ROMA (WSI) – Secondo il Commissario Olli Rehn Roma ha la possibilità di farcela se la spending review – il cui obiettivo dichiarato è ottenere due punti percentuali di Pil di risparmi – avrà successo.
L’Italia “deve continuare a ridurre il suo debito anche nel 2014, garantendo uno sforzo di bilancio a livello strutturale di almeno 0,5 punti percentuali del Pil”, ha detto Rehn.
Il ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni ha detto di aspettarsi un risultato di contenimento della spesa pubblica misurabile in punti percentuali, non frazioni di punto, del Pil. Direi 1-2 punti percentuali, più 2 che 1 come base di partenza”. Per il capo del Tesoro ex Bankitalia l’obiettivo “è avere risultati già nel 2014“.
Se i tagli del piano di Carlo Cottarelli, ex Fmi, porteranno “risultati chiari”, questi potrebbero consentire al governo di “innescare l’iter di preparazione per usare la clausola agli investimenti” del Patto di stabilità, secondo Rehn.
Per sapere cosa significa perdere la sovranità nazionale o almeno l’auto determinazione, basta leggere il rapporto di Bruxelles. Molti si ricorderanno della lettera fatta recapitare a Roma al Governo Berlusconi in cui erano indicate nel dettaglio le manovre economiche, le riforme strutturali e fiscali da attuare, all’insegna del rigore. Ma la Commissione Europea non aveva mai avuto l’occasione di esprimere giudizi ufficiali sulle scelte politiche dei singoli Stati con questi toni e dopo una verifica così approfondita.
In teoria il braccio esecutivo dell’Unione Europea non ha fatto altro che analizzare le conclusioni tratte nelle leggi di Stabilità nazionali e giudicare se i testi sono in linea con le leggi Ue prima che queste vengano approvate dai rispettivi Parlamenti. Ma in pratica la Commissione ha il diritto di richiedere una revisione del piano di bilancio nel caso in cui riscontri una violazione delle regole.
È il caso dell’Italia. Il giudizio della Ue è severo, ma con appello per il Primo Ministro Enrico Letta e il Ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni, i quali si erano detti fieri della manovra finanziaria, pur lasciando la porta aperta a qualche modifica in aula. Evidentemente hanno fatto male i compiti.
Da Bruxelles il voto è di insufficiente in pagella per la legge di Stabilità dell’anno prossimo. Il motivo? Sfora i parametri europei sul tetto del debito. “C’e’ il rischio che la bozza di legge di bilancio 2014 non rispetti le regole del Patto di crescita e stabilita”, e perciò va rivista. In particolare, “non vengono rispettati i tetti di riduzione del debito nel 2014”, che secondo le previsioni della Commissione Ue raggiungeranno il 134% del Pil.
Per assicurare che il piano di bilancio del 2014 rispetti pienamente il Patto di crescita e stabilità le autorità italiane sono state invitate da Bruxelles a “prendere le misure necessarie, all’interno del processo per il bilancio nazionale”.
Sono 19 i Paesi Ue sotto indagine al momento per aver violato le regole europee. L’ultima in ordine di tempo a comprarire nella lista nera è stata la Germania, criticata per i suoi eccessi commerciali. Il saldo delle partite correnti è in attivo del 7% del Pil, un punto percentuale sopra la soglia consentita. Tale comportamento rischia di essere negativo per l’area euro almeno quanto un elevato deficit annuale.
A questo proposito Bruxelles esprime preoccupazione per il deficit francese. La seconda maggiore economia dell’Eurozona ha intrapreso la strada raccomandata per ridurre il gap di bilancio sotto il 3% del Pil nel 2013 e il piano di bilancio per l’anno prossimo è in linea con le regole di bilancio europe, ma Parigi non ha più margine di errore. La Commissione ha sottolineato, difatti, che le riforme strutturali francesi hanno riscontrato solo “progressi limitati”.
Ai problemi di ripresa lenta, debito galoppante e deficit ai limiti delle regole, si vanno ad aggiungere quelli puramente macroeconomici. Bruxelles e Bce sono chiamati ad agire in fretta se vogliono evitare che il blocco a 18 sprofondi in una fase di deflazione: l’indice dei prezzi al consumo è sceso allo 0,7% in ottobre, un livello ben lontano dalla soglia limite del 2% stabilita dall’istituto centrale di Francoforte.