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Il M5S torna movimento, “era ora”

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ROMA (WSI) – Aventino sia. Nel precedente articolo si sottolineava come fosse necessaria un’azione forte, incisiva e d’impatto rispetto al processo di decomposizione delle istituzioni democratiche del nostro paese.

Con una maggioranza del 82,3%, gli iscritti al Movimento Cinque Stelle hanno accolto l’invito di Beppe Grillo, sceso a Roma ad incontrare i porta-voce, in una fase in cui la nostra Costituzione è in grave pericolo per i colpi mortali inferti da Renzi, Verdini, Calderoli e Boschi, con la regia non più occulta di Re Giorgio. Nel chiedere una votazione agli iscritti, Grillo si è così espresso, con un linguaggio genuino e onesto: “Rimarremo ancora fino a quando sarà possibile cercare di impedire il colpo di Stato con l’eliminazione del Senato elettivo. Dopo, se questi rottamatori della Costituzione non ci lasceranno scelta, ce ne andremo.

Meglio uscire e parlare con i cittadini nelle piazze di Roma e d’Italia, meglio fare agorà tutti i giorni tra la gente che reggere il moccolo ai traditori della democrazia e della Patria. Li lasceremo soli a rimestare le loro leggi e usciremo tra i cittadini. Aria fresca.”
E che Aventino sia. Avevamo invocato un gesto forte di contrasto alla deriva istituzionale in corso e il Movimento ora si è espresso a stragrande maggioranza per la linea indicata da Grillo. L’anno scorso, del resto, il tentativo di riforma della Costituzione bypassando l’art.138 fu bloccata grazie ad alcuni deputati del M5S che hanno deciso di occupare i tetti della Camera e grazie all’intervento delle piazze, informando, mobilitando e partecipando. Allora il Movimento ha raggiunto il suo risultato politico più eclatante. Oggi la posta in gioco è ancora più grande e la reazione deve essere proporzionata. Ma con lo spirito che è emerso oggi dalla rete si può vincere ancora.

Il Movimento Cinque Stelle deve essere presente dentro e fuori il Palazzo. Per questo è importante intensificare un lavoro di sinergia tra i portavoce e lo straordinario attivismo territoriale e, dopo l’estate, indire un nuovo VDay (perché non proprio a Roma sull’Aventino?) che dimostri come l’entusiasmo di trasformare questo paese sia ancora ben presente. Il voto di oggi degli iscritti sulla rete può essere lo slancio giusto da cui partire.

Del resto, l’oligarchia delle “larghe intese” che governa oggi si sta nascondendo dietro la foglia di fico delle Riforme, ma in autunno i nodi verranno al pettine. L’eurozona, ha scritto la settimana scorsa il Columnist del Telegraph Ambrose Evans Pritchard, si sta rilevando una lenta tortura per l’Italia, di fronte al suo undicesimo quarto di contrazione economica e la disoccupazione giovanile al 43%. Eurostat ha rivelato che il debito italiano è cresciuto a circa il 135.6% del Pil nel primo quarto. Si tratta di un punto vicino alla rottura per un paese che è costretto a indebitarsi con una moneta straniera. Quello che è incredibile è che la traiettoria è cresciuta del 5,4% nell’ultimo anno, nonostante l’austerità e i surplus di bilancio. Si tratta dell’effetto tossico prodotto dalle condizioni di deflazione indotte sulle dinamiche del debito: a meno che non ci sarà un’azione per spingere il Pil nominale, l’Italia entrerà in una trappola recessiva sempre più profonda. E Renzi dopo essersi comprato le elezioni europee con i famigerati 80 euro sarà costretto dalla Troika ad applicare il cosiddetto modello Cipro, vale a dire intervenire direttamente con il prelievo forzoso sui correntisti. Ipotesi ormai confermata da un numero sempre crescenti di opinionisti.

Un dato comunque va ricordato. Mentre nell’estate del 2012 si poteva votare indisturbati per il Mes e Fiscal Compact – vale a dire la camicia di forza che lega l’Italia a povertà e disoccupazione di massa per i prossimi decenni – oggi nel paese esiste un’opposizione in grado di evitare che quest’oligarchia imponga le sue “riforme” a proprio piacimento entro l’8 agosto. No, il Movimento non gliela darà vinta: “Resistere significa semplicemente tirare fuori i coglioni, e meno sono le chance più dolce è la vittoria” (Charles Bukowski).

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