ROMA – Il documento che segna, il ritorno a Forza Italia “è stato votato all’unanimità” dall’ufficio di presidenza del Pdl. Lo ha detto Silvio Berlusconi in conferenza stampa.
“Con la deliberazione di oggi siamo tornati pienamente allo statuto di Forza Italia che assegna al presidente il diritto-dovere di delegare responsabilità e funzioni”. Lo precisa Silvio Berlusconi, che spiega così che sono azzerate le precedenti cariche del Pdl, inclusa quella del segretario Angelino Alfano. “Ora mi trovo a dover delegare le varie funzioni con il mio buon senso e la saggezza che tutti mi riconoscono”.
“All’Ufficio di presidenza su 24 persone hanno partecipato in 19. Sandro Bondi era negli Stati Uniti. I cinque membri che hanno deciso di non partecipare hanno convenuto che stasera fosse meglio avere una deliberazione unanime e con il mio consenso non hanno perciò partecipato”. Lo ha spiegato Silvio Berlusconi in una conferenza stampa a Palazzo Grazioli al termine dell’Ufficio di presidenza che ha votato all’unanimità, ma in assenza dei membri che erano in disaccordo, il documento che sancisce il ritorno a Forza Italia.
Nel Pdl ci sono stati “contrasti” e “incomprensioni personali” e “sono sicuro saranno sanati”. Così Silvio Berlusconi, che assicura: “Nell’incontro con Alfano e i ministri mi è stata confermata l’unità. Continuiamo mettendo l’accento sulla volontà di unità che è qualcosa in cui crediamo tutti a prescindere dai punti su cui ci si è divisi”.
[ARTICLEIMAGE] Se il Pd voterà la decadenza sarà “molto difficile continuare a collaborare con un alleato con cui si siede in Cdm ma che si basa su una sentenza frutto di un disegno preciso di certa magistratura”. Lo afferma Silvio Berlusconi.
“E’ assolutamente inaccettabile la richiesta di estromissione dal Parlamento italiano del leader del centro-destra, sulla base di una sentenza ingiusta ed infondata e sulla base di una applicazione retroattiva di una legge penale”. Lo si legge nel documento approvato dall’ufficio di presidenza del Pdl.
“Il Consiglio nazionale di Forza Italia in via indicativa si terrà lo stesso giorno in cui il Partito Democratico eleggerà il suo segretario”. Lo dice in conferenza stampa Silvio Berlusconi, che indica la data dell’8 dicembre.
”I nostri rappresentanti di governo, governo a cui continueremo a dare il nostro sostegno, nel rispetto degli impegni programmatici assunti al momento dell’insediamento, i nostri deputati e i nostri senatori sono impegnati a contrastare ogni iniziativa” contro la ripresa dell’economia. E’ quanto afferma il Pdl in una nota.
“A Berlusconi è affidato pieno mandato politico e giuridico per attivare le necessarie procedure, anche attraverso le convocazioni degli organi statutari, e gli conferisce le responsabilità connesse alla guida del Movimento per definire obiettivi, tempi e modi della nuova fase di attività secondo lo Statuto di “FI”. E’ quanto si legge nel documento approvato all’Ufficio di presidenza.
“Il Consiglio nazionale di Forza Italia in via indicativa si terrà lo stesso giorno in cui il Partito Democratico eleggerà il suo segretario”. Lo dice in conferenza stampa Silvio Berlusconi, che indica la data dell’8 dicembre.
L’Ufficio di presidenza del Popolo della liberta’ ha sospeso l’attivita’ del Pdl per convergere sul rilancio di Fi. e’ quanto spiegato nella lunga nota diffusa al termine della riunione. Questo comporta di conseguenza anche la sospensione delle attuali cariche.
Nel corso dell’incontro tra Silvio Berlusconi e i ministri del Pdl, il Cavaliere avrebbe ribadito l’intenzione di non voler mettere in difficoltà il governo guidato da Enrico Letta. L’esecutivo può andare avanti, sarebbe stato il ragionamento dell’ex premier che avrebbe letto agli esponenti dell’esecutivo alcuni passaggi dell’ intervento che il Cavaliere aveva preparato in vista dell’ufficio di presidenza
Alfano – raccontano i fedelissimi – appare determinato ad andare fino in fondo chiamando il vertice del suo partito ad un gesto di lealtà: o con me o contro di me. “Il mio contributo all’unità del nostro movimento politico, che mai ostacolerò per ragioni attinenti i miei ruoli personali, è di non partecipare, come faranno altri, all’ufficio di presidenza che deve proporre decisioni che il CN dovrà assumere. Il tempo che ci separa dal CN consentirà a Berlusconi di lavorare per ottenere l’unità”. Così Alfano.
‘Alfano non riconosce leadership Berlusconi’ – “Mi fa un po’ impressione che Alfano non partecipi al vertice. Di fatto Alfano ed i ministri non intendono riconoscere la leadership di Berlusconi”. Lo ha detto la deputata del Pdl Michaela Biancofiore. Parlando per la campagna elettorale delle amministrative di Bolzano, Biancofiore ha aggiunto: “Nel partito vi sono acredini personali che derivano da linee diverse. In un partito serio sulle differenze si discute e così si superano. Spero che questo sia il caso nostro”.
Epifani, Pdl dica se crede ancora in Letta – “Ripeto quello che avevo detto prima del voto di fiducia al governo Letta: i nodi prima o poi arrivano al pettine. Il Pdl decida se crede ancora in questo governo o no e lo dica esplicitamente”. Lo ha detto il segretario del Pd, Guglielmo Epifani, durante un comizio elettorale a Bolzano.
Il senatore del Pdl Maurizio Sacconi aveva rivolto “un appello al Presidente Berlusconi a rinviare l’odierno Ufficio di Presidenza del partito in quanto possibile fonte di divisioni. L’organismo, infatti, pur formalmente corrispondente alla lettera statutaria, non riflette nella sua composizione né la storia né l’attualità del nostro movimento politico, tanto nella dimensione politica quanto in quella istituzionale”.
“Ringrazio per l’invito a partecipare all’ufficio di presidenza del partito, ma non avendo diritto di voto non voglio offrire il fianco a polemiche circa le presenze e la composizione dell’organo”. Lo afferma Maurizio Gasparri (Pdl), vicepresidente del partito, che chiede di fermare “con decisione” l’attuale “impegno autodistruttivo”. “Prendo atto di una riunione – afferma – nella quale il voto deve essere espresso da coloro che furono eletti al congresso, quando alcuni di noi furono chiamati nell’organismo per le cariche ricoperte al tempo. Reputo sciagurate ipotesi di rottura contro le quali mi sono adoperato, convinto che si possa e si debba coniugare la guida di Berlusconi, da sostenere con ogni forza di fronte alle ingiustizie patite, la collocazione nel centrodestra, la creazione di una coalizione alternativa alla sinistra più ampia e più aperta al rinnovamento che sia possibile. Il resto è impegno autodistruttivo da fermare con decisione”. (ANSA)
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Dirà che non è una vendetta, quella che i governativi – infuriati – definiscono «un colpo di mano», «una coltellata» , ma soprattutto «l’ultima raffica di Salò».
Dirà, come gli ha già detto due sere fa, che «non è una mossa contro di te Angelino, io ti voglio vice presidente del partito, non ho alcuna intenzione di affidarmi ai falchi, voglio gente fresca e nuova e tu sarai sempre con me, resterai mio erede».
Ma la verità è che Silvio Berlusconi – che per oggi ha convocato un Ufficio di presidenza per votare la proposta di ritorno a Forza Italia con connesso azzeramento degli incarichi a partire da quello di Alfano come segretario per finire con quelli dei coordinatori – non ha dimenticato il «tradimento», così lo chiamano i falchi, della sua pattuglia di ministri.
Non ha cancellato dai suoi occhi l’immagine di Alfano che si scambia il «cinque» con Enrico Letta appena ottenuta la fiducia alla Camera, sulla scia dell’evocata «fine del Ventennio».
«La vendetta si serve fredda…» sibilano i falchi plaudendo alla scelta, che sembrava per il momento congelata, di lanciare Forza Italia e, di fatto, defenestrare il segretario, il leader di quegli Innovatori che ancora quattro giorni fa al Senato si contavano firmando una lettera a difesa del governo che era un modo per dire che i numeri per la sopravvivenza dell’esecutivo erano dalla loro parte e Berlusconi non aveva più armi.
L’ex premier ha voluto dimostrare – a loro ma soprattutto a tutti i suoi avversari o possibili interlocutori, dai magistrati al Pd per arrivare al capo dello Stato – che le armi ce le ha ancora, o almeno ha la più importante: il partito. Quella Forza Italia della quale ritorna presidente e dominus assoluto, marginalizzando i governativi che adesso non escludono la scissione.
La decisione era nell’aria, ma veniva rimandata di giorno in giorno. Ancora mercoledì sera, raccontano, Berlusconi appariva incerto: la paura di trovarsi un partito spaccato nel momento più difficile della sua vita politica lo portava a temporeggiare, sperando che i lealisti alla fine avrebbero accettato di buon grado uno slittamento almeno fino al voto sulla decadenza, e che gli innovatori gli sarebbero stati vicini indurendo la linea su governo e giustizia.
Ma i lealisti erano ormai pronti a sferrare l’attacco. Glielo ha detto a brutto muso Raffaele Fitto: se cedi anche stavolta, la guerra la facciamo noi (e l’avvisaglia è stata l’imboscata sul voto per le riforme al Senato, mercoledì) perché «se altri mostrano la pistola per minacciarti, noi lo facciamo per salvarti». Quel Fitto che dopo il voto di fiducia ha riorganizzato le truppe sbandanti di falchi e non solo offrendo all’ex premier una sponda perché il Pdl non passasse armi e bagagli nelle mani di Alfano.
Nell’ombra Verdini ha lavorato (con l’aiuto degli avvocati) anche alla formula tecnica per il passaggio: nell’Ufficio di presidenza di oggi saranno solo 24 gli aventi diritto al voto, quelli originari del primo Pdl, che comprendono molti ministri del governo del 2008 (Carfagna, Fitto, Galan, Gelmini, Matteoli, Prestigiacomo, Bondi, Rotondi, Vito, Scajola, Sacconi, Brunetta e lo stesso Alfano) quasi tutti oggi lealisti.
Non ci saranno invece – schiaffo umiliante – gli attuali ministri e nemmeno Cicchitto (non più capogruppo), mentre dell’area governativa saranno presenti Formigoni e Giovanardi, con Schifani più defilato ma sempre più vicino ad Alfano.
Al voto, non dovrebbero quindi esserci sorprese, e nemmeno dal punto di vista legale si prevedono guerre. Perché Berlusconi ormai ha deciso, dopo l’ultimo sfogo: «Mi hanno lasciato tutti solo mentre le procure mi sparano contro, ma io reagirò, farò vedere che chi comanda sono ancora io. E che sono pronto a tutto».
E perché i governativi non hanno ancora deciso come reagire. Alfano, infuriato e sconvolto, era al Ppe, a Bruxelles, e non si aspettava una mossa così repentina, che lo ha ferito. Ora è al bivio: rompere, come gli consigliano i più duri dei suoi – da Cicchitto alla Lorenzin a Quagliariello,per i quali la decisione «è già presa, bisogna solo stabilire le modalità, non è un parricidio ma un infanticidio» – e costruire un partito centrista con quella parte del Pdl che si staccherà e Mauro e Casini. Oppure inghiottire l’amarissimo boccone e restare, aspettando che la bufera passi perché, come gli suggeriscono altri, «il dopo Berlusconi è già iniziato, e tu puoi giocartelo contro i falchi». È la decisione più difficile per Alfano, in ballo ci sono storie politiche, e la sorte del governo, sempre più in bilico. Ma dalla drammatica cena notturna dei governativi a emergere era una sola certezza: «Comunque finisca è una sconfitta per tutti. Per Berlusconi e per noi».
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