Berlusconi smart: «Niente attacchi a Renzi». Italicum, no al ‘salva Lega’. E Alfano firma
ROMA (WSI) – Italicum, c’e’ il testo. Via il ‘Salva-Lega’, firma anche Ncd. Premio 18% per chi arriva al 35%, in ogni lista 3-6 candidati. Testo base in commissione. Stop candidature multiple, 50% donne. Tre soglie di sbarramento: 12% per le coalizioni, 5% per partiti coalizzati, 8% per chi corre da solo. Salvini: ‘Non ci servono aiutini’. Grillo consulta base online, vince proporzionale. D’Alema: ‘Il Parlamento può e deve correggere’. Anche Fi apre.
Il relatore della legge elettorale, Francesco Paolo Sisto (FI) ha depositato in Commissione Affari Costituzionali alla Camera il testo della legge elettorale. Lo conferma lo stesso Sisto nel fare ingresso in Commissione.
Il testo della legge elettorale depositato in Commissione alla Camera è stato sottoscritto da Pd, FI e anche dal Nuovo Centrodestra. Lo si apprende da fonti della maggioranza che spiegano che il via libera di Ncd è arrivato dopo la cancellazione dall’Italicum della norma cosiddetta ‘Salva Lega’.
“Nessun candidato può essere incluso in liste con il medesimo contrassegno o con diversi contrassegni in più di un collegio plurinominale”. Lo prevede il testo base della legge elettorale, depositato in commissione Affari costituzionali alla Camera.
Non c’è, nel testo base della legge elettorale, la norma cosiddetta ‘salva Lega’, ipotizzata in un primo momento per tutelare i partiti radicati in alcune Regioni dalla tagliola delle soglie di sbarramento nazionali. Compaiono invece norme per la tutela delle minoranze linguistiche e restano seggi per candidati eletti all’estero.
“A pena di inammissibilità nel complesso delle candidature circoscrizionali di ciascuna lista nessuno dei due sessi può essere rappresentato in misura superiore al 50 per cento con arrotondamento all’unita’ inferiore e nella successione interna delle liste nei collegi plurinominali non possono esservi più di due candidati consecutivi del medesimo genere”. E’ quanto prevede il testo base sulla riforma elettorale presentato stasera in commissione.
In caso di ballottaggio, fra il primo turno di votazione e il ballottaggio, non sono consentiti ulteriori apparentamenti tra liste o coalizione di liste presentate al primo turno con le due liste o coalizioni di liste che hanno accesso al ballottaggio medesimo. E’ quanto si legge nel testo base della legge elettorale depositato questa sera in commissione Affari Costituzionali della Camera.
Sono 3 le soglie di sbarramento previste nel testo base sulla riforma elettorale. Le coalizioni dovranno superare la soglia del 12 per cento ma è prevista anche una soglia interna del 5 per cento per ogni singolo partito; chi corre da solo deve invece raggiungere l’8.
In ogni collegio plurinominale “è assegnato un numero di seggi non inferiore a tre e non superiore a sei” e ciascuna lista non può essere formata da un numero di candidati superiore ai seggi assegnati. Lo stabilisce la bozza di legge elettorale. E prevede che sulla scheda ci siano il simbolo di lista, insieme a nome e cognome dei candidati. (ANSA)
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Il testo di riforma della legge elettorale è stato depositato in commissione Affari costituzionali della Camera. Lo ha confermato il presidente, Francesco Paolo Sisto, entrando in commissione. Dopo un lunga giornata di consultazioni e rinvii, il testo base della legge elettorale Renzi-Berlusconi ha visto la luce. Due articoli in tutto, ma molto corposi.
Il primo: «Modifiche al sistema di elezione della Camera dei deputati». Il secondo, che probabilmente verrà gettato al macero qualora si faccia in tempo a cancellare con legge costituzionale il Senato elettivo: «Modifiche al sistema di elezione del Senato della Repubblica».
NODI DA SCIOGLIERE – Questa sera il testo base verrà adottato con una votazione, ma Scelta civica ha già fatto sapere che non intende dare il suo assenso. I nodi ancora da sciogliere durante la discussione in Parlamento sono ancora molti: la «norma Salva Lega», innanzitutto, che prevede un lasciapassare per i pariti regionali che non superano le soglie di sbarramento nazionali (8% per i non coalizzati e il 5% per i partiti coalizzati). In pratica la Lega avrebbe la sua rappresentanza parlamentare a patto che raggiunga almeno il 15% in una sola regione o il 10% in tre circoscrizioni. La «norma Salva Lega», inizialmente inserita nel testo su richiesta di Forza Italia, è stata cancellata all’ultimo minuto dopo i mal di pancia nel Pd e soprattutto dopo una riunione di fedelissimi di Alfano, convocata a Palazzo Chigi, durante la quale si era escluso di concedere una chance all’alleato storico del cavaliere. Alla fine, la norma è stata accantonata e così Alfano ha potuto firmare il testo base per il Nuovo centro destra.
LA ROAD MAP – L’agenda per l’approvazione della legge prevede discussione sugli emendamenti da mercoledì sera a venerdì, quando, sempre in serata, scadrà il termine per la presentazione degli emendamenti. Poi, un’interruzione nel fine settimana per consentire il congresso di Sel in modo da votare gli emendamenti in commissione lunedì e martedì. Mercoledì 29 si andrà in aula con soli due giorni di ritardo per poi avviare un iter con tempo contingentati nel mese di febbraio (come prevede il regolamento della Camera). Fonti parlamentari, comunque, segnalano un’altra possibilità: vanti tutta in aula per approvare la legge entro la fine della prossima settimana.
LO STOP DI MEROLEDì POMERIGGIO – Primo rinvio e primo intoppo per la commissione Affari costituzionali della Camera che mercoledì alle 14 avrebbe dovuto iniziare ad esaminare il testo base della legge elettorale Renzi-Berlusconi. Ma il testo non è ancora pronto e la seduta è slittata alla sera. Motivo non ufficiale: gli uffici della Camera che assistono il relatore Francesco Paolo Sisto (FI) stanno cercando di confezionare la cosiddetta norma «salva Lega».
Il Carroccio, infatti, con lo sbarramento al 5% per i partiti coalizzati rischia di rimanere fuori dal Parlamento se si andasse a votare con l’Italicum (la legge Renzi-Berlusconi, appunto) visto che alle ultime elezioni di febbraio 2013 il bottino fu assai magro: 3,9% a livello nazionale.
REAZIONI – Amaro il commento di Ignazio La Russa (Fratelli d’Italia): «La cosa strana è che Berlusconi vuole salvare la Lega e ammazzare gli altri alleati». Di segno opposto l’intervento del neo segretario leghista, Matteo Salvini: «La Lega non ha bisogno di “aiutini” o leggi elettorali fatte su misura. Il consenso lo chiediamo ai cittadini, alla luce del sole, non con accordi o accordini “salva Lega”».
UN AIUTINO PER LA LEGA – Maria Elena Boschi, la responsabile del settore riforme del Partito democratico, ha chiesto lumi ai colleghi del Senato. In particolare alla senatrice Doris Lo Moro (Pd) che fino a qualche settimana fa era relatrice insieme a Donato Bruno (FI) del cosidetto «pillolato», ovvero il penultimo schema della legge elettorale. In quel testo, la norma «salva Lega» prevedeva che, alla Camera, superano lo sbarramento nazionale anche i partiti che raggiungono il 10 per cento in tre circoscrizioni e, al Senato, i partiti che ottengono il 15 per cento in una Regione. Questa norma, concordata a suo tempo al senato tra Pd, FI e Lega, dovrebbe essere il punto di caduta anche nel testo Renzi-Berlusconi. Il problema infatti ora si ripropone e il Carroccio ha fatto le sue richieste all’alleato di Forza Italia anche perché il risultato di febbraio 2012 ha prodotto un esito incerto: tanto da mettere a rischio la stessa costituzione dei gruppi parlamentari della Lega che, non avendo parlamentari e senatori sufficienti, hanno dovuto chiedere in prestito due senatori e due deputati. L’aiutino per il Carroccio è arrivato da un drappello di parlamentari eletti in Sicilia. I gruppi infatti si chiamano Lega e Autonomie.
LE PLURICANDIDATURE – Un altro problema messo sul tavolo dai rappresentanti del Nuovo centro destra di Angelino Alfano è quello delle multicandidature che però potrebbe presentare profili di costituzionalità. L’Italicum prevede un meccanismo casuale che non mette direttamente in collegamento i voti espressi e il candidato eletto. Non sapendo dove scatta il quorum (visto che il riparto dei seggi è nazionale su base proporzionale) il partito di Alfano ritiene irrinunciabile la necessità di poter presentare i candidati forti in più collegi.
SEI MILIONI DI VOTI AL MACERO – Secondo una simulazione prodotta dal deputato Pino Pisicchio (Centro democratico) la legge Renzi-Berlusconi farebbe entrare in Parlamento (se si utilizzano i risultati di febbraio 2012) soltanto 4 partiti: M5S, Pd, Pdl (oggi Forza Italia più Ncd di Alfano), Scelta civica. In totale, puntualizza Pisicchio, «questi 4 partiti hanno raccolto 27,4 milioni espressi su 34 milioni. Ne consegue che con questo nuovo modello elettorale 6,6 milioni di italiani rimarrebbero senza rappresentanza in Parlamento».
SENATO E LISTE BLOCCATE – Il testo base della legge elettorale Renzi-Berlusconi ancora non è pronto, dunque, ma già si vedono le crepe. Alla riunione dei deputati del Pd qualcuno ha fatto un balzo sulla poltroncina rossa su cui era seduto quando è stato spiegato che al Senato le liste bloccate potrebbero essere lunghe, con più di venti nomi in alcuni casi. Facciamo l’esempio dell’Emilia Romagna: la regione rossa per eccellenza esprime 22 senatori e siccome l’assemblea di Palazzo Madama si elegge su base regionale va da sé che il territorio emiliano non sarebbe diviso in circoscrizioni provinciali (con quattro sei candidati in lista) come invece si procederà a fare per la Camera.
Dunque le liste dell’Italicum per il Senato rischiano di essere lunghe come quelle del Porcellum bocciate dalla Consulta. In modo frenetico, dunque – tra mille consultazioni telefoniche – si sta studiando una soluzione per disegnare circoscrizioni provinciali con liste corte anche per il Senato. E’ pure vero però che nella road map disegnata da Renzi il Senato elettivo dovrebbe sparire e quindi la parte della legge elettorale risulterebbe dedicata a Palazzo Madama, almeno nelle intenzioni del segretario, un puro esercizio di stile.
CIRCOSCRIZIONI – Un’altra novità riguarda chi dovrà disegnare le circoscrizioni provinciali ritagliandole sulla base de censimento Istat 2011. In passato questo delicato mestiere è sempre stato affidato alle mani abili dei prefetti e dei funzionari del ministero dell’Interno. Ora invece, e lo conferma Sisto , sarà la legge a decidere l’ampiezza e la caratteristica geografica delle circoscrizioni: «Manca ancora l’allegato con le circoscrizioni», ha detto Sisto annunciando comunque la presentazione del testo definitivo per questa sera». Dunque dopo la norma «salva Lega» («Se ci fanno fuori dal Parlamento daremo battaglia nel Paese», ha detto Umberto Bossi) ora scoppia la «grana delle liste del Senato e dell’esclusione del ministero» dell’Interno. Sisto comunque, ha detto che le norme «riguardanti la Lega non saranno comprese nel testo base.
C’è da giurarci però che le norme «salva Lega» verranno presentate sotto forma di emendamenti (che vanno depositati entro venerdì sera).Il testo di riforma della legge elettorale è stato depositato in commissione Affari costituzionali della Camera. Lo ha confermato il presidente, Francesco Paolo Sisto, entrando in commissione. Dopo un lunga giornata di consultazioni e rinvii, il testo base della legge elettorale Renzi-Berlusconi ha visto la luce. Due articoli in tutto, ma molto corposi.
Il primo: «Modifiche al sistema di elezione della Camera dei deputati». Il secondo, che probabilmente verrà gettato al macero qualora si faccia in tempo a cancellare con legge costituzionale il Senato elettivo: «Modifiche al sistema di elezione del Senato della Repubblica».
NODI DA SCIOGLIERE – Questa sera il testo base verrà adottato con una votazione, ma Scelta civica ha già fatto sapere che non intende dare il suo assenso. I nodi ancora da sciogliere durante la discussione in Parlamento sono ancora molti: la «norma Salva Lega», innanzitutto, che prevede un lasciapassare per i pariti regionali che non superano le soglie di sbarramento nazionali (8% per i non coalizzati e il 5% per i partiti coalizzati). In pratica la Lega avrebbe la sua rappresentanza parlamentare a patto che raggiunga almeno il 15% in una sola regione o il 10% in tre circoscrizioni. La «norma Salva Lega», inizialmente inserita nel testo su richiesta di Forza Italia, è stata cancellata all’ultimo minuto dopo i mal di pancia nel Pd e soprattutto dopo una riunione di fedelissimi di Alfano, convocata a Palazzo Chigi, durante la quale si era escluso di concedere una chance all’alleato storico del cavaliere. Alla fine, la norma è stata accantonata e così Alfano ha potuto firmare il testo base per il Nuovo centro destra.
LA ROAD MAP – L’agenda per l’approvazione della legge prevede discussione sugli emendamenti da mercoledì sera a venerdì, quando, sempre in serata, scadrà il termine per la presentazione degli emendamenti. Poi, un’interruzione nel fine settimana per consentire il congresso di Sel in modo da votare gli emendamenti in commissione lunedì e martedì. Mercoledì 29 si andrà in aula con soli due giorni di ritardo per poi avviare un iter con tempo contingentati nel mese di febbraio (come prevede il regolamento della Camera). Fonti parlamentari, comunque, segnalano un’altra possibilità: vanti tutta in aula per approvare la legge entro la fine della prossima settimana.
LO STOP DI MEROLEDì POMERIGGIO – Primo rinvio e primo intoppo per la commissione Affari costituzionali della Camera che mercoledì alle 14 avrebbe dovuto iniziare ad esaminare il testo base della legge elettorale Renzi-Berlusconi. Ma il testo non è ancora pronto e la seduta è slittata alla sera. Motivo non ufficiale: gli uffici della Camera che assistono il relatore Francesco Paolo Sisto (FI) stanno cercando di confezionare la cosiddetta norma «salva Lega».
Il Carroccio, infatti, con lo sbarramento al 5% per i partiti coalizzati rischia di rimanere fuori dal Parlamento se si andasse a votare con l’Italicum (la legge Renzi-Berlusconi, appunto) visto che alle ultime elezioni di febbraio 2013 il bottino fu assai magro: 3,9% a livello nazionale.
REAZIONI – Amaro il commento di Ignazio La Russa (Fratelli d’Italia): «La cosa strana è che Berlusconi vuole salvare la Lega e ammazzare gli altri alleati». Di segno opposto l’intervento del neo segretario leghista, Matteo Salvini: «La Lega non ha bisogno di “aiutini” o leggi elettorali fatte su misura. Il consenso lo chiediamo ai cittadini, alla luce del sole, non con accordi o accordini “salva Lega”».
UN AIUTINO PER LA LEGA – Maria Elena Boschi, la responsabile del settore riforme del Partito democratico, ha chiesto lumi ai colleghi del Senato. In particolare alla senatrice Doris Lo Moro (Pd) che fino a qualche settimana fa era relatrice insieme a Donato Bruno (FI) del cosidetto «pillolato», ovvero il penultimo schema della legge elettorale. In quel testo, la norma «salva Lega» prevedeva che, alla Camera, superano lo sbarramento nazionale anche i partiti che raggiungono il 10 per cento in tre circoscrizioni e, al Senato, i partiti che ottengono il 15 per cento in una Regione. Questa norma, concordata a suo tempo al senato tra Pd, FI e Lega, dovrebbe essere il punto di caduta anche nel testo Renzi-Berlusconi. Il problema infatti ora si ripropone e il Carroccio ha fatto le sue richieste all’alleato di Forza Italia anche perché il risultato di febbraio 2012 ha prodotto un esito incerto: tanto da mettere a rischio la stessa costituzione dei gruppi parlamentari della Lega che, non avendo parlamentari e senatori sufficienti, hanno dovuto chiedere in prestito due senatori e due deputati. L’aiutino per il Carroccio è arrivato da un drappello di parlamentari eletti in Sicilia. I gruppi infatti si chiamano Lega e Autonomie.
LE PLURICANDIDATURE – Un altro problema messo sul tavolo dai rappresentanti del Nuovo centro destra di Angelino Alfano è quello delle multicandidature che però potrebbe presentare profili di costituzionalità. L’Italicum prevede un meccanismo casuale che non mette direttamente in collegamento i voti espressi e il candidato eletto. Non sapendo dove scatta il quorum (visto che il riparto dei seggi è nazionale su base proporzionale) il partito di Alfano ritiene irrinunciabile la necessità di poter presentare i candidati forti in più collegi.
SEI MILIONI DI VOTI AL MACERO – Secondo una simulazione prodotta dal deputato Pino Pisicchio (Centro democratico) la legge Renzi-Berlusconi farebbe entrare in Parlamento (se si utilizzano i risultati di febbraio 2012) soltanto 4 partiti: M5S, Pd, Pdl (oggi Forza Italia più Ncd di Alfano), Scelta civica. In totale, puntualizza Pisicchio, «questi 4 partiti hanno raccolto 27,4 milioni espressi su 34 milioni. Ne consegue che con questo nuovo modello elettorale 6,6 milioni di italiani rimarrebbero senza rappresentanza in Parlamento».
SENATO E LISTE BLOCCATE – Il testo base della legge elettorale Renzi-Berlusconi ancora non è pronto, dunque, ma già si vedono le crepe. Alla riunione dei deputati del Pd qualcuno ha fatto un balzo sulla poltroncina rossa su cui era seduto quando è stato spiegato che al Senato le liste bloccate potrebbero essere lunghe, con più di venti nomi in alcuni casi. Facciamo l’esempio dell’Emilia Romagna: la regione rossa per eccellenza esprime 22 senatori e siccome l’assemblea di Palazzo Madama si elegge su base regionale va da sé che il territorio emiliano non sarebbe diviso in circoscrizioni provinciali (con quattro sei candidati in lista) come invece si procederà a fare per la Camera. Dunque le liste dell’Italicum per il Senato rischiano di essere lunghe come quelle del Porcellum bocciate dalla Consulta. In modo frenetico, dunque – tra mille consultazioni telefoniche – si sta studiando una soluzione per disegnare circoscrizioni provinciali con liste corte anche per il Senato.E’ pure vero però che nella road map disegnata da Renzi il Senato elettivo dovrebbe sparire e quindi la parte della legge elettorale risulterebbe dedicata a Palazzo Madama, almeno nelle intenzioni del segretario, un puro esercizio di stile.
CIRCOSCRIZIONI – Un’altra novità riguarda chi dovrà disegnare le circoscrizioni provinciali ritagliandole sulla base de censimento Istat 2011. In passato questo delicato mestiere è sempre stato affidato alle mani abili dei prefetti e dei funzionari del ministero dell’Interno. Ora invece, e lo conferma Sisto , sarà la legge a decidere l’ampiezza e la caratteristica geografica delle circoscrizioni: «Manca ancora l’allegato con le circoscrizioni», ha detto Sisto annunciando comunque la presentazione del testo definitivo per questa sera». Dunque dopo la norma «salva Lega» («Se ci fanno fuori dal Parlamento daremo battaglia nel Paese», ha detto Umberto Bossi) ora scoppia la «grana delle liste del Senato e dell’esclusione del ministero» dell’Interno. Sisto comunque, ha detto che le norme «riguardanti la Lega non saranno comprese nel testo base. C’è da giurarci però che le norme «salva Lega» verranno presentate sotto forma di emendamenti (che vanno depositati entro venerdì sera).
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Primo, «chiunque dei nostri vada in tv deve difendere Renzi in tutti i modi. Nessuna ironia, nessun attacco contro di lui». E soprattutto secondo, «la nostra controffensiva mediatica deve essere incentrata contro la sinistra del Pd e contro il governo Letta». Stavolta nessuna black list . Stavolta, direttamente da Arcore, Silvio Berlusconi impartisce ai suoi le regole d’ingaggio su come tarare la comunicazione forzista, «su cosa dire in televisione» all’indomani dell’accordo sulle riforme. Poche regole ma chiare. Attacchi contro Renzi no, mirino contro l’ala bersanian-dalemiana del Pd e contro il tandem Letta-Alfano sì. Tanto che vedendo il vicepremier in tv mentre protestava contro «il Parlamento dei nominati» e chiedeva a gran voce le preferenze, il Cavaliere avrebbe quasi perso le staffe. «Ma di che cosa sta parlando? Ma se l’ho nominato io, lui? Quali preferenze? Avesse almeno la decenza di tacere».
Berlusconi, l’arrivo alla sede del Pd
Berlusconi l’aveva detto già la settimana scorsa, durante una cena, che «alla fine dentro il Pd ci sarà la scissione». E quando lunedì s’è accomodato sulla poltrona per assistere allo streaming della direzione dei Democratici, le sue convinzioni si sono trasformate in certezze. «Il cammino delle riforme deve essere avviato in Parlamento senza intoppi», ha spiegato ai suoi. E «nessuno di noi deve mostrarsi diffidente o critico. Perché questi del Pd si separano davvero e, contemporaneamente, lo spazio per partitini di centro sarà cancellato. È la nostra occasione d’oro…».
È per questo che, tra il vertice al Nazareno di sabato e la notte di domenica, Berlusconi s’è rimangiato tutte le perplessità su quel «ballottaggio» previsto dall’Italicum che inizialmente aveva respinto. «Perché quello che abbiamo da guadagnare è più di quello che abbiamo da perdere», è stata la spiegazione ufficiosa. Il resto è chiaro. Difendere il leader Renzi significa acuire lo scontro interno al centrosinistra. Mantenere il patto siglato nella sede del Pd vuol dire riaccreditarsi come «leader politico» e allontanare – in vista della campagna elettorale – la Grande Ombra della sentenza della Cassazione, di cui non a caso nessuno parla più.
Le «tavole di Arcore» sono state prese alla lettera da tutti. Renato Brunetta, che pure era un acceso sostenitore del Mattarellum e un arcigno censore del sindaco di Firenze, adesso la mette così: «Ho ascoltato Renzi alla direzione del Pd e sono d’accordo con quello che ha detto. L’accordo raggiunto non si può correggere e io mi fido di lui». Per non parlare di Daniela Santanché, prima fila dell’ala dei falchi, che adesso di «falco» mostra ben poco: «La legge elettorale sui cui s’è trovato l’accordo con Renzi deve essere approvata così com’è e al più presto». Mentre Raffaele Fitto, lanciando la kermesse di Forza Italia di domenica prossima in Puglia, parla di un Cavaliere «che ha riaperto scenari di enorme interesse per il Paese». E questa è soltanto la prima parte del piano. Per la seconda, cioè gli attacchi ad alzo zero contro l’ala anti-renziana del Pd, basta dare un’occhiata al profilo Twitter del «Mattinale», l’house organ del gruppo forzista alla Camera. «Cuperlo è arrabbiato con Renzi solo perché gli ha ricordato che si è fatto piazzare sul burro del listino fabbricato per gli ultragarantiti», «Cuperlo si dimette dunque esiste», «Cuperlino listino», «Cuperlativo assoluto», e via dicendo, con attacchi anche a Letta e Alfano.
Perché, citando (inconsapevolmente) Bettino Craxi, dopo sabato Berlusconi è sicuro di avere in mano «il poker d’assi». L’ultima rilevazione di Euromedia dà il centrodestra (34) in vantaggio di 0,6 punti sul centrosinistra (33,4). Un vantaggio che Tecné rivede addirittura al rialzo, con la coalizione berlusconiana (37,1) che, al contrario degli avversari (33,4), supererebbe il quorum dell’Italicum. «Con le riforme in Aula, noi possiamo solo crescere. Al contrario del Pd», è la scommessa che fanno ad Arcore. Non a caso nessuno, tra i berlusconiani, ha in mente ritocchi all’accordo. «Abbiamo dato il via libera a quello. Se salta, per noi salta tutto. E non sarebbe certo colpa nostra…», sorride Paolo Romani. Come hanno sorriso in serata anche gli avvocati del Cavaliere, quando hanno saputo che la Corte di Straburgo ha dichiarato «ricevibile» il ricorso di un candidato alle regionali del Molise sulla retroattività della legge Severino. Che potrebbe essere la breccia verso quel muro normativo che l’ex premier conta ancora di sfondare. Per ritornare in campo, in prima persona. ROMA – Primo, «chiunque dei nostri vada in tv deve difendere Renzi in tutti i modi. Nessuna ironia, nessun attacco contro di lui». E soprattutto secondo, «la nostra controffensiva mediatica deve essere incentrata contro la sinistra del Pd e contro il governo Letta». Stavolta nessuna black list . Stavolta, direttamente da Arcore, Silvio Berlusconi impartisce ai suoi le regole d’ingaggio su come tarare la comunicazione forzista, «su cosa dire in televisione» all’indomani dell’accordo sulle riforme. Poche regole ma chiare. Attacchi contro Renzi no, mirino contro l’ala bersanian-dalemiana del Pd e contro il tandem Letta-Alfano sì. Tanto che vedendo il vicepremier in tv mentre protestava contro «il Parlamento dei nominati» e chiedeva a gran voce le preferenze, il Cavaliere avrebbe quasi perso le staffe. «Ma di che cosa sta parlando? Ma se l’ho nominato io, lui? Quali preferenze? Avesse almeno la decenza di tacere».
Berlusconi, l’arrivo alla sede del Pd
Berlusconi, l’arrivo alla sede del Pd Berlusconi, l’arrivo alla sede del Pd Berlusconi, l’arrivo alla sede del Pd Berlusconi, l’arrivo alla sede del Pd Berlusconi, l’arrivo alla sede del Pd
Berlusconi l’aveva detto già la settimana scorsa, durante una cena, che «alla fine dentro il Pd ci sarà la scissione». E quando lunedì s’è accomodato sulla poltrona per assistere allo streaming della direzione dei Democratici, le sue convinzioni si sono trasformate in certezze. «Il cammino delle riforme deve essere avviato in Parlamento senza intoppi», ha spiegato ai suoi. E «nessuno di noi deve mostrarsi diffidente o critico. Perché questi del Pd si separano davvero e, contemporaneamente, lo spazio per partitini di centro sarà cancellato. È la nostra occasione d’oro…».
È per questo che, tra il vertice al Nazareno di sabato e la notte di domenica, Berlusconi s’è rimangiato tutte le perplessità su quel «ballottaggio» previsto dall’Italicum che inizialmente aveva respinto. «Perché quello che abbiamo da guadagnare è più di quello che abbiamo da perdere», è stata la spiegazione ufficiosa. Il resto è chiaro. Difendere il leader Renzi significa acuire lo scontro interno al centrosinistra. Mantenere il patto siglato nella sede del Pd vuol dire riaccreditarsi come «leader politico» e allontanare – in vista della campagna elettorale – la Grande Ombra della sentenza della Cassazione, di cui non a caso nessuno parla più.
Le «tavole di Arcore» sono state prese alla lettera da tutti. Renato Brunetta, che pure era un acceso sostenitore del Mattarellum e un arcigno censore del sindaco di Firenze, adesso la mette così: «Ho ascoltato Renzi alla direzione del Pd e sono d’accordo con quello che ha detto. L’accordo raggiunto non si può correggere e io mi fido di lui». Per non parlare di Daniela Santanché, prima fila dell’ala dei falchi, che adesso di «falco» mostra ben poco: «La legge elettorale sui cui s’è trovato l’accordo con Renzi deve essere approvata così com’è e al più presto». Mentre Raffaele Fitto, lanciando la kermesse di Forza Italia di domenica prossima in Puglia, parla di un Cavaliere «che ha riaperto scenari di enorme interesse per il Paese». E questa è soltanto la prima parte del piano. Per la seconda, cioè gli attacchi ad alzo zero contro l’ala anti-renziana del Pd, basta dare un’occhiata al profilo Twitter del «Mattinale», l’house organ del gruppo forzista alla Camera. «Cuperlo è arrabbiato con Renzi solo perché gli ha ricordato che si è fatto piazzare sul burro del listino fabbricato per gli ultragarantiti», «Cuperlo si dimette dunque esiste», «Cuperlino listino», «Cuperlativo assoluto», e via dicendo, con attacchi anche a Letta e Alfano.
Perché, citando (inconsapevolmente) Bettino Craxi, dopo sabato Berlusconi è sicuro di avere in mano «il poker d’assi». L’ultima rilevazione di Euromedia dà il centrodestra (34) in vantaggio di 0,6 punti sul centrosinistra (33,4). Un vantaggio che Tecné rivede addirittura al rialzo, con la coalizione berlusconiana (37,1) che, al contrario degli avversari (33,4), supererebbe il quorum dell’Italicum. «Con le riforme in Aula, noi possiamo solo crescere. Al contrario del Pd», è la scommessa che fanno ad Arcore. Non a caso nessuno, tra i berlusconiani, ha in mente ritocchi all’accordo. «Abbiamo dato il via libera a quello. Se salta, per noi salta tutto. E non sarebbe certo colpa nostra…», sorride Paolo Romani. Come hanno sorriso in serata anche gli avvocati del Cavaliere, quando hanno saputo che la Corte di Straburgo ha dichiarato «ricevibile» il ricorso di un candidato alle regionali del Molise sulla retroattività della legge Severino. Che potrebbe essere la breccia verso quel muro normativo che l’ex premier conta ancora di sfondare. Per ritornare in campo, in prima persona.
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