ROMA (WSI) – Comincia la settimana che andrà a chiudere questo giugno durante il quale il mercato e gli investitori hanno atteso le mosse delle diverse banche centrali ed hanno appreso le linee guida dei diversi istituti centrali. Federal reserve e BCE sopra tutte sono state protagoniste, con risultati sul fronte euro e sul fronte borse che, in qualche modo, fanno comprendere come non sia cambiato nulla rispetto allo scorso maggio, nessun provvedimento così incisivo da ridimensionare per lo meno la forza della moneta unica europea.
Le banche centrali hanno fatto centro?
Dopo che il mercato si è mostrato euro-centrico per circa tutto il mese che ha accompagnato alla riunione del 5 giugno, durante la quale la BCE ha tagliato i tassi di interesse di riferimento ufficiali oltre a quelli sui depositi, dopo la settimana che ha visto protagonista la Federal Reserve possiamo tornare a considerarlo sia dal punto di vista dell’analisi sia da quello operativo come dollaro-centrico, che fa senso all’interno del quadro di non mutamento prodotto dalle decisioni delle due banche centrali citate.
Partendo dalla prima, dopo una decina di giorni da quando il taglio sotto zero dei tassi sui depositi è divenuto effettivo, i depositi sulla BCE sono sì scesi rispetto alla media di tutto il 2014, ma stanno lentamente tornando a salire di importo. Chiaro, è presto prima di tirare qualsiasi conclusione, ma come sempre ci sbilanciamo andando a ragionare sugli effetti potenziali sul mercato del credito. La media dei depositi (in milioni di euro) dal 1 gennaio 2014 al 10 giugno 2014 è stata di circa 35.000 (pensiamo che la media dell’intero 2007, anno pre-crisi, è stata di 538); a partire dal primo giorno in cui i tassi di deposito sono passati in territorio negativo (-0.10%, il che significa che per depositare liquidità in eccesso presso la BCE le banche commerciali devono sostenere un costo) questa media è passata a circa 18.000, il che risulta significativo se considerato la percentuale di diminuzione dei depositi (in media circa il 50%, ad ora) ma se andiamo a considerare il valore assoluto del denaro depositato a costo presso la BCE anziché fatto circolare tra le banche, riusciamo a comprendere come il cambiamento a livello di circolante nel mondo interbancario non sia sostanziale e, come pensavamo e dichiarato più volte a mezzo stampa, probabilmente questo interventismo è in ritardo per sanare una situazione che ormai è divenuta strutturale e che vede in una vera ripresa di fiducia la panacea di tutti i mali.
All’interno di questo quadro, la moneta unica europea continua a rimanere un catalizzatore di flussi di capitali in quanto nessun QE è stato messo in campo, il che significa che l’euro non può svalutare, a differenza di quello che (chi più, chi meno velatamente) stanno facendo altre divise. Per quanto concerne la Federal Reserve invece, il fatto di aver proseguito sulla strada maestra indicata a partire dalla prima riunione della Yellen ha portato a borse ancora sostenute, acquisti finanziati da vendite di dollaro americano, andando a segnare nuovi massimi storici assoluti a dispetto di tutti coloro che a partire da gennaio si aspettavano i cosiddetti sciacquoni.
Noi, e chi ci segue lo sa, non siamo mai stati pronti a considerare la partenza di discese come inversioni strutturali di tendenza, ma ora iniziamo ad avvicinarci ad un terreno a nostro parere minato: nel momento in cui gli acquisti a sostegno dell’economia dovessero scendere sotto i 30 miliardi/mese, potrebbero iniziare ad innescarsi dei meccanismi di protezione degli investimenti che potrebbero portare come conseguenze non soltanto prese di profitto, ma anche decisioni di posizionamenti short, una volta liquidato tutto il cavalcabile (e cavalcato). Iniziamo ad impostare questa chiave di lettura per le prossime settimane, rimanendo attaccati al concetto di presa di profitto senza la partenza di movimenti strutturali ribassisti fino a nuovo ordine.
QUADRO TECNICO
EurUsd: tecnicamente la moneta unica europea risulta abbastanza confusa, con un time frame giornaliero che sembra restituire un quadro potenzialmente ribassista fino a quando rimarremo sotto area 1.37 ¼ ma che operativamente non ci aiuta. Se diamo uno sguardo a time frame relativi all’intraday, l’orario suggerisce potenziali tentativi di raggiungimento delle zone di resistenza, poste tra 1.36 ¼ e 1.3640, area all’interno della quale potrebbe essere possibile considerare eventuali acquisti di dollaro americano tenendo conto che un superamento rialzista di zona 1.3650 potrebbe lasciare spazio al tentativo di raggiungimento di 1.36 ¾. Nel caso di una partenza diretta a ribasso, l’area da curare a nostro parere prima di pensare a discese importanti risulta essere 1.3560, raggiungibile in caso di rottura ribassista di 1.3590.
UsdJpy: definire chiaro il quadro tecnico del UsdJpy risulterebbe fuori luogo. Siamo di fronte a prezzi che non riescono a trovare una direzionalità (anche di breve termine) e che si stanno muovendo all’interno dei più importanti livelli rappresentati da 101.60 e 102.30, aree che se raggiunte ci porteranno a ragionamenti operativi, che seguiremo insieme sul DailyFX.it. Fino a quel momento, i time frame più indicati possono essere rappresentati da un 15 minuti, sul quale curare eventuali resistenze tra 101.95 e 102.05 o un 4 ore, che in caso di rottura di area 101.80 potrebbe iniziare a suggerire tentativi di discesa verso i minimi del 12 giugno.
EurJpy: abbastanza congestionato il prezzo di EurJpy, con un grafico a 4 ore che mostra il raggiungimento di una zona di potenziale resistenza rappresentata da area 138.60/90, data da punti statici e dalla media a 100 periodi. Si potrebbe, grazie al buon R/R, pensare di sfruttare la permanenza all’interno di questa congestione per ipotizzare eventuali vendite di euro tenendo conto che un superamento a rialzo dell’area rappresentata da 138.95 potrebbe essere propedeutico ad accelerazioni verso 139.35, quadro tecnico che vorrebbe la media a 21 a 4 ore seguita come zona di supporto dinamica, così come quella oraria.
GbpUsd: molto bello il comportamento del cable su un grafico a 4 ore, dove dopo la figura a bandiera rialzista formata fino a mercoledì sera (quando sono stati venduti dollari a man bassa sulla Fed) abbiamo raggiunto e superato l’area di 1.7000, andando a confermare il quadro rialzista di medio periodo evidenziato nelle scorse settimane. Siamo di fronte a prezzi che vedono in 1.6980 un ottimo supporto, dato dalla presenza della media a 21 a 4 ore e dai punti statici precedenti, con un oscillatore stocastico che non è ancora arrivato nella zona di ipervenduto ma che se dovesse girare a rialzo potrebbe suggerire dei nuovi swing sui massimi di mercato e verso nuove aree di massimo, rappresentate a step da 1.70 ¾ e 1.7115. Ritorni sotto i supporti si rendono necessari per pensare ad approfondimenti verso area 1.6940. Possibile comunque, su un orario, ipotizzare eventuali vendite di pound sulle resistenze statiche, tenendo conto del buon R/R offerto e con l’idea che rotture a rialzo di area 1.7080 potrebbero far girare il mercato a rialzo.
AudUsd: spettacolare reazione del dollaro australiano durante la notte, il che ci va a confermare come, dopo le forti attese per i nulla di fatto da parte delle banche centrali mondiali, tutto sia tornato come prima e questo da un punto di vista operativo non può che farci piacere. Dopo la release dell’HSBC flash PMI cinese, che ha fatto registrare un 50.8 contro un 49.7 atteso (quindi sia migliore delle attese, sia sopra lo spartiacque tra buono e cattivo dato dal livello di 50), abbiamo assistito ad una salita di circa 40 punti ed ora ci troviamo di fronte alla possibilità di sfruttare eventuali pull back dei supporti, da curare a partire da 0.94 ¼ ed estendibili fino a 0.9410. Qui potrebbe essere il casi di pensare ad eventuali acquisti di aussie, tenendo conto che un ritorno sotto area 0.9390 potrebbe portare a correzioni verso 0.9360.
Per Dax e oro rimandiamo al nostro Morning Meeting delle ore 9.30.
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