ROMA (WSI) – Il tetto per la decontribuzione sulle assunzioni a tempo indeterminato salirà dai 6.200 euro scritti nella bozza del disegno di legge di Stabilità a 8.060 euro all’anno nel testo definitivo che arriverà nei prossimi giorni alla Camera.
E funzionerà come franchigia. Nel senso che le aziende che avrebbero diritto a uno sconto maggiore non verseranno comunque all’Inps i primi 8.060 euro, ma solo la parte eccedente. Lo annuncia Yoram Gutgeld, consigliere economico del presidente del Consiglio Matteo Renzi.
La decontribuzione sarà triennale e consentirà di agevolare «circa 850 mila assunzioni, cioè quasi il 50% in più delle 600 mila assunzioni a tempo indeterminato prendendo come base i primi 6 mesi del 2014».
Novità in vista anche per le partite Iva. La manovra, spiega Gutgeld, conterrà una clausola di salvaguardia: se le regole finora in vigore fossero più vantaggiose di quelle che scatteranno nel 2015, il contribuente potrà restare nel vecchio sistema.
In questo modo, aggiunge, «nessuno verrà penalizzato», compresi i professionisti che in questi giorni si sono lamentati. Gutgeld difende la manovra espansiva del governo e respinge le critiche sulle risorse limitate per gli incentivi, osservando che, «se non bastassero, non dimentichiamoci che abbiamo messo da parte un tesoretto di tre miliardi e mezzo di euro».
Ma questo non dovrebbe servire a correggere la manovra se Bruxelles dovesse bocciarla?
«Questo è oggetto di discussione. Credo comunque che non sarà necessario utilizzare tutta questa capienza».
Torniamo alla decontribuzione. Lei dice che gli incentivi basteranno per 850 mila assunzioni. Ma se la franchigia sale a 8.060 euro e i soldi a disposizione nel 2015 sono 1,9 miliardi, come si arriva a questa stima?
«Noi calcoliamo che, in media, i contributi che non si dovranno pagare valgono 2.200 euro circa ad assunzione. Le spiego come si arriva a questo risultato. Stimiamo che la retribuzione media lorda sulle assunzioni a tempo indeterminato che potranno godere dell’agevolazione sia di 14.500 euro lordi all’anno. Bisogna infatti considerare che molti sono a part time, quindi con uno stipendio più basso. Su questi 14.500 euro l’azienda non dovrà pagare circa il 31% di contributi, sommando il 24% dovuto all’Inps e i restanti oneri sociali, Inail esclusa. Si tratta quindi di 4.500 euro di sconto su base annua.
Ma non tutte le assunzioni partono il primo gennaio, bensì avvengono nel corso dell’anno. Ci sono quindi aziende che avranno lo sgravio per 12 mesi, altre per 8 altre per 2 e così via. Ipotizzando uno sconto medio di 2.200 euro, possiamo concludere che con 1,9 miliardi possiamo incentivare 850 mila assunzioni».
Lo sgravio è triennale e quindi per il 2016 e il 2017 lo sgravio si avrà per 12 mesi e quindi dovranno essere stanziati molti più soldi (3,8 miliardi su base annua, moltiplicando 4.500 euro per 850 mila).
«Infatti. Nel complesso della manovra vedrà che lo stanziamento previsto salirà a circa 3 miliardi nel 2016, tenendo conto della minore detrazione Ires che vale circa 800 milioni».
In ogni caso siamo lontani dall’obiettivo di far diventare il contratto a tempo indeterminato il rapporto di lavoro prevalente, se consideriamo che ogni anno vengono attivati circa 9 milioni e mezzo di contratti.
«Io intanto sarei molto soddisfatto se riuscissimo a incentivare 850 mila assunzioni e stabilizzazioni. Se la richiesta fosse maggiore, vorrebbe dire che siamo finalmente davanti a quella ripresa che tutti ci auguriamo. E comunque soddisferemo tutte le richieste. Su questo non ci sarà un tetto alla spesa».
Passiamo alle partite Iva. I professionisti dicono che ci rimetterebbero.
«Guardi, cominciamo col dire che ampliamo la platea delle partite Iva a basso reddito che possono godere del regime forfettizzato, passando dagli attuali 300 mila a quasi 900 mila soggetti. Inoltre, non saranno possibili penalizzazioni perché ci sarà una clausola di salvaguardia. Voglio aggiungere che c’è anche sostanziale dimezzamento degli acconti Inps. In tutto stanziamo 800 milioni che saliranno a un miliardo negli anni successivi. E queste persone non avranno più bisogno del commercialista. Tuttavia, siamo aperti a miglioramenti della norma nella discussione parlamentare».
Spending review. Sono previsti 6,1 miliardi di tagli per i ministeri e 6,2 per Regioni ed enti locali. Se non verranno fatti scatteranno le clausole di salvaguardia, cioè l’aumento delle tasse. Su cosa scommetterebbe, la prima o la seconda ipotesi?
«Noi crediamo che questi tagli per gli enti locali siano assolutamente raggiungibili. Per i Comuni c’è la quasi totale cancellazione dei vincoli del patto di Stabilità. Quelli virtuosi potranno spendere per investimenti 3 miliardi in più. Per le Regioni il taglio reale è di 2 miliardi. Dicono 4 perché si aspettavano un aumento dei trasferimenti di 2 miliardi. Basta una più oculata gestione per centrare obiettivi».
Molti chiedono di fissare un tetto alle imposte locali. Lei è d’accordo?
«I tetti sono già previsti. Nei prossimi mesi faremo un’operazione verità, mettendo online le spese di Regioni, Comuni e Province, in modo che tutti i cittadini possano confrontare e vedere se più tasse corrispondono a più servizi o coprono una gestione inefficiente».
Renzi aveva annunciato una tassa unica sulla casa, mettendo insieme Imu, Tasi e Tari. Perché nella legge di Stabilità non c’è?
«Questa semplificazione delle tasse locali è sacrosanta. Siamo reduci da due anni di confusione totale. Il nostro impegno per la tassa unica verrà realizzato nei prossimi due mesi. Vedrete che lo faremo».
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