LOSANNA (WSI) – La scadenza è fissata per la mezzanotte di oggi, ora entro la quale i ministri degli Esteri riuniti a Losanna dovranno trovare un accordo sul programma nucleare iraniano.
I negoziati sono complessi e la deadline potrebbe anche non venire rispettata. L’Iran, che non vuole trasportare l’uranio in Russia ma è pronto a congelare il suo programma di arricchimento per qualche anno, saprà se le forze occidentali avranno accettato le sue condizioni.
Da parte sua l’Occidente vuole che l’accordo sia reversibile, ovvero che se l’Iran dovesse violare gli accordi le sanzioni verrebbero reistaurate immediatamente.
Comunque vadano le trattative, stanno già cambiando le dinamiche nel focolaio mediorientale. L’accordo prevede l’annullamento di gran parte delle sanzioni economiche imposte contro Teheran in cambio della garanzia di fare rientare il rischio che l’Iran entri in possesso dell’arma nucleare.
Ma molti analisti e diplomatici del mondo arabo contatti dal New York Times temono che la sicurezza contro il nucleare iraniano comporti rischi molto alti. I conflitti in corso nel Medioriente, dallo Yemen all’Iraq, potrebbero infatti intensificarsi e uscire dal controllo del regno saudita.
L’Arabia Saudita e i suoi alleati sunniti sono pertanto contrari a un’intesa in questo senso, perché temono l’avanzata dell’Iran, che esercita una grande influenza in Siria, tramite Hezbollah, in Yemen, al fianco dei ribelli sciiti Huti, e in Bahrein, dove i rivoltosi sono in lotta contro la monarchia sunnita.
A meno che l’Iran non decida di ritirarsi dai cambi di battaglia, le violenze settarie nella regione mediorientale “rischiano di aumentare le tensioni geopolitiche in tutta la regione”, secondo Nabil Fahmy, un navigato diplomatico ed ex ministro degli Esteri egiziano.
In Yemen, l’intervento delle forze arabe nella forma di una coalizione del golfo, che vede impegnati paesi dall’ovest dell’Africa all’est del Mediorente, andando dal Marocco agli Emirati Arabi Uniti, ha ucciso decine e decine di civili. I bombardamenti aerei hanno l’obiettivo di colpire i ribelli sciiti Huti, che secondo i sauditi stanno contando sull’aiuto prezioso dell’Iran.
I movimenti dei rivoltosi non sono lontani dal conquistare le quattro città maggiori del paese, compreso il porto meridionale di Aden, situato nel Golfo attraverso le cui vie d’acqua circola l’11% circa dei barili di petrolio mondiali diretti al Canale di Suez o a impianti di raffinazione della regione.
Secondo i diplomatici occidentali il Repubblica Islamica ha fornito denaro e altri aiuti ma non controllo il movimento di ribelli. L’Iran ha clienti nei governi di capitali arabe come Damasco, Baghdad e Beirut.
Anche se l’accordo a Losanna finirà per limitare le ambizioni nucleari iraniane, i sauditi e i loro alleati temono che il patto non fermerà l’Iran dall’esercitare la sua influenza nei gruppi convenzionali e meno della regione.
La paura dei sauditi è che la tensione crescerà e che però al contempo anziché salire di prezzo il greggio scenderà. Secondo alcuni analisti, ritrovata la leva finanziaria ed economica con l’annullamento delle sanzioni occidentali, l’Iran finirebbe per inondare il mercato di barili di petrolio, provocando un abbassamento dei prezzi fino a 20 dollari al barile. I ricavi provenienti dal petrolio, poi, chiaramente non farebbero che favorire la potenza militare iraniana.
“Gli americani se ne lavano le mani, come a dire: ‘è il vostro problema settario, dovete cavarvela da soli”, osserva Khashoggi al giornale newyorchese. “I sauditi hanno dunque deciso di portare avanti da soli l’operazione in Yemen”.
Il tutto mentre le infrastrutture saudite di petrolio sono a rischio ora che i conflitti si stanno diffondendo a macchia d’olio nel Medioriente. La guerra in Yemen complica ulteriormente le cose, trincerando ancora di più al-Qaeda nella nazione e minacciando di alimentare episodi di violenza settaria all’interno della stessa Arabia Saudita.
Fonte: New York Times
(DaC)