ROMA (WSI) – I tecnici del Tesoro hanno finito i loro calcoli e nella nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza che dopodomani approderà al Consiglio dei ministri l’idea è quella di indicare per quest’anno un Pil in calo dello 0,2/0,3% ed un deficit al 2,8% (che salirebbe al 2,9 se si optasse per un pil a -04%), mentre per il 2015 le previsioni parlano di un pil a +0,5 ed un deficit al 2,8. Di conseguenza comporre la manovra che di qui a due settimane verrà varata con la legge di stabilità appare un poco più agevole. Se non fosse che occorre reperire 15 miliardi attraverso la spending review.
I nuovi calcoli incorporano la rivalutazione dei Pil effettuata nei giorni scorsi dall’Istat e tengono conto sia del -0,4 stimato da Ocse e Confindustria, sia del più ottimistico -0,1 indicato dal Fondo monetario. Il tetto del 3% di deficit, insomma, come hanno promesso Renzi, non sarà comunque valicato. Però non è nemmeno escluso che il quadro complessivo possa ulteriormente peggiorare ed è per questo che il Tesoro si è già riservato la possibilità di ritoccare ulteriormente le stime alla luce della revisione dei dati del secondo trimestre che l’Istat renderà noti solamente il 15 ottobre. Che, tra l’altro, è anche il termine entro il quale la legge di Stabilità va mandata a Bruxelles.
Attestarsi sulla soglia del 2,8, in una fase che concede margini strettissimi di bilancio, è già comunque un primo risultato. Perché cancella i pericoli di dover effettuare una manovra correttiva dei conti di quest’anno (anche si dovesse arrivare al 2,9) e perché con un margine dello 0,2% sul bilancio dell’anno venturo assicura un minimo di margini in più, per circa 3 miliardi.
E’ scontato che il governo chiederà alla Ue di poter utilizzare tutti gli spazi di flessibilità disponibili offrendo in cambio il pacchetto di riforme che è stato approntato in questi mesi, dalla pubblica amministrazione alla giustizia al fisco, e che ora va completato col pacchetto lavoro. E questo spiega il pressing con cui Renzi procede sull’articolo 18 ma non solo. Perché, tradotto in soldoni, questa flessibilità vale all’incirca 7 miliardi, cifra che corrisponde alla correzione del deficit strutturale che avremmo dovuto fare l’anno prossimo per avvicinarci al pareggio di bilancio. Ora che entriamo per il terzo anno in recessione ci apprestiamo a chiedere un altro slittamento del pareggio di bilancio, questa volta al 2017, in maniera tale da dover dimezzare lo sforzo richiesto dalla correzione del disavanzo, da 7 a 3 miliardi.
Con 4 miliardi in meno da reperire per questa operazione e 3 di margine prima di sforare il 3% la composizione della legge di stabilità diventa certamente più semplice. Anche se resta pur sempre un esercizio non facile perché il grosso delle risorse, all’incirca 15 miliardi di euro, dovrà arrivare dalla spending review. Complessivamente il pacchetto di interventi allo studio, tra risparmi e nuove spese vale 20-22 miliardi.
Ci sono i 7 miliardi destinati a stabilizzare il bonus da 80 euro – che difficilmente sarà esteso a pensionati, incapienti e partite Iva) perché costerebbe troppo – ma che potrebbe venire rimodulato in qualche modo per ricomprendere anche le famiglie monoreddito più numerose. Il grosso delle nuove riduzioni fiscali dovrebbe però andare a favore delle imprese, con un stanziamento di circa 2 miliardi. Due le ipotesi sul tappeto: un altro taglio del 10% all’Irap oppure la possibilità di dedurre il costo del lavoro dal calcolo di questa tassa sul modello dell’Ires.
Il menù dovrebbe poi comprendere 1 miliardo destinato all’istruzione, 1,5 miliardi (destinati a salire nel triennio) per rafforzare gli ammortizzatori sociali così come previsto dal Jobs Act e 4-5 miliardi di spese indifferibili, dai nuovi fondi per la cassa in deroga, alle missioni estere al 5 per mille, sino alle risorse destinate al rinnovo dei contratti delle forse di polizia. Per questa operazione si conta di mobilitare circa un miliardo compresi 440 milioni recuperati nelle pieghe dei bilanci di Viminale e Difesa.
Poi, volendo, andrebbero trovati altri 660 milioni per il resto della Pa. E ancora i si parla pure di allentare il patto di stabilità interno assicurando ai comuni 1-2 miliardi di margine in più.
Tutto liscio? Non proprio, perché per ora di sicuro il governo può contare su 3-4 miliardi recuperati con la lotta all’evasione e altri 5 di minore spesa per interessi. Resta il rebus della spending review. Senza contare che anche il debito andrebbe ridotto ed il target di 10 miliardi di privatizzazioni previsto per il 2014 a questo punto non è più raggiungibile.
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