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Borse: opportunità d’acquisto o inizio di fase ribassista

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MILANO (WSI) – Ogni giorno, prima di buttarsi nella mischia, i protagonisti grandi e piccoli dei mercati finanziari scrutano due cose. Da una parte guardano la realtà del mondo, fatta per loro soprattutto di dati macro e stime sulle società quotate. Dall’altra valutano con la massima attenzione qualsiasi parola esca dalla bocca dei banchieri centrali e dei governi. Il mondo oggettivo, dunque, e la volontà politica.

Ci sono periodi in cui tutto sembra chiaro, in senso positivo o negativo. Chiaro non vuole dire necessariamente vero. Talvolta infatti il mercato si racconta delle favole e le adotta come verità. Questo non è bello, ma dà comunque una sensazione di controllo sugli eventi.

Ci sono però altri momenti, come quello che stiamo vivendo, in cui i segnali si fanno contraddittori e la prospettiva cambia continuamente. Si dirà che anche in questi ultimi anni i dati sono stati contrastanti, alcuni buoni e altri meno buoni. Proprio questa alternanza continua ha creato quell’atmosfera temperata, né troppo calda né troppo fredda, che tanto è piaciuta ai mercati.

Perché allora il momento attuale fa così paura? Dicevamo che è una questione di prospettiva. Quando in montagna si cammina lungo una valle ci si muove tra due pendii e non si ha paura di cadere. Se però si cammina lungo una cresta ci si muove sempre in mezzo a due pendii, ma si rischia di cadere da una parte e anche dall’altra.

Goldilocks senza inflazione è piacevolmente sicuro come camminare lungo il fiume che ha scavato la valle. Per contro, avere mezzo mondo che cresce molto e forse va frenato e l’altro mezzo che sembra sprofondare senza rimedio nelle sabbie mobili della deflazione dà una sensazione di vertigine.
Ci sono poi altri fattori che complicano ulteriormente il quadro.

Il primo è che i dati macro non sono di facile lettura. L’inflazione salariale americana, l’elemento più importante nelle scelte sui tassi della Fed, è straordinariamente mite in alcune statistiche (quelle del Dipartimento del Lavoro) ed è invece vivace e in crescita in altre, come ad esempio quelle raccolte da Adp. Le prime hanno il peso dell’ufficialità, ma sono vecchie e superate nel disegno. Le seconde, quelle di Adp, sono qualitativamente migliori, ma hanno un seguito minore. La Fed si basa sulle prime, che supportano la scelta politica di tenere i tassi a zero, ma sa che ci può essere del vero anche nelle seconde.

Un altro dato di difficile lettura è quello sulla pesante caduta della produzione industriale tedesca. Si è sempre saputo che da Italia e Francia non c’è da aspettarsi molto, si è capito da tempo che la storia della ripresa europea è molto ottimismo della volontà e poco realtà effettiva. Nessuno però aveva finora messo in discussione la tenuta della Germania e la sua capacità di fronteggiare la riduzione del mercato russo prodotta dalle sanzioni.

Se cade la Germania, si sono detti i mercati, cade l’Europa e se cade l’Europa, accompagnata da Cina, Giappone, Brasile e Russia che non stanno tanto bene, rischia di affievolirsi anche l’America. Addio rialzo azionario. Fermi, dice però Greg Fuzesi di JP Morgan. La produzione automobilistica tedesca è quest’anno eccezionalmente volatile. Un mese molto pesante può essere seguito da un mese di forte ripresa. Aspettiamo un momento prima di dare giudizi definitivi sulla Germania (che è comunque un po’ in affanno su molti fronti) e sul mondo.

Un altro elemento di difficile interpretazione è l’atteggiamento delle banche centrali nei confronti dei mercati finanziari. La Yellen aveva già provato a stilare una piccola lista di asset sopravvalutati (alcuni bond ad alto rendimento, una parte della biotecnologia e i social network). La reazione era stata breve. La sensazione era che la Fed, scegliendo alcuni settori ad alto valore simbolico, voleva semplicemente comunicare che teneva d’occhio i mercati, non che ne desiderava la discesa.

Ora però il Fondo Monetario parla di mercati azionari gonfi, non fa distinzioni sottili e paventa forti cadute l’anno prossimo. È qualcosa di più di un semplice richiamo alla moderazione. Perché lo fa? Perché nota un divario crescente tra borse sempre più sicure di sé e un’economia globale più fragile di quello che si pensava e teme davvero dei crash che la possano indebolire ulteriormente? Oppure perché vuole che tutti continuino a tenere i tassi a zero senza sentirsi intralciati da bolle di borsa che a questi livelli danno più fastidio che altro? La prima interpretazione è molto negativa per le borse, la seconda è in realtà molto positiva, perché corrisponde a un comprare su debolezza con validità permanente.

Un’altra complicazione è Ebola. In certi momenti, vedendo l’approssimazione della risposta delle autorità e degli esseri umani in generale, viene davvero da preoccuparsi. Gli animalisti spagnoli che si sono opposti alla soppressione di un cane forse infetto ricordano tanto il Brad Pitt delle Twelve Monkeys (che nel film provoca la quasi estinzione del genere umano). In altri momenti si vedono invece le cose nelle loro attuali limitate proporzioni e ci si calma. È chiaro comunque che Ebola è, per i mercati, una variabile totalmente incontrollabile.

Provando a sintetizzare, il quadro attuale appare molto aperto. Bastano una ripresa della produzione industriale tedesca (ben possibile, come abbiamo visto), un Qe europeo fatto di Abs (potenzialmente 1.2 trilioni, dice Constancio, pari a un trilione e mezzo di dollari, molto più del Qe3 americano che sta per terminare) e un Ebola che fa parlare meno di sé per dare un buono spazio a nuovi massimi di borsa nel prossimo periodo.

Un’Europa che litiga, una Bce con il freno a mano tirato, un’industria tedesca che non si riprende e un’Ebola che non si ferma possono invece fare pendere la bilancia dal lato opposto, anche pesantemente.

Siamo abbastanza fiduciosi sull’Europa. Le politiche fiscali sono di nuovo leggermente espansive (grazie alla ribellione francese) e la Germania si farà volentieri mettere in minoranza nella Bce, accettando un Qe teologicamente meno impuro di quello americano. Su Ebola, naturalmente, non sappiamo nulla.

In pratica manteniamo il profilo favorevole al dollaro e all’equity, ma con l’idea di alleggerire l’azionario (non il dollaro) nei momenti in cui l’alta volatilità lo riporta vicino ai massimi.

Ebola a parte, un mercato che sale e che scende e che pende un po’ meno dalle labbra e dalla volontà politica delle banche centrali non è altro, come nota Richard Pzena, che un mercato che sta diventando più normale.

*Questo documento e’ stato preparato da Alessandro Fugnoli, strategist Kairos Partners SGR. ed e’ rivolto esclusivamente ad investitori istituzionali ovvero ad operatori qualificati, così come definiti nell’art. 31 del Regolamento Consob n° 11522 del 1° luglio 1998 e successive modifiche ed integrazioni. Le analisi qui pubblicate non implicano responsabilita’ alcuna per Wall Street Italia, che notoriamente non svolge alcuna attivita’ di trading e pubblica tali indicazioni a puro scopo informativo. Si prega di leggere, a questo proposito, il disclaimer ufficiale di WSI.

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