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“Stato criminale”: Scarantino arrestato dalla polizia [VIDEO]

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ROMA (WSI) – Fermato in macchina, perquisito e arrestato dopo la sua ospitata su La7. Vincenzo Scarantino era la prima volta che parlava sul piccolo schermo e sicuramente non si aspettava un epilogo del genere.

Dopo la trasmissione sta tornando in albergo a bordo di un’auto con autista della produzione, ma fuori dagli studi di Cinecittà, all’angolo fra via Lamaro e Tuscolana, lo aspettano due volanti e tre auto civetta: paletta rossa e perquisizione. Poi gli agenti caricano l’ex collaboratore di giustizia e lo portano via.

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Poco prima l’uomo che si è accusato, salvo poi rimangiarsi tutto, della strage di Via d’Amelio è da Michele Santoro a raccontare di come sia stato torturato e costretto a mentire. Con il volto coperto da una maschera il falso pentito parla di una persona che “architetta il depistaggio”, ma se ne guarda bene dal fare il nome.

Subito dopo il blitz, la redazione riesce a mettersi in contatto con lui e scopre che lo stanno portando in Questura: “Ma sentiamo una voce che dice ‘prima in Questura, poi in albergo’”. Infatti Scarantino all’inizio viene portato al posto di polizia, dove gli prendono le impronte digitali e gli notificano un atto, e poi in hotel.

Nel frattempo la squadra di Servizio Pubblico cerca di ricostruire gli episodi e si riversa, telecamera alla mano, sotto il suo albergo. “Le forze dell’ordine hanno comunicato che si tratta di una notifica non meglio precisata – raccontano – Ma siamo sconvolti dalla modalità e insospettiti dalla tempistica dell’operazione”.

L’INCREDIBILE STORIA DI SCARANTINO:

Passa mezz’ora e l’ex testimone di giustizia arriva scortato da dieci agenti. I giornalisti riescono a girare qualche immagine, ma i poliziotti si barricano nella sua camera per uscirne poco dopo. Scarantino è in stato d’arresto e quindi di torna in Questura. “Non sappiamo il motivo della cattura ma niente giustifica un blitz così clamoroso”, dicono i giornalisti sotto l’albergo.

Poco prima, in trasmissione, l’uomo che si è auto intestato la morte di Paolo Borsellino e degli uomini della sua scorta ha descritto come un gruppo di poliziotti lo faceva studiare preparandolo agli interrogatori: “Le sere prima mi leggevano tutto e io dovevo memorizzare tutto quello che sentivo”. Racconta di essere stato plasmato a dovere per dire esattamente le parole giuste sulla strage e conferma le accuse contro il defunto questore Arnaldo La Barbera che lo avrebbe costretto a mentire.

L’INTERVENTO DI TRAVAGLIO:

Viene arrestato nel 1992 quando è poco più di un picciotto di borgata. Dopo un anno di carcere duro a Pianosa, decide di collaborare spiegando per filo e per segno come e perché sia stato organizzato l’omicidio Borsellino. Ma a un certo punto, a sorpresa, decide di ritrattare tutto puntando il dito contro poliziotti e magistrati che, a suo dire, lo avrebbero costretto a testimoniare ciò che non aveva mai fatto, visto o sentito. Dopo una condanna a 18 anni per la strage, attualmente è imputato a Caltanissetta, per calunnia. “La mafia – dice – arriva, spara in faccia, spara in testa. Subito uno si accascia, e muore. Lo Stato, invece, ti fa morire giorno dopo giorno”. Oggi vive per strada emarginato da tutti.

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