Mercati

Deficit e superamento soglia 3%. Ue apre all’Italia?

Questa notizia è stata scritta più di un anno fa old news

ROMA (WSI) – Torna il ballo del 3 per cento, gran rito contabile europeo che coniuga speranze e doveri di chi – come l’Italia – è affetto da patologie di bilancio e scarsa competitività. Jeroen Dijsselbloem lo rilancia con una prudente apertura di credito al governo Renzi, dice che l’Europa è in cerca di strumenti per rendere più compatibili sviluppo e rigore. «La Commissione Ue ha il potere di concedere più tempo – afferma il presidente dell’Eurogruppo – e, se necessario, imporre condizioni con altre riforme da adottare». Vuol dire che a Roma il nuovo esecutivo può pensar di barattare interventi strutturali con minori vincoli fiscali. Anche se non sarà un percorso semplice e privo di costi politici.

L’Italia ha messo in sicurezza il deficit, per il 2014 promette un rapporto col pil al 2,5% (2,7 secondo la Commissione). Il problema è la correzione effettiva e graduale dell’immenso debito, che Bruxelles vorrebbe superiore a 0,6 punti di pil nel 2014, ma che è di almeno lo 0,4 inferiore secondo la direzione Ecofin. I margini pratici di azione del governo sono «pressoché nulli», quindi per dare la scossa necessaria Renzi dovrebbe tagliare la spesa, o trova un coniglio nel cappello che potrebbe essere l’apertura di un negoziato con l’Ue, mettendo sul tavolo un programma di riforme sostanzioso e calendarizzato, da giocare in cambio di una rigidità ridotta nella correzione del bilancio.

E’ convinto che sia fattibile Antonio Tajani, commissario Ue per l’Industria. Il suo argomento è che il Patto di stabilità che impone il tetto del 3% di deficit sul pil «non è gestito da un computer, ci sono fattori attenuanti che vanno valutati». Può essere «interpretato in modo intelligente», in particolar modo «se l’Italia si presenta con riforme serie, e con un piano di tagli alla spesa e di investimenti per la crescita». A Germania e Francia, rileva, «nel 2003 è stato concesso». In realtà la questione, per quanto concreta, è più sfumata. Sia il commissario Ue per l’Economia, Olli Rehn, che l’olandese Dijsselbloem, sottolineano che l’Italia «è un paese profondamente europeista» e che si attendono che «rispetti gli impegni». Nelle parole del presidente dell’Eurogruppo emerge però una sfumatura diversa dal solito rigore. Spiega una fonte che a Bruxelles «si è consapevoli del fatto che un fallimento dell’impresa di Renzi potrebbe condurre il Bel Paese in un angolo dal quale sarebbe difficile uscire». Esiste dunque una misurata volontà di dare una mano, «ma è chiaro che tutto dovrebbe avvenire sotto il 3%». «Non conosciamo i piani di Renzi», sintetizza Dijsselbloem. Nella capitale europea danno tutti per scontato un arrivo del premier appena formato il governo. Mostrarsi flessibili è un modo gentile per invitare a non mollare.
Anche il ministro dell’Economia, Fabrizio Saccomanni, ha detto che «si può andar sopra il 3%, ma si pagano le conseguenze in termini di reputazione, credibilità e accesso ai mercati». L’ex direttore di Bankitalia ha rivendicato l’effetto della strategia del governo che ha portato una crescita «fatta in casa». Ora si aspetta che le previsioni invernali di Bruxelles siano migliori delle precedenti (crescita allo 0,7) e inferiori a quelle dell’Italia (1,1).

Dai numeri che vedremo martedì prossimo dipende molto del futuro del governo Renzi. «E’ un uomo giovane e dinamico che può portare un vento nuovo nella politica italiana ed europea», ha detto a Youdem il presidente dell’Europarlamento, Martin Schulz. La Commissione è pronta ad ascoltare cosa ha in mente per le riforme, e sfruttare i margini possibili per aiutare il Paese e il corso che cambia. Nessuno vuole perdere l’Italia che ha bisogno di crescita e posti di lavoro. L’austerità «si può interpretare». Soprattutto alla vigilia del voto europeo.

Il contenuto di questo articolo, pubblicato da La Stampa – che ringraziamo – esprime il pensiero dell’ autore e non necessariamente rappresenta la linea editoriale di Wall Street Italia, che rimane autonoma e indipendente.

Copyright © La Stampa. All rights reserved