ROMA (WSI) – Se ne parla da mesi, ogni giorno, tanto che è nata una parola ad hoc per spiegare l’evento che tutti temono di più, in Europa: Grexit. Ovvero, uscita della Grecia dall’euro. Ma come se si avverasse, come si concretizerrebbe un tale scenario?
Alberto Nardelli e Silvia Merler, del Guardian, hanno scritto un articolo che illustra il probabile outlook non solo per la Grecia, ma per tutti i creditori coinvolti. Il giorno X è stato fissato al prossimo 30 giugno: sarà allora, infatti, che scadrà la tranche di debito verso l’Fmi da .
Un mancato accordo prima della scadenza del 30 giugno, tuttavia, non si tradurrà in una uscita automatica del paese dall’Eurozona. “Se la Grecia farà default nei confronti dell’Fmi e successivamente lascerà anche l’Unione monetaria, il calcolo delle perdite precise che i creditori subirebbero non sarà un compito semplice”.
Ogni calcolo dovrà infatti considerare non solo la dimensione del debito greco (che si aggira sui 320 miliardi di euro, il 175% del suo Pil, ma anche valutare il possibile contagio – come il panico di mercato che si diffonderebbe ad altri paesi – e l’ammontare che la Grecia decide di non pagare.
A tal proposito, nel caso specifico dell’Italia, vale la pena capire quanto il paese sia esposto verso la Grecia.
Dalla tabella di Barclays Research si evince che il paese rischia di perdere 61,5 miliardi di euro, per un valore pari al 3,8% del Pil. (vedi colonna del totale).
Si può vedere come l’Italia sia il terzo paese maggiormente esposto verso la Grecia, dopo la Francia e la Germania, su base nominale. Tuttavia, considerando l’esposizione in termini percentiali sul Pil, l’Italia, così come anche la Spagna, la Slovenia e Malta, soffrirebbero di più, a causa della fragilità delle loro economie. “In Spagna e Italia, l’insoddisfazione politica è elevata così come chiaramente dimostrato dalle recenti elezioni amministrative in entrambi i paesi”.
Tornando al caso dell’Italia, l’esposizione in termini percentuali del prodotto interno lordo è appunto del 3,8%, a fronte di quella della Francia, che è del 3,3%, e della Germania, che è del 3,2%. Quella dell’Estonia è del 4%, di Malta del 5%, della Spagna del 4%, della Slovenia del 3,9%.
Tornando al quadro generale, i principali tre creditori – Ue, Bce e Fmi – detengono (dati relativi alla fine del 2014) più del 75% del debito totale della Grecia, la maggior parte del quale è nelle mani dei governi dell’Eurozona. Dunque “questi paesi sono direttamente esposti al rischio di default della Grecia, sia attraverso accordi bilaterali, che attraverso i finanziamenti che hanno versato al fondo EFSF (Fondo europeo di stabilità finanziaria) che, a sua volta, ha erogato prestiti alla Grecia”.
L’esposizione che deriva dalla somma tra i prestiti bilaterali alla Grecia e la liquidità finita nelle case dell’EFSF ammonta, da sola, a 195 miliardi di euro, o al 61,5% del debito greco.
Ma i paesi dell’Eurozona sono esposti indirettamente anche attraverso gli interventi sul mercato dei debiti sovrani, come quelli del programma SMP (Securities Markets Programme) della Bce, che Atene dovrebbe onorare ancora, per un valore di 28 miliardi di euro.
Per non parlare poi dell’esposizione potenziale verso le banche greche, che hanno preso in prestito più di 80 miliardi di euro attraverso il programma ELA (Emergency Liquidity Assistance), adottato per contrastare la fuga di capitali. Non è chiaro a tal punto quali sarebbero le perdite individuali degli stati nel caso in cui la Grecia facesse default.
In ogni caso, stando alla tabella compilata da Barclays, l’esposizione totale verso il debito greco sarebbe corrisponde al 3,3% del Pil dell’Eurozona.
Ma non sono solo gli stati a essere esposti verso la Grecia. Anche le banche europee soffrirebbero infatti, e non poco, nel caso di default della Grecia. Certo, dopo i guai del paese ellenico e il piano di bailout del 2010, le banche stranieri hanno iniziato a ridurre velocemente la loro esposizione.
L’esposizione complessiva degli istituti di credito dell’Eurozona ha raggiunto di fatto il picco nel 2008 a 128 miliardi di euro nel 2008, per poi crollare a 12 miliardi nel settembre del 2013; quella delle banche del Regno Unito, che nel marzo del 2008 era di 13 miliardi di euro, è scesa a 4,3 miliardi entro il mese di dicembre del 2012; quella delle banche Usa, pari a 14 miliardi nel settembre del 2009, è scesa a 2,5 miliardi alla fine del 2012.
Tuttavia, i dati della Banca dei Regolamenti Internazionali rivelano che l’esposizione potenziale delle banche americane e britanniche è tornata a salire. Stando ai dati che si riferiscono alla situazione a dicembre del 2014, l’esposizione delle banche Usa è di 10,2 miliardi di euro, mentre quella UK di 9,7 miliardi di euro.
Le stesse banche dell’Eurozona sono tornate ad aumentare la loro esposizione verso il paese rispetto ai minimi del 2012. E, come si vede nel secondo grafico allegato, anche gli istituti italiani e olandesi, oltre quelli tedeschi, fanno parte delle banche che hanno in portafoglio obbligazioni elleniche. (Lna) [ARTICLEIMAGE]
Fonte: The Guardian: The Greek debt: what creditors may stand to lose