NEW YORK (WSI) – Chiusura in rosso per Wall Street in reazione ai dati sull’inflazione Usa, cresciuti per la prima volta dallo scorso ottobre e in linea alle stime.
Nel finale, il Dow Jones segna un aumento dello 0,57% a 1.812 punti, lo S&P 500 fa +0,59% a 2.092 punti mentre il Nasdaq perde lo 0,36% a 4.996 punti.
I prezzi al consumo sono rimbalzati in febbraio, con i prezzi della benzina che sono cresciuti per la prima volta da giugno. L’indice PCI è salito dello 0,2% dopo il calo dello 0,7% di gennaio. L’inflazione ‘core’, che esclude dai calcoli le componenti più volatili, è cresciuta di ben l’1,7%.
Interrotta fase di cali durata tre mesi. Su base annuale, tuttavia, l’inflazione è rimasta invariata. I dati potrebbero fare cambiare idea alla Federal Reserve, che per il momento non sembra intenzionata ad alzare i tassi di interesse prima di giugno.
Ora che l’inflazione sottostante è tornata a crescere, una stretta monetaria, che ha l’obiettivo di tenere al guinzaglio le spinte al rialzo inflative, potrebbe però rendersi necessaria prima di quella data.
I principali indici della Borsa si sono issati a solo un punto percentuale di distanza dai massimi di sempre raggiunti il 2 marzo dopo che il mercato si è convinto, complice anche l’ultima riunione della Fed, che la banca centrale non avrà fretta di imporre una stretta monetaria.
Gli economisti interpellati da Bloomberg prevedono in media che la maggiore economia al mondo abbia rgistrato una crescita del Pil del 2,2% nel primo trimestre dell’anno e che nei successivi tre mesi l’economia acceleri del +3%.
Sempre dal fronte macro, a febbraio sono balzate inaspettatamente le vendite delle nuove case salite ai massimi di sette anni. Il numero di abitazioni in vendita è sceso sui minimi del giugno 2013. Il mix di domanda in crescita e scorte in calo potrebbe portare a maggiori costruzioni di case, cosa che si tradurrebbe in più posti di lavoro e un’accelerazione dell’economia.
Il buon dato va ad aggiungersi al Pmi manifatturiero flash, salito a marzo più delle stime: calcolato da Markit, l’indicatore suggerisce che l’attivita’ economica stia chiudendo il primo trimestre con una velocita’ maggiore a quanto visto a gennaio e febbraio.
Sul valutario l’euro supera quota $1,10 prima di indebolirsi sulla scia dei dati sull’inflazione. Il cambio euro/dollaro fa +0,24% a $1,0972 dopo aver toccato punte al rialzo a $1,1015. Il rapporto di cambio fra dollaro e yen fa -0,18% a JPY 119,15. Euro/franco svizzero -0,85% a CHF 1,0487. Euro/yen +0,21% a JPY 131,33; euro/sterlina +0,55% a 0,7361.
Tra le materie prime, i future sul petrolio per la terza seduta di fila ha chiuso in rialzo ma i guadagni odierni sono stati limitati dal dollaro che e’ tornato a rafforzarsi. Il contratto a maggio – il piu’ scambiato – ha aggiunto 6 centesimi, lo 0,1%, a quota 47,51 dollari al barile al New York Mercantile Exchange. All’inizio della seduta era arrivato a quota 48,56 dollari; Brent -0,02% a $55,91. Oro piatto +0,26% a $1.192,60. Argento +0,17% a $17,01.
Treasury hanno ridotto i loro guadagni dopo la pubblicazione dell’indice dei prezzi al consumo. Il decennale vede rendimenti, che si muovono inversamente ai prezzi, in calo all’1,915% dall’1,916% di ieri e dall’1,901% precedente alla pubblicazione del dato. Il titolo a tre mesi viaggia allo 0,0228%
(DaC- Mt)