ROMA (WSI) – Sul suo blog il Nobel Paul Krugman ridicolizza per l’ennesima volta la presunta cura di tutti i mali: le “riforme strutturali”. I paesi come la Spagna che le avrebbero attuate, in realtà non hanno fatto altro che massacrare i propri lavoratori. Di conseguenza, la disoccupazione è esplosa e solo recentemente la Spagna ha mostrato segni di una debolissima e fragile stabilizzazione.
Il Financial Times ha pubblicato un articolo piuttosto valido sulla dottrina emergente detta “Draghinomics”, che sembra molto simile alla Blanchardnomics, la quale è a sua volta simile alla Krugmanomics – ehi, abbiamo tutti studiato macroeconomia al MIT a metà degli anni ’70. Ma sono rimasto colpito da questo passaggio:
Un altro alto funzionario dell’eurozona presente al forum italiano che riunisce responsabili politici, uomini d’affari e accademici ha detto: “le riforme strutturali sono fondamentali. I paesi che hanno fatto questi sforzi vanno meglio: Irlanda, Spagna e Portogallo. L’Italia e la Francia dovrebbero riflettere un po’ su questo aspetto.”
Per quelli che non aderiscono al sacro culto delle riforme strutturali, la storia della Spagna è questa: il paese ha vissuto una depressione su larga scala quando è scoppiata la bolla immobiliare; questa depressione ha portato ad una graduale, dolorosa “svalutazione interna” che ha abbassato il costo del lavoro, rendendo la Spagna più competitiva all’interno dell’Europa; e, di conseguenza, la Spagna sta finalmente iniziando una debole ripresa, il suo tasso di crescita nei recenti trimestri (ma solo nei recenti trimestri) è superiore a quello della Francia.
Chi considera quanto sopra come un trionfo delle riforme strutturali, ha dei preconcetti così forti che non si prende la briga di dare un’occhiata a quel che dicono i dati.
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