MADRID (WSI) – «In Europa il peggio è passato e adesso è l’ora della crescita». È ottimista Mariano Rajoy, 58 anni, presidente del partito popolare ( centro-destra) dal 2004 e premier dal dicembre 2012. Nell’intervista che ha concesso a La Stampa ed ad altri 4 grandi giornali europei, il Capo dell’Esecutivo spagnolo illustra le sue riforme, rivendica il successo del salvataggio bancario, spera che l’Unione Bancaria vada in porto, dice
di essere pronto ad accordarsi con l’Italia nella lotta contro l’immigrazione illegale. E, per la prima volta dalla crisi, dopo 2 mesi in cui la disoccupazione è diminuita sia pur leggermente, spende una parola che illumina il suo volto: “Speranza”.
Rajoy parla della nuova colazione tedesca. Non si aspetta una diminuzione del pressing. «Ma le ultime decisioni della Commissione su Spagna, Francia, Olanda ed altri Paesi ci permettono un cammino – dice – che non è quello di prima. Noi, nel 2013, abbiamo un obiettivo di deficit del 6,5% però prima era del 4,5 % ed era impossibile conseguirlo. Nel 2014 sarà del 5,8%, per poi continuare a scalare. E continueremo con le riforme strutturali. Ciò che più mi preoccupa adesso è l’Europa. Tutti i governi, e specialmente quello tedesco che per il suo Pil e numero di abitanti è molto importante, abbiamo chiaro dove andiamo. In Europa il peggio è passato ed adesso è l’ora della crescita e dell’integrazione. Sono convinto che Anche Berlino la pensa così e lavorerà in questa direzione.»
Sulle elezioni europee del prossimo maggio, Rajoy sottolinea: «È un tema che mi preoccupa. Nel ’79 votó il 62%, nel 2009 il 43%. Adesso sta per accadere un fatto molto importante: il nuovo Parlamento Europeo sarà quello con più competenze nella sua storia, più di 40. Per cui, sarà molto più decisivo. E per ciò è necessario che non vengano eletti partiti chiamiamoli “singolari”».
L’intervista a Mariano Rajoy è stata realizzata nell’ambito del progetto «Europa» che la Stampa ha avviato assieme ad altri cinque grandi giornali europei: LeMonde, El País, Süddeutsche Zeitung, The Guardian e GazetaWyborcza.
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