NEW YORK (WSI) – Di fronte alle incertezza sul futuro delle pensioni pubbliche, gli italiani corrono ai ripari. Lo testimonia l’andamento della previdenza integrativa che, nel corso del 2014, a dispetto della recessione, ha visto un significativo incremento delle polizze integrative, in aumento dell’8,5%.
Lo riporta un articolo pubblicato su Internazionale, citandoi dati evidenziati dal Rapporto sullo stato sociale 2015, curato dall’economista Felice Roberto Pizzuti e presentato ieri a Roma. A trainare la previdenza integrativa sono soprattutto le assicurazioni private cresciute a due cifre del 21,2%.
Nel complesso, i lavoratori italiani iscritti a qualche fondo pensione o ad assicurazioni individuali sono il 27,7 per cento del totale, sotto il target del 40% previsto dalla riforma ma comunque in forte aumento, si legge nell’articolo, in cui viene ricordato che In Italia ci sono tre tipi di fondi pensioni: quelli negoziali, gestititi da un fondo di categoria, previsto dai contratti nazionali e cogestito da imprese e sindacati; i fondi aperti”, creati da banche, assicurazioni e altre entità finanziarie e, infine, le polizze assicurative con finalità previdenziali (“Pip”), ad adesione individuale.
Il balzo in avanti segnato lo scorso anno dalla previdenza integrativa – continua l’articolo – “non ha interessato i fondi negoziali, mentre c’è stato un forte aumento della previdenza privata-privata: in numero di iscritti, i fondi collettivi hanno perso lo 0,3 per cento, quelli aperti hanno guadagnato il 7 per cento, le assicurazioni individuali il 15 per cento. Lo scorso anno le nuove polizze sono state 320mila”.
Complessivamente la previdenza complementare ha un patrimonio di 130 miliardi di euro con un flusso annuale di 12 miliardi.
Altro dato particolarmente significativo che balza all’occhio è che i risparmi degli italiani vanno quasi tutti all’estero. Analizzando “i fondi negoziali: viene fuori che solo l’1 per cento del loro patrimonio (e il 4 per cento dei flussi complessivi investiti in azioni) va a capitale azionario italiano”.
La situazione non cambia quando si passa ad analizzare i titoli pubblici nazionali: “l’investimento in titoli di debito dello stato italiano è, per i fondi negoziali, di appena il 29 per cento. Fanno un po’ meglio i fondi aperti, che investono quasi la metà del loro portafoglio titoli in Italia, e, quanto alle azioni, l’8,4 per cento”.
Fonte: Fonte: Internazionale