PECHINO (WSI) – Le riforme economiche e politiche decennali approvate a novembre in Cina sono considerate rivoluzionarie, perché smantellano il modello Deng” che ha fatto crescere vertiginosamente il Paese per 30 anni, ma che ora appare inadeguato.
La crescita accelerata ottenuta dal modello di Deng Xiaoping, infatti, si basava troppo su investimenti che finiscono in settori improduttivi, generano debito pubblico, mostruosità ambientali, alti tassi di corruzione ed emergenza sociale.
Ora, invece, l’imperativo sarà dimenticare le accelerazioni del Pil a cui il mondo intero ha assistito negli ultimi anni e puntare sulla qualità, abbandonando la febbre speculativa della bolla immobiliare e concentrandosi sulla politica fiscale.
Queste riforme cambieranno dunque in modo radicale il modo in cui è governato il Paese più grande del mondo.
Il Terzo plenum ha lanciato riforme senza precedenti, che permetteranno di ridurre gli ostacoli normativi per le imprese commerciali, di consegnare ai residenti rurali un maggiore controllo sulla loro terra e di liberalizzare il settore finanziario.
Ai contadini, per esempio, sarà concesso di offrire sul mercato la terra che coltivano o di accedere a crediti per continuare a lavorarla per aziende agricole più efficienti. Chi deciderà di andare in città potrà avere più facilmente accesso a una residenza urbana, per poter ottenere gli stessi servizi e diritti dei cittadini.
Il nuovo meccanismo di sistema fiscale e di controllo del debito impedirà ai governi locali di utilizzare in modo improprio le risorse che hanno a disposizione, al fine di raggiungere obiettivi economici a breve termine. Inoltre, il governo centrale potrà finanziare le politiche sociali necessarie per gli anni a venire. Pechino sarà così in grado di allocare maggiori risorse nazionali per i beni pubblici, come la sanità, il benessere e l’educazione.
Queste riforme, poi, saranno affiancate da una grande campagna anticorruzione che intende colpire sia i “pezzi grossi” sia i funzionari locali. È una lotta dietro le quinte dove il rispetto dello Stato di diritto, così come lo intendiamo noi, non è certo una priorità.
In quest’ottica i sistemi giudiziari di ogni giurisdizione saranno ritenuti responsabili, al cospetto della Corte più alta. La vittima più celebre è finora Bo Xilai – l’ex leader di Chongqing e membro del Politburo caduto in disgrazia e condannato all’ergastolo – ma proprio in questi giorni si sta consumando la nemesi di Zhou Yongkang, grande protettore di Bo ed ex zar della sicurezza di Stato.
Il Terzo Plenum ha inoltre segnato un punto di svolta in ambito politico, dando il via a un passaggio da un sistema in stile sovietico a uno più simile a quello semi-presidenziale in stile francese. Il Politburo si sposterà dunque al centro della governance politica, consolidando ulteriormente la sua autorità costituzionale. In questo modo il Governo sarà migliore in termini di efficienza e apparirà più competente, reattivo ed abile.
Secondo il segretario generale Xi Jinping, la Cina diventerà la più grande economia del mondo. E seguendo la traiettoria attuale, il Dragone potrebbe diventare una vera grande potenza – economicamente, politicamente e militarmente – entro la metà di questo secolo.
Ma tutto questo potenziale non può essere realizzato senza un sistema coerente e valido e senza una governance politica idonea per il paese. Per cui, al fne di raggiungere tale obiettivo, quello che è successo lo scorso novembre a Pechino potrebbe rivelarsi ben più utile di quanto molti non credano.