ROMA (WSI) – Gli ultimi dati macro pubblicati sono la conferma che l’area euro è l’anello debole dell’economia dei paesi industrializzati. La regione è cresciuta di appena lo 0,2% nel terzo trimestre.
L’Italia è tornata in una fase di recessione tecnica (Pil -0,1% rispetto ad aprile-giugno). Berlino ha visto il Pil crescere di appena lo 0,1% nello stesso periodo, in linea con le aspettative. Detto ciò, la Germania ha scongiurato la temuta recessione tecnica. La Cancelliera Angela Merkel può tirare un sospiro di sollievo: evitata un’umiliazione.
Da parte sua, la Francia fa meglio delle previsioni, anche se più per le spese del governo che per merito degli investimenti delle imprese. Parigi ha visto un aumento del Pil nominale del +0,3% nel terzo trimestre. Si tratta del risultato migliore dal 2011. La dice tutta sulla performance dell’economia francese negli ultimi 3-4 anni.
A favorire l’andamento della seconda economia del blocco a 18 sono state le spese di privati e del governo. Il secondo trimestre, tuttavia, è stato peggiore di quanto riportato in precedenza. I dati sono stati rivisti al ribasso da una crescita zero a un calo del -0,1%.
Sulle teorie del perché la crescita della locomotiva tedesca stia rallentando, Carsten Brzeski di ING ha un’idea. A parte i problemi dei partner commerciali principali di Berlino, come Cina, Francia e Italia, e la spesso citata crisi in Ucraina, che ha compromesso gli scambi con la Russia, compromettendo la fiducia delle aziende, c’è un altro elemento che non va scartato.
“Il ciclo virtuoso sta per giungere al capolinea”. La tenuta del mercato del lavoro nonostante il rallentamento della crescita potrebbe essere anche interpretato, non come un segnale di forza, ma semplicemente come l’ultimo stadio della riforma del ‘superciclo’ economico tedesco, iniziata più di dieci anni fa.
Gli investimenti aziendali sono diminuiti nello scorso trimestre, a riprova del fatto che le imprese sono preoccupate per la debolezza dell’economia europea e per le persistenti tensioni in Ucraina.
Visti i primi report economici, compreso il Pil dell’Olanda, la cui crescita è stata di appena lo 0,2% dopo il +0,6% di aprile-giugno, gli analisti di ABN Amro si aspettavano – come poi si è verificato – che l’Eurozona fosse cresciuta dello 0,2% nel terzo trimestre dopo il +0,1% di aprile-giugno.
Dopo sei anni di miseria la Grecia è uscita dalla recessione. Il Pil è salito dello 0,7% nel terzo trimestre.
Le cifre pubblicate sinora dagli uffici di statistica dei membri dell’area della moneta unica non fanno che aumentare il peso sulle spalle dei leader europei, chiamati a trovare una soluzione per alimentare la produzione e l’attività economica, curando le ferite di un mercato del lavoro moribondo. Ne discutereanno al prossimo G20 che si conclude domenica in Australia.
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Malgrado le difficoltà della regione, difficilmente Draghi varerà un nuovo pacchetto di misure di rilancio a dicembre.
Dal lato dell’inflazione, si conferma una leggera ripresa dei prezzi nell’area euro a ottobre: la crescita su base annua si è attestata allo 0,4 per cento, a fronte del più 0,3% di settembre.
I dati definitivi diffusi da Eurostat restano comunque molto lontani dai valori auspicati dalla Bce, che ha come soglia ufficiale della stabilità dei prezzi un livello inferiore ma vicino al 2%.
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I report macro su inflazione e crescita economica sono monitorati attentamente dalla Banca centrale europea, che in settembre aveva risposto ai dati deludenti, che evidenziarono un rallentamento dell’attività economica, annunciando una nuova tornata di stimoli monetari.
Il tutto mentre va in scena il summit del G20 a Brisbane, la cui agenda sarà focalizzata sulle misure coordinate e individuali da intraprendere per rilanciare la ripresa e scongiurare una nuova crisi.
Sui mercati, l’euro scambia in calo dello 0,33% a $1,2430 e le Borse europee avanzano ma senza troppo slancio.
(DaC)