ROMA (WSI) – La sua società Internet è fallita nei primi anni del 2000, in una storia emblematica di quanto sia difficile fare imprenditoria in Italia. Ora che è stato assolto in appello dopo una condanna per bancarotta fraudolenta, Antonio Manno torna a parlarne e chiede un risarcimento extra giudiziario al Monte dei Paschi di Siena. L’obiettivo finale della campagna, lanciata sul suo blog e profilo Facebook, è usare il risarcimento per fondare a Barletta una sorta di “silicon valley pugliese”.
Manno, che è stato condannato a quattro anni per bancarotta fraudolenta, denuncia un sistema giudiziario italiano talvolta impreparato e sopratutto “un sistema bancario corrotto, incompetente e ignorante”.
Lanciando uno dei siti pionieri dell’era Internet, bid.it, Manno si è trovato a dover vendere un prodotto in un mercato che nessuno conosceva ma di cui lui aveva capito le potenzialità.
Il business di Internet è cresciuto esponenzialmente in quegli anni, fino ad arrivare alla bolla del 1999. Anno in cui l’ex ingegnere con posto fisso di Fiat ha lasciato tutto per lanciare un sito di aste online.
Dopo i primi successi gli venne proposto di quotarsi di Borsa con la possibilità di accedere a grandi investimenti. Ricevuti soldi freschi da fondi di investimento e venture capital italiani, Manno chiuse successivamente un accordo con la Popolare di Bari e Banca 121, che poi sarà assorbita da MPS.
La sua impresa è poi fallita e a 45 anni Manno è dovuto anche tornare a vivere dai suoi genitori. Dopo le umiliazioni subite in una parabola che ha dell’incredibile, Manno si è rifatto una vita promuovendo startup in Cile, ma la ferita brucia ancora e ora l’ex stella dell’Internet Companuy vuole i soldi indietro dalla banca senese.
In una drammatica riunione del 2002 Manno è costretto a dichiarare il fallimento, “perché le banche improvvisamente chiudono il rubinetto dei fondi e delle commesse promesse come motivo principale del loro investimento”.
“Nel momento che MPS entra nella mia società fonda un’azienda che ha lo stesso mercato della mia società. Entra, acquisisce il know how e crea una società parallela e lascia improvvisamente morire di asfissia, quindi di liquidità, il gruppo da cui aveva acquisito il know how”.
Il conflitto di interesse viene descritto nel dettaglio da Manno nella perizia fallimentare. “La parte più incredibile della storia avviene 5 anni dopo”, dice. Quando le banche smettono di fornire finanziamenti, Manno è costretto a continuare ad investire di tasca propria con anticipi di aumento di capitale di cui si sarebbero dovute incaricare le banche.
Manno si sente la vittima sacrificale di tutta questa storia: “il tribunale di Trani scrive una accusa incredibile”. Anziché denunciare il “crimine”, il conflitto di interesse di MPS, si inventano un “teorema paradossale”. L’accusa per il businessman è di aver “previsto il crollo di Internet”, ma di aver continuato a investire nella sua società e “depauperare il patrimonio, truffando gli azionisti”, vendendo un’attività pur sapendo che il castello di carta sarebbe crollato.
Manno venne prima percepito come un fallito e nel 2007, in seguito alla condanna a 4 anni per bancarotta fraudolenta, come un criminale. Dal punto di vista professionale è stata la sua morte, ma solo in Italia. In Cile si è reinventato e dall’estero – ovviamente tramite un video pubblicato in rete – grida vendetta.
Ma cos’è che chiede esattamente Manno? Un accordo extra giudiziario con la banca per rifarsi la faccia ma anche per continuare a fare quello che sa fare meglio. “Spenderò ogni euro di questo risarcimento per portare in Puglia Exosphere” – la sua fucina di startup – creando nella sua amata regione una community imprenditoriale in stile Silicon Valley.
(DaC)