ROMA (WSI) – È ancora da chiarire in che termini il governo possa usare la Cassa depositi e prestiti (Cdp) per sbloccare il pagamento dei debiti commerciali accumulati dalla pubblica amministrazione verso i fornitori privati.
Lo dice il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, opponendo un “no comment” alla domanda se l’esecutivo intenda dare attuazione allo strumento della garanzia pubblica sui debiti.
“Dobbiamo ancora precisare il meccanismo”, dice l’ex capo economista dell’Ocse a margine dei lavori alla Camera.
Ieri il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, ha annunciato “lo sblocco totale dei debiti della Pa attraverso un diverso utilizzo della Cdp”, la holding del Tesoro che è fuori dal perimetro del bilancio pubblico italiano.
Deputati e senatori hanno interpretato le parole dell’ex sindaco di Firenze come un avallo al piano suggerito la scorsa estate dal presidente della Cassa, Franco Bassanini, ma rimasto inapplicato.
In teoria la soluzione è già alla portata del Tesoro perché è disciplinata dal decreto legge 76 del 2013 e consiste nell’accelerare i rimborsi facilitando la cessione delle fatture a banche e Cdp.
L’operazione “riguarda la Cassa indirettamente. Cdp ha solo un ruolo sussidiario e di ultima istanza. Quindi i crediti delle imprese verso la Pa, una volta garantiti dallo Stato, verrebbero acquistati principalmente dalle banche”, ha ricordato questa mattina Bassanini a margine di un convegno.
L’articolo 11 del decreto stabilisce che i debiti di parte corrente della Pa, diversi da quelli dello Stato e certificati, “sono assistiti da una garanzia dello Stato”.
La garanzia “acquista efficacia solo all’atto dell’individuazione delle risorse”, che confluiscono in un apposito fondo.
Forti di questa protezione, le imprese fornitrici potrebbero cedere il credito “ad una banca o ad un intermediario finanziario, anche sulla base di apposite convenzioni quadro”. Il tasso di sconto non può comunque superare “il 2% dell’ammontare del credito”.
Il decreto non lo dice esplicitamente ma, in caso di morosità, le banche potrebbero cedere i crediti alla Cdp entro un tetto annuo, che Bassanini ha indicato in 3-4 miliardi.
Lo schema dell’operazione trova numerosi sostenitori tra i parlamentari della maggioranza.
Finora però l’articolo 11 è rimasto lettera morta.
La Ragioneria generale dello Stato, guidata da Daniele Franco, ha frenato il varo del decreto amministrativo che dovrebbe disciplinare la garanzia denunciando tre ordini di problemi, secondo quanto riferiscono fonti governative.
Il primo riguarda la certificazione delle fatture, senza la quale è nei fatti impossibile procedere speditamente ai pagamenti. Il Tesoro ha messo in piedi una piattaforma elettronica sulla quale sono registrate, però, fatture per poco più di 3 miliardi, spiega una fonte. Molte amministrazioni debitrici, infatti, resistono al tentativo di far emergere l’esatta consistenza dei debiti commerciali.
La seconda obiezione chiama in causa l’effetto di stimolo all’economia. Franco ritiene che “l’operazione sia più efficace senza forme di intermediazione” bancaria e lo ha detto anche pubblicamente il 22 luglio scorso.
La terza obiezione chiama in causa i vincoli europei. Le strutture del Tesoro temono che un uso imprudente della Cassa possa innescare una reazione di Eurostat. Nell’ipotesi peggiore, l’Italia potrebbe dover consolidare le passività di Cdp nel bilancio pubblico.
(Reuters)