ROMA (WSI) – Centoventuno milioni di euro di perdite in due anni. L’emorragia del Gruppo 24 Ore non accenna ad arrestarsi prospettando un’assemblea di fuoco per il prossimo 26 aprile quando il consiglio proporrà ai soci di utilizzare 81 milioni di riserve sovrapprezzo azioni per ripianare il rosso.
Nel dettaglio il gruppo editoriale di Confindustria, in pieno stato di crisi, ha archiviato il 2013 con 76 milioni di rosso che si aggiungono ai 45,8 dell’anno precedente.
In flessione anche il fatturato: i ricavi dell’editore de Il Sole 24 Ore sono scesi lo scorso anno del 10,5% a 385,5 milioni “principalmente per la persistente crisi del mercato pubblicitario”.
E così il gruppo ha chiuso il suo primo esercizio con un debito, 48,6 milioni di euro, che si confrontano con la posizione finanziaria netta positiva per 5 milioni a fine 2012. A pesare sui risultati dell’editrice guidata da Donatella Treu sono stati soprattutto “oneri non ricorrenti” per 36,6 milioni nel 2013 e 28,5 milioni nell’esercizio antecedente. Ammortamenti e svalutazioni che nel 2013 sono ammontati a 32,5 milioni (contro i 33 del 2012) e sono sostanzialmente riconducibili alla rotativa di Verona che non è più operativa da maggio 2013, e alla divisione Business Media (per 2,9 milioni di euro) ceduta, lo scorso 30 gennaio, alla Tecniche Nuove spa per una cifra simbolica.
A questo punto, il gruppo punta tutto sul piano industriale 2014-2018 approvato lo scorso 11 marzo ipotizzando “una crescita per linee interne” sviluppando un “sistema innovativo di offerta, basato sull’integrazione dei prodotti del Gruppo” e focalizzandosi sui segmenti di fascia alta e su prodotti a elevata marginalità” oltre che sulla “revisione dei processi aziendali e ottimizzazione dei costi”. Costi che però complessivamente nel 2013 sono già calati di 53 milioni (-11,6%) con un forte contributo di tagli al personale (14,7 milioni) grazie all’uso di contratti di solidarietà e alla riduzione dell’organico.
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Comunicato sindacale del CdR dopo la pubblicazione del bilancio consuntivo 2013 del Gruppo (-77mln):
(19.3.2014) – Il consiglio di amministrazione di ieri ha approvato, senza colpo ferire, un bilancio che si chiude con il peggior risultato contabile nella storia della società. Un rosso di 77 milioni che si aggiunge a quelli degli anni passati, con un peggioramento di oltre 35 milioni rispetto al 2012 e che fa sfondare abbondantemente i 200 milioni di perdite in 5 anni. Un risultato pessimo, consumato ai danni di quello che era considerato un gioiello tra le aziende editoriali. Certo, sottolinea l’azienda, quest’anno si fa sentire il peso di partite non ricorrenti, dal minore vantaggio fiscale agli oneri di ristrutturazione. L’andamento gestionale è migliorato, grazie a una politica di trasmigrazione verso il digitale e a un’azione di taglio dei costi, entrambe purtroppo tardive, tant’è che il risultato operativo pre poste straordinarie è ancora ben lontano dal pareggio. Il Sole 24 Ore paga ancora un prezzo troppo alto per i molti errori commessi nel passato (e vogliamo credere che siano stati solo errori), come evidenzia la cruda realtà dei conti.
Dietro queste vicende c’è spesso una storia. Che non è edificante e dice molto dell’insipienza con cui è stata guidata la società in questi anni. Prendiamo una delle ultime, cari lettori, almeno in ordine di tempo: Business Media. Dopo averla acquistata a caro prezzo nei dintorni della quotazione e godendo dei proventi di quest’ultima, questa area, che edita riviste specialistiche, è stata soggetta a ripetute svalutazioni sino a essere ceduta poche settimane fa per un prezzo «simbolico»: quasi 70 milioni andati in fumo, con conseguenze che si abbattono ancora sul bilancio del 2013, visto che a riguardo è stata iscritta un’ulteriore minusvalenza – l’ennesima in pochi anni – di 12 milioni. Che si somma alla dubbia redditività di altri settori non esattamente core, pure essi eredità della campagna di acquisizioni senza costrutto condotta in passato che hanno prosciugato la liquidità incassata con l’Ipo, liquidità che non è stata utilizzata per sostenere il core business dell’informazione in una stagione di cambiamenti strutturali in grado di mettere in ginocchio chi non fosse stato pronto a reagire.
È solo un esempio, ma potremmo continuare, allungando un po’ lo sguardo all’indietro, rievocando iniziative dal dubbio senso editoriale e dall’incerta redditività, varate e chiuse nell’arco di pochi anni. Dalla televisione alla free-press, passando per i Dorsi regionali. Tutto parte del rischio d’impresa?
I ricavi scendono. A partire, vista la crisi economica, da quelli pubblicitari. Tutto naturale allora? Non proprio. La concessionaria System, al netto delle diverse performances sui media del gruppo, è stata, negli ultimi anni, continuamente terremotata da avvicendamenti ai vertici. L’ultimo, poche settimane fa, quando il direttore generale in carica allora è stato “sorpreso” in conflitto d’interessi, come titolare di una quota di proprietà di azienda editoriale concorrente e cliente di System stessa.
Cosa dire, poi, della gestione immobiliare? I canoni di affitto plurimilionari (ancora oltre 20 milioni/anno, nonostante ripetute rinegoziazioni al ribasso) pagati per le sedi di Milano e Roma non hanno alcuna giustificazione di mercato, e soprattutto è incomprensibile come si sia arrivati a stipulare contratti capestro ai danni della società Sole 24 Ore, vincolata unilateralmente e con penali d’uscita draconiane. Anche questo è un dazio a lunga scadenza da pagare a una stagione “imprenditoriale” di cui, a essere ingenui, si stenta a capire la logica ma che continua a incombere sul futuro dei dipendenti del Gruppo.
Sui ricavi editoriali, i risultati sono un po’ più confortanti e la scelta di virare in maniera decisa verso il digitale mostra segnali interessanti. E questo malgrado le contraddizioni di un primato nella diffusione delle copie online che si confronta con un formato cartaceo del giornale che, quanto a dimensioni fisiche, non ha confronti in Italia. Con le evidenti ripercussioni in termini di costi che chiamano in causa, anche qui, le scelte aziendali del passato che hanno imposto l’adozione di rotative a flessibilità zero: o stampa in formato extralarge oppure in formato dimezzato (stile Plus), nessuna possibilità di accedere a formati tabloid intermedi.
E veniamo alla redazione, che prima ha promosso e poi contribuito a realizzare la svolta digitale. Una redazione che ha approvato pochi giorni fa un nuovo e ulteriore stato di crisi, con un piano di contenimento del costo del lavoro che prevede sacrifici per tutti i giornalisti sia in termini di riduzione degli stipendi, con l’applicazione dei contratti di solidarietà, sia in termini di taglio degli organici, con l’attuazione di un piano di prepensionamenti.
Un segnale di responsabilità, che segue ad altri analoghi negli anni passati, ma che non può compensare i nodi strutturali delle scelte aziendali sbagliate che ancora ipotecano pesantemente il raggiungimento dell’equilibrio dei conti. Un andamento che si è avvitato in una spirale viziosa negli anni e in merito al quale l’azionista di maggioranza ha sinora brillato per latitanza. A Confindustria interessa ancora avere un giornale? E, se sì, è soddisfatta dei risultati di questi anni? Non ritiene opportuna una chiamata in causa, ai diversi gradi di responsabilità, di chi è stato nel tempo artefice della debacle certificata ieri?
Considera ancora efficace una prassi di governance che sovrappone le medesime deleghe operative tra presidente e amministratore delegato, non rendendo distinguibile e chiara la figura del capoazienda? Pensa che la concentrazione delle competenze editoriali sino ad avere soppresso di fatto la figura del direttore generale dell’Area editrice sia ancora una soluzione adeguata? Tutte domande sinora senza risposta oppure con risposte che i risultati hanno dimostrato inefficaci, alla luce di quell’unico dato che certifica oltre che la salute di un’azienda anche l’autonomia di una redazione: l’ultima riga del conto economico. Purtroppo anche questo «Siamo noi».
– Il Comitato di Redazione del Sole 24 Ore