probabilmente tra 10 anni, ma solo dopo aver stabilito le fondazioni federaliste necessarie e solo tra chi sarà disposto ad accettare tutte le implicazioni che si porta con sè la costituzione di una moneta federale.
Il difficile però sarà convincere i cittadini a credere in un’iniziativa che, anche se con condizioni diverse, la prima volta si è rivelata fallimentare.
Adesso, complice anche la crisi del debito, le istituzioni e nazioni non sono pronte. C’è un motivo per non sottovalutare il fatto che la Francia incominci a parlare di un’ipotesi simile: è un segnale di un discontento crescente nei confronti delle politiche messe in moto dalla Germania.
L’alleanza franco tedesca è la colonna portante dell’Eurozona. Se dovesse venire meno, l’euro non avrebbe un futuro.
Il professor Heisbourg è un insider dell’Eliseo, un prodotto del Quai d’Orsay e un federalista europeo, da tempo immemore favorevole al progetto di un’area della moneta unica. Al momento presiede il seguito e rinomato Istituto Internazionale per gli Studi Strategici (IISS).