NEW YORK (WSI) – La frase non lascia adito a interpretazioni soggettive. “Siamo alla vigilia di uno shock deflazionistico“. A proferirla è Russell Napier, consulente presso CLSA-Asia Pacific Markets, tra i principali gruppi di servizi finanziari e broker indipendenti sull’azionario della regione Asia-Pacifico.
Tale shock, precisa Napier, “ridurrà probabilmente le valutazioni dell’azionario da livelli molto alti a livelli molto bassi. (…) Ogni investitore deve decidere per sé quando vorrà lasciare questo party particolare. Il consiglio è quello di lasciare ora, visto che è sempre più probabile che il presentarsi di un evento (ad hoc) sarà l’elemento catalizzatore che trasformerà le aspettative inflazionistiche in aspettative deflazionistiche”.
Di fatto, “in un momento in cui i prezzi stanno già scendendo in tutto il mondo, bisogna attendersi il verificarsi prima o poi di un grande evento che colpirà il mercato del credito”.
Napier ricorda che sono tre le volte dal 1997 in cui l’inflazione è scesa sotto l’1% con “impatti molto negativi per gli investitori che puntano sull’azionario”. E in “tutte queste tre occasioni un già basso livello di inflazione è stato trascinato ancora più in basso da eventi drammatici: la bancarotta della Russia e il collasso di LTCM nel 1998; gli attacchi terroristici dell’11 settembre nel 2001; il crack di Lehman Brothers nel settembre del 2008.
Il punto è che “l’inflazione è scesa all’1,10% negli Stati Uniti e fino allo 0,7% in Eurozona (anche se i dati di novembre hanno messo in evidenza un recupero del tasso allo 0,9%), e noi siamo ora pericolosamente vicini alla deflazione (…). Gli investitori stanno guardando con favore all’impatto diretto del QE sulle valutazioni dei titoli, ma stanno ignorando il suo fallimento nel riuscire a produrre una crescita nominale del Pil che sia sufficiente a ridurre i debiti. In un mercato in cui le cattive notizie vengono viste come buone notizie (visto che giustificano l’esistenza di ulteriori manovre di QE), la realtà del fallimento del QE diventerà una cattiva notizia, mentre ci avvicineremo alla deflazione”.
“Quando l’inflazione americana scese sotto l’1% nel 1998, nel 2001-02 e nel 2008-09, gli investitori che puntano sull’azionario fecero pronte a perdite importanti. Se un simile shock deflazionistico ci dovesse colpire ora, quelle perdite sarebbero esacerbate, dal momento che le risposte monetarie a disposizione sono molto più limitate che in passato”.
Il rapporto di CLSA consiglia agli investitori di focalizzarsi su tre “Superindici” che indicano l’arrivo di una deflazione: i prezzi del rame; le aspettative sull’inflazione misurate dalla differenza tra i rendimenti dei Treasuries a cinque anni e quelli protetti dall’inflazione (i TIPS); e lo spread sui corporate bond con rating BAA.
Di fatto, “con l’inflazione americana già pericolosamente bassa, una flessione significativa dei prezzi del rame indicherebbe un forte shock deflazionistico. Gli investitori dovrebbero vendere le azioni se il tasso di inflazione implicito dei TIPS a cinque anni scendesse dall’1,86% attuale all’1,50% o più in basso, o se lo spread sui corporate bond BAA salisse dall’attuale 262 a 300 punti base o oltre”.