NEW YORK (WSI) – Dalle 6 ora italiana l’Argentina e’ in default, per la seconda volta in 13 anni. Nessun accordo con gli hedge fund e’ stato raggiunto e la scadenza per il pagamento dei titolari di bond che hanno accettato il concambio superata senza che sia stato effettuato.
“Il mediatore ha proposto numerose soluzioni ma Buenos Aires ha rifiutato di considerarle” afferma Elliot, uno degli hedge fund che ha fatto causa all’Argentina. Buenos Aires però nega: abbiamo pagato ma i fondi sono stati bloccati.
Intanto, secondo indiscrezioni Jp Morgan Chase sarebbe in trattativa per comprare i bond in mano ai creditori “holdout”, ovvero quelli che dopo il default del 2001 non hanno accettato i termini della ristrutturazione nel 2005 e nel 2010 e chiedono di essere rimborsati a cifra piena. Nei giorni scorsi si era parlato di un possibile intervento delle banche del settore privato per aiutare Buenos Aires a pagare quanto dovuto al piccolo gruppo di hedge fund.
Nel frattempo, i mercati finanziari argentini ritracciano con decisione. Ieri e l’altro ieri l’indice Merval aveva messo a segno rialzi superiori al 6% nella speranza che un accordo tra il Paese sudamericano e un gruppo di hedge fund sarebbe stato trovato. E invece ieri le trattative in extremis non hanno dato frutti, motivo per cui oggi lo stesso indice lascia sul terreno il 7,2%. L’indice da inizio anno ha comunque guadagnato il 53%. E se ieri i prezzi dei bond erano saliti a livelli che non si vedevano da anni, oggi sono in calo. I titoli a debito in dollari in scadenza il 2033, quelli di cui il pagamento sugli interessi non e’ avvenuto, sono scesi vicino ai 90 centesimi sul dollaro dalla chiusura di ieri a 96 centesimi. I rendimenti sono saliti al 9,7% dall’8,8%.
Per due giorni di fila i legali di Buenos Aires e i cosiddetti creditori “holdout” si sono confrontati a New York alla presenza del mediatore americano che ieri, quanto le parti hanno abbandonato nel pomeriggio americano il tavolo delle trattativa, aveva detto che il default del Paese sudamericano era “imminente”. Di fatto l’Argentina vive il suo secondo default in 13 anni. Ieri è scaduto infatti il periodo di grazia da 30 giorni entro cui il governo presieduto da Cristina Fernandez de Kirchner doveva effettuare il pagamento da 539 milioni di dollari degli interessi sui titoli a debito in scadenza il 30 giugno scorso. E quando le banche hanno chiuso i battenti senza effettuare quel versamento, come da attese è scattata la bocciatura di S&P. Il rating è stato portato a “selected default” da CCC- (comunque un livello spazzatura). In pratica l’agenzia riconosce che l’Argentina sta onorando i suoi impegni su certi bond e non su altri.
Le condizioni in cui il default si verifica sono tuttavia diverse da quelle di 13 anni fa. L’economia locale non è in crisi anche se è considerata vulnerabile. E non a caso ieri il mediatore Daniel Pollack, è stato chiaro: “le piene conseguenze di un default non sono prevedibili ma certamente non sono positive”.
Quelle conseguenze già si sentono: nell’after-hours i titoli quotati in Usa della società di servizi finanziari Grupo Financiero è arrivata a cedere il 22% (nella seduta aveva guadagnato il 12,17%), Banco Macro ha perso il 13% circa (aveva chiuso con un +13%) e il gruppo petrolifero YFP ha segnato un -12%. Pollack ha aggiunto: “il default non è una condizione ‘meramente’ tecnica ma piuttosto un evento reale e doloroso che farà male alle persone”.
Nel corso di una conferenza stampa che si è svolta presso il consolato argentino a New York, un concitato Axel Kicillof, il ministro dell’Economia, ha difeso la sua nazione: i soldi ci sono per pagare i creditori “exchange” che, dopo il default del 2001, accettarono le ristrutturazione del debito del 2005 e 2010, quelle che invece gli hedge fund in questione non sottoscrissero.
Il punto è che un giudice americano (Thomas Griesa) impedisce a Buenos Aires di versare loro i dovuti pagamenti se prima non vengono dati 1,5 miliardi di dollari agli hedge fund. E’ per questo che ha nuovamente proposto loro di chiedere a Griesa di sospendere quel divieto. “Non sembra rappresentare una cosa difficile per loro” ha detto dicendo che la richiesta del cosiddetto “stay” non è stata però avanzata. Una “situazione di estorsione”, l’ha definita Kicillof. Il ministro ha poi sostenuto che il giudice in questione non comprende la complessità del caso e che favorisce i fondi hedge.
Kicillof ha promesso che l’Argentina continuerà a effettuare i pagamenti al 92% circa dei creditori che dopo il 2001 accettarono il concambio. Il ministro ha spiegato di avere offerto agli hedge fund uno swap tra i titoli a debito in loro possesso e titoli nuovi, garantendo loro lauti rendimenti “ma volevano di più”. Il ministro non esclude che si riccorra a una soluzione chiamando in causa il settore privato. Il riferimento è a un piano in cui venga in soccorso l’associazione bancaria argentina.
Dopo la debacle delle trattative dell’ultimo secondo, di sicuro si continuerà a trattare. Perché come ha detto Pollack alla fine della sua nota “non si può permettere al default di diventare una condizione permanente altrimenti la Repubblica dell’Argentina e i detentori di bond, sia gli holdout sia gli exchange, soffriranno danni sempre più gravi e i cittadini argentini comuni saranno le vittime ultime e reali”.
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NEW YORK (WSI) – L’agenzia di rating Standard & Poor’s ha messo l’Argentina in ‘default selettivo’, dopo che Buenos Aires ha mancato la scadenza del 30 luglio per il pagamento di tassi d’interesse sul debito totale di $13 miliardi di bond. Il paese latino-americano non ha trovato i soldi per pagare $539 milioni che erano dovuti ai creditori.
Il mercato era sembrato dare fiducia alla possibilità di un accordo in extremis per evitare il default dell’Argentina. Secondo le quotazioni Markit, il credit default swap a 5 anni sul debito sovrabo argentino e’ sceso di quasi 400 punti base rispetto alla chiusura di ieri, a quota 1.505, dopo aver raggiunto martedì scorso i massimi da sei settimane. In questo momento inoltre il bond argentino in dollari (già ristrutturato) con scadenza 2033 tratta in rialzo, con un guadagno che ha raggiunto gli 11 punti rispetto alla chiusura di ieri, a quota 93,52. Il rendimento di questi bond, che ovviamente si muove nella direzione opposta, e’ sceso di 117 punti base a 8.832 per cento.
Anche l’indice Merval della Borsa di Buenos Aires segnala l’imminenza di un accordo, con un rialzo pari a +7%.
Scendono in campo anche le banche argentine per cercare di scongiurare il default di Buenos Aires, il secondo in 13 anni. Secondo quanto scrive il Wall Street Journal l’Adeba, l’associazione delle banche argentine, starebbe lavorando a un piano per subentrare agli hedge fund che non avevano aderito al default del 2001. Ore contate per evitare il default.
Oggi infatti scade il termine per il pagamento ai creditori che avevano aderito al concambio ma sulla base della decisione del giudice americano Thomas Griesa, Buenos Aires deve pagare anche gli hedge che non avevano sottoscritto l’accordo. Il primo faccia a faccia tra Argentina e hedge fund con il mediatore Pollack non ha prodotto risultati ma riprendera’ nelle prossime ore.
A New York e’ arrivato anche il ministro dell’economia Axel Kicillof per partecipare alle trattative per sbloccare l’impasse con un accordo che possa portare alla sospensione temporana della decisione del giudice Griesa che accogliendo il ricorso degli hedge fund ha disposto che l’Argentina non puo’ procedere ai pagamenti nei confronti dei creditori che hanno accettato la svalutazione del 70% se contestualmente non ripaga gli ”holdout” per una cifra di 1,3 miliardi di dollari.
I creditori che hanno sottoscritto accordi con Buenos Aires tra il 2005 e il 2010 per la ristrutturazione del debito (il 92% del totale) potrebbero presentare ricorso chiedendo parita’ di trattamenti sulla base delle clausole del cosiddetto Rufo (right upon future offers). L’Argentina doveva pagare una tranche da 539 milioni di dollari entro il 30% entro il 30 giugno e oggi scade il periodo di proroga.
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Secondo altre fonti un gruppo di banche private sarebbe pronto ad offrire una garanzia di 250 milioni di dollari per convincere holdout e giustizia Usa della volontà dell’Argentina di giungere ad una soluzione.
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Dopo una maratona di circa 12 ore finita nella tarda notte ieri, la delegazione dell’Argentina e’ arrivata nell’ufficio a New York del mediatore americano chiamato a trovare un accordo tra Buenos Aires e i creditori cosiddetti “holdout”. Il tempo stringe visto che oggi scade il periodo di grazia concesso proprio per evitare il secondo default in 13 anni. A partecipare all’incontro odierno ci sono anche il ministro argentino delle finanze, Axel Kicillof, e il segretario delle finanze del Paese sudamericano. Cosa che lascia pensare che una soluzione forse sta per essere definita.
Proprio ieri – quando per la prima volta i legali argentini hanno avuto un faccia a faccia con un gruppo di hedge fund – Kicillof si era presentato alla settima ora di negoziati. Intanto l’associazione bancaria argentina, l’Adeba, sta pensando alla creazione di un fondo con cui comprare il debito detenuto dai cosiddetti creditori holdout. In cambio le banche vorrebbero che gli holdout stessi chiedessero al giudice americano Thomas Griesa di sospendere la sua decisione, quella che di fatto impedisce all’Argentina di onorare i propri impegni con i creditori che accettarono il concambio se prima non versa 1,5 miliardi di dollari agli hedge fund che invece non sottoscrissero le ristrutturazioni del debito del 2005 e 2010.