NEW YORK (WSI) – Nel discorso notturno alla nazione tanto atteso, il presidente degli Stati Uniti Barack Obama ha presentato il suo piano per distruggere l’Isis, lo Stato terrorista che in pochi mesi si è consolidato a cavallo tra Siria e Iraq. “Li colpiremo ovunque” “Li colpiremo ovunque. Li distruggeremo. Non c’è alcun paradiso sicuro per chi minaccia l’America”: a poche ore al tragico anniversario degli attentati dell’11 settembre 2001, Barack Obama parla in diretta tv alla nazione per spiegare la necessità di lanciare una nuova offensiva militare contro il terrorismo islamico. Quello degli jihadisti dell’Isis che avanza in Iraq e Siria, e che rischia di diventare un pericolo serio anche per l’Occidente.
“Dobbiamo rimanere vigili”
“Piccoli gruppi di assassini possono fare gravi danni. Per questo dobbiamo rimanere vigili”, spiega il presidente americano in quello che in molti considerano come il discorso più delicato della sua presidenza. Lui che voleva chiudere un decennio di guerre si ritrova, suo malgrado, a dover combattere. Ma a differenza di 13 anni fa – promette – l’America non sarà trascinata in una nuovo conflitto come in Iraq o in Afghanistan. Altri 475 soldati a Baghdad “Non saranno coinvolte truppe americane sul suolo straniero”, scandisce.
Ma allo stesso tempo annuncia che invierà a Baghdad altri 475 soldati, che insieme ai consiglieri militari già inviati nelle scorse settimane faranno salire la presenza armata degli Usa in Iraq a circa 1.600 unità. Il loro compito non è quello di partecipare a missioni di combattimento, ha però ribadito il Pentagono, ma quello di difendere il personale Usa e di supportare, non sul campo, le forze irachene. La strategia di Obama Obama paragona quindi la strategia che verrà adottata contro l’Isis come quella già portata avanti “con successo in Yemen e Somalia”.
Una campagna “sistematica” fatta di massicci bombardamenti aerei, quelli che ora colpiranno gli uomini del califfo al Baghdadi ovunque essi siano, anche in Siria. Raid che avranno l’obiettivo di sostenere l’azione delle truppe che combattono contro gli jihadisti sul campo: iracheni, curdi e i gruppi di ribelli siriani considerati più moderati che riceveranno aiuti militari. “Ma non ci possiamo fidare del regime di Assad – chiarisce – un regime che terrorizza il suo popolo”.
“Useremo tutta la nostra potenza aerea” nell’ambito di una campagna “prolungata e senza sosta”, specifica dunque Obama, che però parla di “strategia articolata” che va oltre l’opzione militare. Insieme agli alleati si lavorerà su tutti i fronti per indebolire sempre di più l’influenza dell’Isis: dalla lotta alla propaganda jihadista, agli aiuti umanitari alle popolazioni minacciate, alla lotta per contrastare il flusso di combattenti stranieri (anche dall’Occidente) in Iraq e Siria.
“Gli Usa guideranno una vasta coalizione per respingere la minaccia terrorista e distruggerla”, spiega Obama, sottolineando come “solo gli Usa hanno la capacità e la volontà di mobilitare il mondo contro il terrorismo. E gli americani hanno la responsabilità di esercitare questa leadership”.
Il messaggio al mondo musulmano: “L’Isis non è l’Islam”
Poi un messaggio rivolto al mondo musulmano: “L’Isis non è l’Islam. Perché nessuna religione può giustificare l’assassinio di persone innocenti e la barbarie”. E di fronte alla furia jihadista i musulmani, sottolinea il presidente Usa, finora hanno pagato il prezzo più alto in termini di vittime.
Intanto poche ore prima del suo discorso Obama ha autorizzato 25 milioni di dollari in aiuti militari al nuovo governo iracheno e al governo regionale dei curdi in Iraq. L’annuncio fatto da Obama ha risvegliato le opposizioni siriane all’estero. Accogliendolo positivamente, la Coalizione nazionale che ha la propria base in Turchia si è detta “pronta a collaborare con la comunità internazionale non solo per sconfiggere lo Stato islamico ma anche per liberare il popolo siriano dalla tirannia del regime di Assad”.