NEW YORK (WSI) – Ogni anno ci sono circa 150.000 casi di una malattia, il cui impatto, nei deserti del sud-ovest americano “è pari a quello della poliomielite… prima della scoperta del vaccino”.
Queste le parole, riportate dal The New Yorker di John Galgiani, medico che studia malattie infettive.
I casi segnalati sono aumentati di dieci volte tra il 1998 e il 2011 e, per i casi più gravi, “non c’è cura”.
Precisamente si tratta di una malattia poco studiata fino ad ora, conosciuta anche come “febbre della valle”. Si viene colpiti inalando un fungo chiamato Coccidioides immitis, facile da trovare tra la sporcizia e la polvere. Due terzi dei casi si sono verificati in Arizona, dove nel 2012 la “febbre della valle” è risultata essere la seconda malattia più segnalata.
Il fungo infetterebbe i polmoni, ma può anche infettare la pelle, ossa, fegato, cervello, cuore e le membrane che proteggono il cervello e il midollo spinale.
Il 60% delle persone infettate non riporta all’inizio alcun sintomo o al massimo, se compare qualcosa, si tratta di una leggera febbre.
Ma, in particolare per i pazienti in cui il fungo si diffonde oltre i polmoni, è molto peggio: “Alcuni anni fa una ragazza di ventisei anni che è stata colpita dal virus -dichiara il dottore- ha dovuto subire tre interventi chirurgici al cervello e si è ritrovata paralizzata. I medici avevano avvertito la madre di prepararsi al peggio. Ora le hanno detto che dovrà vivere per il resto della vita con antimicotici, incanalati nel suo cervello”.
Il problema è che c’è poco finanziamento per una malattia il cui impatto è geograficamente limitato. Oltre l’Arizona infatti, le zone colpite sono: California, New Mexico, Nevada, Texas, e parti di Centro e Sud America. E’ stato comunque progettato di recente uno studio clinico in California per stabilire le linee guida di trattamento per le persone infette.
Rimane il fatto che la maggior parte della ricerca, verso un vaccino, ha ancora molta strada da percorrere.