LONDRA (WSI) – L’idea che la deflazione sarebbe stata una condizione permanente non è più realistica ed è durata fin troppo a lungo. Tutti gli investitori che nonostante i tassi bassi o negativi hanno puntato sui Bund e i titoli di Stato americani, spinti dalle misure anti deflazione di Bce e Federal Reserve, ora la stanno pagando cara.
In un contesto di inflazione il mercato tende a essere ribassista, cioè vende, nei confronti del mercato obbligazionario. È invece rialzista, ovvero compra, quando l’inflazione è lontana all’orizzonte. Da qualche tempo una pioggia di vendite si è abbattuta sui bond governativi principali del mondo.
A dire il vero è da mesi che commentatori di mercato temevano un crash del genere. Ma nessuno poteva aspettarsi un capitombolo di tali proporzioni. I rendimenti sui decennali tedeschi hanno superato l’1% ieri, scatenando un brusco assestamento dei prezzi del credito in tutto il mondo. Al momento i Bund rendono poco meno dell’1% mentre il tasso Usa decennale fa segnare un 2,5%.
Negli ultimi tre mesi le perdite nel mercato dei Bond hanno raggiunto i 1.200 miliardi di dollari. I tassi hanno fatto un balzo di 175 punti base in Indonesia, 160 in Sudafrica, 150 in Turchia, 130 in Messico e 80 in Australia.
L’epicentro del terremoto è nell’area euro dove le scommesse sulla tempistica del “Quantitative Easing, volto a rilanciare la crescita e combattere la deflazione, sono andate molto male.
I tassi sui Bund hanno toccato l’1,05% ieri in una seduta altamente volatile. Sono in progresso di 100 punti base da marzo. I rendimenti sui titoli di Spagna, Italia e Francia sono andati anch’essi nella stessa direzione.
In Usa va se possibile ancora peggio. In maggio Pimco ha ridotto l’ammontare di debito Usa in portafoglio all’8,5% del totale. Un mese prima rappresentava il 23,4%. Un cambiamento di strategia così drastico è molto raro.
Il rendimento sui titoli americani decennali ha fatto un balzo di 48 punti base al 2,47% in otto sedute. “È una capitolazione e per molti sono dolori”, dice Marc Ostwald di ADM.
Gli aggregati monetari, ovvero la presenza di moneta nel sistema economico, stanno aumentando a passo spedito da inizio anno in Europa e negli Stati Uniti, sistemando una bella trappola per i fondi hedge e tutti quegli speculatori che stanno cercando di bere le ultime gocce di guadagno comprando bond nonostante i tassi negativi. Una strategia di investimento che si sta rivelando follemente sbagliata.
“Seguiamo troppo i dogmi” ha confessato a RBS un trader del mercato del reddito fisso, che deve avere letto erroneamente le prospettive di rientro dalle misure ultra accomodanti delle banche centrali.
Negli ultimi sei mesi gli aggregati monetari M1 sono saliti del 16,2% su base annuale, una percentuale che non si vedeva dal 2008. La massa di moneta M3 sta aumentando al ritmo dell’8,4%, sempre rispetto all’anno prima. Non serve essere un esperto di materie monetarie per capire che siamo di fronte a un fenomeno anomalo.
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Gli economisti dovranno spiegare com’è possibile che il mercato da 2 mila miliardi dei bond dell’area euro – un terzo del mercato mondiale – stesse scambiando per lo più a tassi negativi nella primavere del 2015, quando ormai la deflazione apparteneva al passato e l’inflazione iniziava ad avvicinarsi all’orizzonte.
“Gli investitori pensavano che ci sarebbe stato sempre qualcun altro protno a comprare fino all’ultimo, anche a un prezzo più alto. Ora sta ritornando il buon senso”, dice al Telegraph Gabriel Stein di Oxford Economics.
Da entrambi i lati dell’Atlantico le autorità monetarie e i banchieri centrali, che dovrebbero avere un sesto sensto per l’inflazione – la loro nemesi – e le masse monetarie, hanno clamorosamente sbagliato previsioni.
Secondo le stime di Jefferies, entro il quarto trimestre ci dobbiamo aspettare un tasso dei prezzi al consumo del 3%. Il rialzo delle quotazioni del petrolio giocherà un ruolo importante e nel giro di sei mesi il contesto economico sara molto diverso da quello attuale.
Fonte: The Telegraph
(DaC)