NEW YORK (WSI) – Le quotazioni del petrolio, che viaggiano intorno ai 50 dollari al barile – ovvero la metà circa dal picco di giugno 2014 (107 dollari) -, non solo non rialzeranno la testa, ma continueranno a scendere fino a toccare 10-20 dollari al barile.
La teoria di Gary Shilling, editorialista di Bloomberg e presidente della società di consulenza Gary Shilling & Co., prende le mosse da una serie di considerazioni.
Non ultima, lo stato di debolezza in cui attualmente viaggia l’economia mondiale, Europa e Giappone in testa. Ma anche il rallentamento degli Usa e della Cina. E’ proprio quest’ultima che rappresenta l’anello debole della catena: Pechino – ricorda Shilling – ha coperto due terzi della crescita della domanda di petrolio negli ultimi dieci anni
Allo stesso tempo – fa notare l’esperto- la produzione mondiale di greggio continua a aumentare grazie soprattutto all’incremento delle estrazioni negli Stati Uniti. Una situazione destinata a protrarsi nel tempo.
Grazie all’aumento dell’efficienza nella perforazione, la produzione di petrolio mondiale continuerà a crescere nei prossimi anni, aggiungendo pressione sui prezzi. La produzione Usa, secondo recenti stime dell’organizzazione Wood Mackenzie, dovrebbe aumentare di 300.000 barili al giorno nel corso del prossimo anno dai 9,1 milioni attuali.
Nel frattempo la domanda si sta indebolendo. Le previsioni OPEC sulla domanda nel 2017 sono per 28,2 milioni di barili al giorno, 600.000 meno la sua previsione di un anno fa e in calo dagli attuali 30,7 milioni. Il cartello ha anche tagliato la domanda 2015 ai minimi da 12 anni a 29,12 milioni di barili.
Intanto alle 16.15 ora italiana i futures sul petrolio Usa cedono -2,73%, scivolando sotto la soglia dei $52 al barile (mt)