ROMA (WSI) – Entro quest’autunno, 10 milioni di italiani riceveranno informazioni cruciali che determineranno la loro vita – e il loro portafoglio -. Stando a quanto riporta Il Messaggero, l’Inps ” farà sapere loro quando potranno andare in pensione e soprattutto quanto prevedibilmente percepiranno una volta lasciata l’attività lavorativa. Più volte annunciata e rimandata, l’operazione “busta arancione” è ormai pronta a partire, fortemente voluta dal neopresidente Boeri”.
Dalla sperimentazione si arriverà insomma alla realtà. L’Inps ha infatti lanciato la sperimentazione, battezzandola “Simula”, per calcolare la pensione futura. Per il progetto sono stati presi in considerazione 10.000 lavoratori che avevano già fatto uso del Pin personale per accedere ai servizi online del sito dell’Inps. I requisiti di tali individui: contributi versati interamente all’istituto di previdenza (non spezzettati quindi anche in altri enti), una situazione definita e vicini alla pensione.
Il Messaggero, nell’articolo firmato da Luca Cifoni, scrive: “Più volte annunciata e rimandata, l’operazione “busta arancione” è ormai pronta a partire, fortemente voluta dal neopresidente Boeri. Era stato lo stesso Boeri a preannunciare il suo orientamento nella lettera inviata ai dipendenti in occasione dell’insediamento, parlando di un «salvadanaio di vetro» da consegnare ai cittadini. Sono state quindi superate le perplessità che finora avevano bloccato l’iniziativa, ovvero essenzialmente il timore di far conoscere importi futuri di pensione troppo bassi in particolare per i lavoratori più giovani. Stavolta insomma si fa sul serio”.
“E rispetto ai progetti di qualche mese fa, c’è un parziale ritorno alle origini: se la maggior parte dei lavoratori interessati avrà accesso ai dati che li riguardano attraverso il codice Pin dell’istituto, una quota di 2,8 milioni di persone riceverà invece a domicilio una vera e propria busta cartacea, anche se magari non di colore arancione (come avviene in Svezia). Si tratta di coloro che sono sprovvisti del codice di accesso e verosimilmente non hanno la possibilità di utilizzarlo”.
Il giornalista Luca Cifoni spiega che il lavoro dell’Inps si baserà sulle due sperimentazioni che sono state concluse a fine 2014 e nel 2015, quando i lavoratori sono stati divisi in fasce d’età.
Nella versione definitiva di settembre l’operazione si riferirà agli iscritti con almeno cinque anni di contributi, partendo dai dipendenti e passando per parasubordinati e autonomi: i dati forniranno la data di pensionamento e l’importo a parità di contributi versati. Il Messaggero segnala una simulazione di Progetica:
“Un dipendente che ha iniziato l’attività a 25 anni e ha avuto una crescita del reddito dell’1,5 per cento l’anno, “buchi” contributivi di un anno ogni 10, con un’ultima retribuzione netta pari a 2.000 euro in termini reali (stabile), dopo 40 anni di contributi raggiungerà il traguardo della pensione tra i 68 anni e 3 mesi e i 70 e 11 mesi di età. Avrà allora un importo di pensione di 1.243 euro, pari al 62 per cento dello stipendio in caso di scenario economico stagnante e di 1.451 (73 per cento) se invece il ciclo economico si rimetterà in moto, ad unritmo dell’1 per cento l’anno.
Coerentemente con la logica del sistema contributivo il tasso di sostituzione (ossia appunto il rapporto tra ultima retribuzione e prima rata di pensione) sarà maggiore con più anni di contributi e invece minore se la carriera lavorativa è stata più breve”.