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Scozia indipendente: sì al 51%

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LONDRA (WSI) – Gli indipendentisti scozzesi sono in testa ad un sondaggio per la prima volta, in vista del referendum che si terrà il 18 settembre. Lo riportano i principali quotidiani britannici, precisando che la rilevazione realizzata da YouGov per il Sunday Times rivela che i sì per l’indipendenza hanno toccato il 51%.

Si tratta di un dato clamoroso in vista del referendum che si terrà il prossimo 18 settembre. Secondo le rilevazioni, nell’ultimo mese i favorevoli alla separazione dall’Inghilterra hanno guadagnato più di 10 punti percentuali, e mai sinora erano stati in vantaggio. Già quattro giorni fa, però, era scattato l’allarme per il fronte del no. Un precedente sondaggio YouGov accreditava, infatti, ai secessionisti il 47% dei consensi, portandoli a soli tre punti dalla soglia decisiva della metà più uno.

L’indicazione di oggi conferma quindi una tendenza già rilevata e lascia presagire che la battaglia si giocherà all’ultimo voto. Probabilmente sarà decisiva l’affluenza e da non sottovalutare è il fatto che, per la prima volta, voteranno anche i 16enni. “Ho sempre pensato che potessimo vincere, i sondaggi sono molto incoraggianti”, ha dichiarato questa settimana il first minister Alex Salmond, capo del governo di Edimburgo e portabandiera del vessillo scozzese con la croce di Sant’Andrea. Per il leader indipendentista il consenso continua a crescere e si vede nell’entusiasmo della gente, che fa ormai “la coda per registrarsi nelle liste elettorali”.

Il 18 i votanti avranno tempo fino alle 24 per poter esprimere la loro opinione e, nel caso, per capovolgere la storia dopo 307 anni di unione. Secondo le rilevazioni YouGov è in particolare fra gli elettori laburisti che si sta assistendo a una repentina svolta: i favorevoli all’indipendenza sono passati in poche settimane dal 18% a oltre il 30%. E su questo avrebbe influito la scarsa prestazione di Alistair Darling, ex ministro del Tesoro laburista e ora leader della campagna per il “no”, nel corso del secondo dibattito televisivo sull’indipendenza che lo ha visto contrapposto proprio a Salmond.

[ARTICLEIMAGE] Downing Street da giorni cerca di non mostrare le proprie preoccupazioni. “Il nostro atteggiamento non cambia, conta il voto nel referendum”, ha continuato a ripetere come in una sorta di mantra il premier britannico David Cameron, assicurando di non essere intenzionato a dimettersi neanche in caso di sconfitta. Come del resto non pensa di farsi da parte Salmond laddove a prevalere dovesse essere il mantenimento dei legami con Londra. Ma gli ultimi dati scuotono ormai molti ambienti dell’establishment, a cominciare dalla City.

Al governo Cameron non pochi imputano di aver dato fin troppo per scontata la vittoria e di non avere pronto un piano B nel momento in cui la Scozia decidesse sulla separazione. Un atteggiamento che ha attirato inevitabilmente le critiche di Edimburgo, inducendo i paladini dell’indipendenza a cavalcare con ancora maggior foga l’orgoglio nazionale.

“Stanno rendendo un cattivo servizio ai cittadini a nord e a sud del confine”, ha avvertito giorni fa Angus Robertson, leader dello Scottish National Party a Westminster. Se non altro perchè i punti su cui eventualmente servirà concordare una separazione “amichevole” tra Londra ed Edimburgo sono tanti: dal destino della sterlina in Scozia a tutti i dossier economico-finanziari, fino ai sottomarini nucleari nelle basi scozzesi.