ROMA (WSI) – A meno che il debito pubblico e il costo del credito non incominceranno a scendere, l’Italia resta esposta a seri rischi finanziari e potrebbe servire una manovra di raddrizzamento. Se la salute del sistema bancario dovesse peggiorare, poi, i rubinetti degli investimenti rischiano di chiudersi. Sono queste in sintesi le considerazioni fatte dall’Ocse nel suo ultimo report.
L’appello giunge proprio mentre la legge di Stabilità è ancora bloccata negli scranni delle aule parlamentari, per colpa di uno stallo su cuneo fiscale, tasse sulla casa e patto di crescita. Per avere un’idea del reale stato di salute delle banche italiane, pericolosamente piene di titoli di Stato italiani, i mercati attendono con impazienza l’esito dei test sulla qualità dei bilanci delle banche da parte della Bce, la cosiddetta Asset Quality Review.
La stretta creditizia continua a gettare dubbi sulla sopravvivenza delle aziende del Sud d’Europa, in particolare quelle di piccole e medie dimensioni. Ma le banche, che guardano ai propri interessi, preferiscono incassare rendimenti sicuri accumulando bond statali. Secondo gli ultimi dati diffusi dalla Bundesbank, megli ultimi due anni gli istituti di credito italiani hanno aumentato il debito nazionale in portafoglio, passato da 240 miliardi a 415 miliardi, per un incremento del 73%.
È insomma in chiaroscuro il giudizio dell’Ocse sull’economia italiana: la stima sul Pil 2013 è stata nuovamente rivista al ribasso, seppur marginalmente al meno 1,9 per cento. Ma la qualità della ripresa attesa sul 2014 è stata leggermente migliorata, al più 0,6 per cento, mentre sul 2015 è prevista una crescita dell’1,4 per cento del Pil.
Quanto al deficit l’Italia dovrebbe rispettare i limiti europei sul gap di bilancio, con l’Organizzazione che riconosce al governo di esser riuscito a continuare la riduzione del disavanzo di fondo anche nel 2013. Tuttavia, confermando la stima di un deficit-Pil 2013 al 3 per cento, nel suo rapporto semestrale sull’Economia, il dato 2014 è stato rivisto in peggio al 2,8 per cento, a fronte del 2,3 per cento di deficit previsto sei mesi fa. Sul 2015 infine l’ente parigino pronostica un disavanzo al 2 per cento del Pil.
“L’Italia sta uscendo dalla recessione ed è previsto che la crescita aumenti nel corso del 2014-2015″, afferma l’ente parigino nel capitolo sulla penisola inserito nel suo rapporto semestrale, l’Economic Outlook.
“Ma la lentezza dell’economia resta ampia”, aggiunge l’Ocse. Lo scorso 3 settembre, in un aggiornamento parziale delle sue stime, l’Ocse pronosticava un meno 1,8 per cento sul Pil italiano 2013, e un più 0,4 per cento sul 2014.
Sulle stime attuali vi sono rischi che vanno in direzioni opposte. In negativo la ripresa “potrebbe essere minata se la salute del sistema bancario portasse a un inasprimeto del credito che interromperebbe il normale ciclo degli investimenti”.
In positivo invece “investimenti e Pil potrebbero migliorare più vigorosamente del previsto – dice l’Ocse – se il programma di liquidazione dei debiti pregressi della pubblica amministrazione dovesse fornire una spinta sostanziale all’economia, a differenza dello scarso impatto incorporato in queste proiezioni”.
La dinamica del deficit risente prevalentemente della debolezza dell’economia. E così “l’incidenza del debito pubblico sul pil continua a salire, anche se depurata dai contributi ai fondi anticrisi europei”. Sul 2013 l’Ocse prevede un debito-Pil in rialzo al 132,7 per cento, dal 127 per cento del 2012, e ancora al 133,2 per cento nel 2014. Solo nel 2015 si assisterà ad una attenuazione al 132,6 per cento. “Assicurare un calo rapido del debito-Pil – si legge sull’Economic Outlook – richiederebbe un programma di risanamento in qualche misura più ambizioso”.
Il mercato del lavoro rimane il tallone d’Achille del Paese, con la disoccupazione che resta e resterà “elevata” nel triennio in corso. L’Ocse sostiene che l’impatto positivo degli aumenti di domanda previsti si vedranno, inizialmente, soprattutto sulle ore lavorate delle persone già occupate. Le stime sono per un tasso di disoccupazione al 12,1% nel 2013, un picco al 12,4% nel 2014 e di nuovo un 12,1% nel 2015.