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Borsa Milano chiude in rosso, Ftse Mib -1,04%

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MILANO (WSI) – Piazza Affari chiude in ribasso la prima seduta della settimana. L’indice Ftse Mib ha ampliato i ribassi nell’ultima ora dopo la diffusione della stima Ocse: il Pil nella zona euro dovrebbe registrare una crescita dello 0,8% nel 2014 e dell’1,1% nel 2015, ma quello italiano subisce un ‘taglio’ nel 2014 (-0,4%), unico paese in recessione nel G7. Anche S&P taglia le stime e non aiuta la borsa: Pil italiano per il 2014 passa da +0,5% a crescita zero.

L’agenzia Usa ha fatto sapere che gli ultimi risultati hanno gettato ombre sulla ripresa dell’Eurozona, evidenziando condizioni economiche fragili anche se iniziano ad emergere segnali positivi. A pesare su Milano anche i dati contrastati che sono arrivati dagli Stati Uniti (vedi borsa Wall Street).

Milano cede l’1,04% (219 punti) a 20.852 punti con lo spread tra Btp decennali e Bund tedeschi che sale a quota 143,65 con un rendimento del 2,46%.

Tra i singoli titoli, le vendite hanno colpito il comparto bancario: Banco Popolare ha ceduto il 3,38% a 12,54 euro, Montepaschi il 3,75% a 1,103 euro, Popolare di Milano il 2,67% a 0,617 euro, Mediobanca l’1,56% a 6,935 euro, Ubi Banca l’1,55% a 6,315 euro, Unicredit l’1,51% a 6,195 euro. In controtendenza Intesa SanPaolo che ha guadagnato lo 0,16% a 2,426 euro.

Male A2A (-1,14% a 0,821 euro) dopo la precisazione della società in merito alle indiscrezioni di stampa riguardanti il progetto di fusione tra la multiutility lombarda e Iren (controllata da Torino con Genova, Piacenza, Parma e Reggio Emilia).

Finmeccanica (+0,98% a 7,70 euro) protagonista in scia alle nuove indiscrezioni di stampa. Secondo quanto riportato da Il Sole 24 Ore, la francese Thales avrebbe presentato nelle scorse settimane una proposta non vincolante che dovrebbe essere seguita nei prossimi giorni dall’offerta vincolante con relativo piano industriale per lo sviluppo della divisione trasporti di Ansaldo.

Tonica Moncler che ha mostrato un progresso dell’1,57% a 12,29 euro beneficiando della promozione giunta questa mattina da parte degli analisti di JP Morgan che hanno alzato il giudizio a overweight dal precedente neutral.

Oltre alle stime Ocse negative per l’Italia, la delusione per gli ultimi dati macro cinesi ha penalizzato i mercati azionari. Le attività nelle fabbriche in Cina e le vendite al dettaglio hanno confermato quello che si temeva: il rallentamento si sta facendo più pesante per la seconda maggiore economia al mondo.

La crescita della produzione industriale è stata la più fiacca in quasi 6 anni in agosto. Ora Pechino è chiamata ad agire ed imporre nuove misure di espansione monetaria.

Anche altri appuntamenti contribuiscono a innervosire gli investitori. In settimana si conoscerà l’esito del referendum sulla Scozia sull’indipendenza e la riunione di politica monetaria della Federal Reserve.

A livello societario BP ha avvertito che le sanzioni imposte dall’occidente contro la Russia per punire Putin per il suo interventismo in Ucraian avranno un impatto negativo su colossi petroliferi come BP, Eni e Total.

Il fabbricante di birre olandese Heineken ha respinto al mittente i tentativi di Opa del secondo produttore al mondo SABMiller.

L’indice MSCI della regione Asia Pacifico – escluso il Giappone – cede un punto percentuale mentre il paniere Hang Seng è calato dell’1%. Tokyo è chiusa per festività. Shanghai ha guadagnato lo 0,3%, Sydney ha perso l’1%, Seul lo 0,3% e Taipei lo 0,1%.

Sul valutario l’euro scende e vale $1,2917.

Tra le commodities, i futures sul greggio scambiati al mercato londinese del Brent sono calati ai minimi di due anni. Il Wti viaggia intorno a 91,34 dollari al barile. Il greggio di riferimento del mare del Nord cede 51 centesimi rispetto alla chiusura di venerdì, a 96,60 dollari con un minimo di seduta a 96,21 dollari. Per trovare livelli più bassi bisogna tornare al maggio del 2013, quando i corsi dell’oro nero sul Brent si abbassarono a valori simili a quelli attuali, o in precedenza al luglio del 2012.

Il petrolio continua a scivolare sulle piazze internazionali, in risposta ad un rallentamento dell’economia globale, che ha portato anche ad un peggioramento dell’outlook sulla domanda di greggio. I segnali di rallentamento arrivano soprattutto dalla Cina, che oggi ha pubblicato dati sulla produzione pessimi, evidenziando una frenata al 6,8%. E’ anche peggiore la situazione in Eurozona, le cui stime sono modeste, secondo l’ultimo rapporto dell’OCSE. La potenziale frenata della domanda e la relativa abbondanza derivante dal greggio statunitense e dalle fonti dello shale gas, ha più che compensato la crisi mediorientale, dove peraltro non sembra esservi immediato rischio di paralisi. A questi fattori si aggiungono le preoccupazioni derivanti dalle future politiche della Federal Reserve, che sembra pronta ad una exit strategy in piena regola. Il future sul greggio Light Crude scambia sui mercati statunitensi a 91,51 dollari al barile, in calo dello 0,8%. Qualche ricopertura invece sostiene il Brent del Mare del Nord, che scambia a 97,7 dollari al barile (+0,6%)

Contrastati i metalli: l’oro rimbalza dai minimi di otto mesi, ritraccia invece il rame.