ROMA (WSI) – La sfida a nuovi massimi di Borsa passa adesso soprattutto per una gestione efficiente dei crediti problematici rilevati dagli altri istituti di credito. È la convinzione diffusa tra gli analisti a proposito di Banca Ifis, che nell’ultima settimana ha toccato a più riprese i massimi storici, portando così la performance a dodici mesi al +140%. Un progresso superiore di un terzo rispetto a quanto fatto registrare dall’indice Ftse Italia Banche.
«L’ottimismo che ha investito il settore finanziario spiega solo una parte del rendimento», commenta un analista. «Banca Ifis, infatti, è un operatore atipico su questo fronte, dato che i suoi ricavi arrivano soprattutto dalle attività di factoring e dalla gestione dei non performing loan». Un approccio che ha consentito all’istituto mestrino di chiudere il 2013 con un utile netto in crescita dell’8,5 per cento, a 84,8 milioni di euro.
E il dato sarebbe stato più elevato per 7,9 milioni senza l’aggravio dell’acconto Ires introdotto a fine anno con la Legge di Stabilità. Mentre il margine di intermediazione è risultato in progresso del 7,9 per cento raggiungendo i 264,2 milioni.
Durante lo scorso esercizio Banca Ifis ha rafforzato il proprio patrimonio (+23,1 per cento a 380,1 milioni di euro), con il Core Tier 1 che è passato dal 12,92 al 13,70 per cento. «Oggi il titolo quota su livelli importanti, scommettendo sulla capacità della società di confermare i livelli di redditività attuali (il roe è al 24,8 per cento, ndr)», commenta un altro operatore. Secondo il quale l’obiettivo potrà essere centrato solo a patto che «concorrano sia un’abilità di gestione da parte dell’azienda, sia condizioni favorevoli nel mercato».
Sul primo fronte è atteso un contributo limitato dagli investimenti finanziari, dato il trend al ribasso dello spread. La società ha in portafoglio titoli di Stato italiani per 8,3 miliardi di euro, destinati a ridursi progressivamente. «Ai prezzi attuali non vediamo più grandi margini di profitto spiega l’amministratore delegato Giovanni Bossi -.
Al tempo stesso, il rasserenarsi del clima sui mercati ci consente un costo del funding più contenuto». Per centrare il traguardo di mantenere il Roe sopra il 20 per cento fino al 2016 sarà necessario, poi, accelerare la redditività sul business dei non performing loan (il piano industriale indica un obiettivo del 24 per cento per il margine di intermediazione nel 2016 rispetto al 9 per cento di fine 2013).
«La banca ha perfezionato un sistema di gestione dei crediti difficili molto efficiente, ma i risultati sono legati anche all’andamento del ciclo economico, e quindi alla solvibilità dei debitori», commenta l’operatore. Proprio la gestione dei crediti difficili è uno dei temi caldi nelle ultime settimane, tra la prospettiva di creare una bad bank italiana e l’interesse mostrato da alcuni operatori internazionali verso il nostro mercato. Segno di una concorrenza crescente per Ifis? «Per quanto ci riguarda, siamo specializzati nel segmento del credito al consumo.
Rileviamo da altri istituti pacchetti solitamente di qualche decina di milioni di euro, una fetta del mercato che non interessa ai player internazionali, più orientati a gestire i portafogli di grandi dimensioni». Nel risiko che si sta aprendo nel comparto bancario, Bossi assicura di non avere all’orizzonte offerte di acquisto di gruppi concorrenti («puntando alla conferma di una redditività elevata, preferiamo percorrere la strada nota della crescita organica anziché avventurarci in acquisizioni »), né sembrano esservi possibilità che a breve il gruppo diventi preda di un operatore più grande, considerato che Sebastien Egon Fürstenberg ha in mano la maggioranza assoluta del capitale e non appare intenzionato a scendere.
Così la recente comunicazione di Invesco, che ha annunciato di essere salita al 3% del capitale sociale, va inquadrata nel generale ritorno dei gestori internazionali sul nostro Paese. A sinistra, l’andamento del titolo azionario Banca Ifis negli ultimi 365 giorni.
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