ROMA (WSI) – Inquietante capire che, in alcuni casi, le manovre espansive di politica monetaria adottate dalle banche centrali, finiscano nel lungo termine per rendere i mercati… illiquidi. È lo scenario – non solo teorico – che si presenta quando gli istituti assorbono troppa liquidità e quando le operazioni di Quantitative Easing (QE) finiscono per fallire miseramente, in via ufficiale.
Si può chiamare paradosso del QE, non raro in realtà (qualcuno ricorderà la trappola della liquidità che ha caratterizzato il Giappone per tanti anni), che si sta riproponendo proprio in queste settimane, e in diversi mercati. Strano per esempio che nelle ultime settimane si sia parlato così tanto di crisi di liquidità, in mercati inondati per anni di iniezione di cash (vedi Fed e recente bazooka monetario lanciato dalla Bce).
Stando a un articolo di Bloomberg, il fenomeno non solo non è raro, ma è quanto mai attuale soprattutto in un paese: la Svezia. A dispetto di tutte le manovre adottate dalla Banca centrale svedese, la Riksbank, anzi, proprio a causa di queste manovre di acquisti di bond, nel paese scandinavo si sta assistendo a una continua erosione della liquidità, e a un balzo dei tassi sui bond.
Il quadro è spiegato da Roger Josefsson, responsabile economista presso Danske Bank a Stoccolma. “Le condizioni finanziarie – la valuta e i rendimenti dei bond – si stanno muovendo nella direzione sbagliata. La Riksbank desidera che i tassi scendano e che la corona si deprezzi, ma recentemente sta accadendo esattamente l’opposto. E questo dovrebbe rappresentare un problema.
Come dimostra il grafico allegato, i tassi dei bond decennali svedesi, che sono scesi fino allo 0,2% lo scorso aprile, sono balzati fino all’1,1% lo scorso martedì. I tassi a cinque anni oscillano allo 0,4%, dopo che venivano scambiati sotto lo zero appena due mesi fa. E’ vero che gli spread sui tassi rispetto a quelli dei bond tedeschi sono scesi, ma gli investitori possono guadagnare ancora 15 punti base in più preferendo i titoli governativi svedesi (che tra l’altro beneficiano di un rating di tripla A) a quelli della Germania.
E questo perchè, come spiega Danske Bank, “i tassi svedesi continuano a essere più alti rispetto a quelli tedeschi a causa dell’assenza di materiale nel mercato repo, risultato del programma QE di Riksbank”.
La banca centrale svedese si è imbarcata infatti in un’ambizioso piano di politica monetaria espansiva, avendo come obiettivo l’acquisto di debiti governativi per un valore di $10 miliardi circa; questo, al fine di sostenere i prezzi al consumo dopo quattro mesi di deflazione.
L’ammontare è pari al 14% del mercato e al 3% del Pil svedese. Inoltre, qualsiasi sforzo di espandere gli acquisti di bond cancellerebbe l’offerta di debito sovrano della Svezia ormai già limitata, come ha fatto notare Danske Bank. Oltre al danno, la beffa: ora che il ciclo virtuoso del QE si è spezzato, il rendimento extra sta rendendo anche più appetibile la corona (che la Banca centrale vuole indebolire). Da quando la Riskbank ha avviato il piano di acquisti di bond a metà febbraio, la valuta svedese si è infatti apprezzata più del 4% nei confronti dell’euro, è in crescita del 5% rispetto alla corona norvegese e del 3% verso il dollaro”.
Sarà abbastanza difficile per l’istituto riuscire a prevenire la disinflazione, in un contesto in cui i prezzi alle importazioni stanno già scendendo. Dunque, mercati meno liquidi, rischio di deflazione e moneta che si apprezza, oltre al rialzo dei tassi: il contrario di quanto un programma di QE dovrebbe garantire.
Eppure, diversi saggi sono stati scritti e diversi avvertimenti lanciati proprio sugli effetti collaterali dei programmi di quantitative easing. Come non ricordare l’analisi allarmante di Deutsche Bank? LEGGI QUI
Nel febbraio di quest’anno Alexander Duering, strategist della divisione di reddito fisso di Deutsche Bank, ha parlato degli effetti collaterali del QE, il programma lanciato dalla Bce di Mario Draghi, arrivando alla conclusione che il bazooka monetario della banca centrale, del valore di 1,1 trilioni di euro, come riporta l’articolo di Bloomberg, “danneggerà la liquidità, distorcerà i segnali dei mercati e aumenterà il rischio di oscillazioni dei prezzi”. Portando dunque volatilità.
Alla base della tesi di Duering c’è la scoperta del fatto che solo il 38% circa dei bond caratterizzati da rating elevati possono essere liberamente oggetto di trading, mentre il resto è nelle mani di investitori insensibili ai movimenti dei prezzi. Lo strategist aveva già avvertito Draghi, nel corso di una presentazione presso il quartiere generale della Bce a Francoforte, mesi prima dell’annuncio del QE, avvenuto a gennaio (il programma è stato poi ufficialmente lanciato il 19 marzo).
“Gli acquisti di bond sovrani sono estremamente pericolosi e potenzialmente non efficaci – ha detto lo strategist, aggiungendo che la liquidità, intesa come facilità a scambiare un asset senza provocare conseguenze eccessive sui suoi prezzi, scenderà, semplicemente perchè ci sarà qualcuno che bloccherà diverse quantità di bond e non farà trading in modo attivo”.
Più la Bce acquisterà debiti sovrani, insomma, più il trading sarà in qualche modo congelato, dal momento che si ridurrà l’offerta di asset sul mercato. E tale situazione non farà altro che rendere più illiquidi i mercati. (Lna)