NEW YORK (WSI) – L’intesa per congelare i programmi nucleari dell’Iran rischia di saltare. Quando manca un giorno alla scadenza del termine per un accordo, alcuni funzionari iraniani hanno messo in dubbio il successo delle trattative.
L’Iran ha fatto improvvisamente marcia indietro, rimettendo in discussione uno degli elementi critici dell’accordo: la disponibilità di Teheran al trasferimento in Russia del proprio combustibile nucleare.
“L’esportazione di scorte di uranio arricchito non è nel nostro programma e non intendiamo inviarle all’estero”, ha dichiarato ai media iraniani Abbas Araghchi. A dimostrazione dell’intensificarsi della tensione nei negoziati, il segretario di Stato americano John Kerry si è visto costretto a cancellare il suo rientro negli Stati Uniti, proprio per restare a Losanna a trattare. Sono restati anche i ministri degli Esteri iraniano, tedesco, francese e l’alto rappresentante Ue, l’italiana Federica Mogherini.
Se l’Iran dovesse mantenere il carburante, riporta il New York Times, molto probabilmente Arabia Saudita, paesi sunniti e Israele – tra i paesi contrari all’accordo al Congresso Usa – intensificherebbero l’ostruzione politica.
Se si dovesse giungere a un accordo che consente a Teheran di mantenere il carburante, scrive il quotidiano statunitense, “l’amministrazione Obama potrebbe sostenere che questo non sarebbe un rischio, particolarmente se potrà essere ispezionato”.
Tra gli sviluppi geopolitici che nell’ultimo periodo si sono spostati in favore dell’Iran, c’è la guerra in Yemen, che vede le forze militari della coalizione del Golfo unite insieme a Usa e Regno Unito contro i ribelli sciiti Huti appoggiati dall’Iran.
Ora che il conflitto è entrato nel vivo, Teheran ha più ampio margine di manovra e una maggiore forza negoziale nelle trattative sul nucleare, dal momento che lo Yemen ha una grande importanza per sauditi e statunitensi, mentre per l’Iran non conta un gran che.
Lo Yemen produce appena lo 0,2% del petrolio commercializzato su scala mondiale, ma si trova in una posizione strategica. Il golfo di Aden, nella parte meridionale del paese, è infatti una via d’acqua fondamentale per il passaggio del petrolio del Golfo Persico.
Non va sottovalutato poi il ruolo dell’Iran in Iraq, dove la Repubblica Islamica è un alleato insolito ma molto prezioso degli Stati Uniti e dell’Occidente più in generale nella lotta contro le milizie estremiste dell’ISIS in Iraq.
Se si troverà invece l’intesa e si metterà una firma nel congelamento dei lavori di arricchimnto dell’uranio iraniano il petrolio potrebbe scendere anche a $20 al barile. Sarebbe l’effetto di un mercato energetico inondato dai barili prodotti da Teheran, che senza più sanzioni economiche avrebbe le capacità di farlo.
L’Iran detiene il 9% delle riserve petrolifere mondiali e un accordo aprirebbe le porte dei suoi terreni agli investimenti stranieri, un evento che avrebbe la potenzialità di diventare una svolta per l’industria del greggio.
Fonte principale: New York Times
(DaC)